Giornalisti in Italia i più bersagliati d’Europa, e il governo inasprisce

Giuseppe Santalucia dell'ANM e scontro tra politica e magistratura Giornalisti in Italia

In Europa, aumentano le querele-bavaglio contro i giornalisti, mentre in Italia si prendono provvedimenti per ampliare i divieti della stampa.
Le associazioni allertano: “Quando chi detiene il potere può scegliere di intimidire le voci scomode e mettere a tacere l’informazione attraverso minacce legali continue, la democrazia è in pericolo”.

I giornalisti in Italia sono quelli più a rischio di subire azioni legali temerarie – le cosiddette SLAPP (Strategic Lawsuits Against Public Participation) – in Europa.
Questo il dato allarmante che già pubblicato da uno studio del Parlamento UE del 2022-23. E che trova conferma anche nel 2024 nel report della Coalition Against SLAPPs in Europe (CASE), redatto congiuntamente a Amnesty, OBCT e The Good Lobby.

Di fronte a questo dato, CASE Italia ha pubblicato un appello al Paese perché prenda provvedimenti urgenti.

Spesso a ricorrere a queste abusi legali sono politici e figure pubbliche di altissimo livello e imprese multinazionali. Quando chi detiene il potere può scegliere di intimidire  le voci scomode e mettere a tacere l’informazione attraverso minacce legali continue, la democrazia è in pericolo. Gli abusi contro giornalisti, attivisti e whistleblowerinteressano ognuno di noi perché ci privano della possibilità di partecipare al dibattito pubblico. Non possiamo permetterci giornalisti che si auto censurano, non possiamo accettare ritorsioni contro chi segnala illeciti gravissimi sul lavoro, contro chi si mobilita per segnalare ingiustizie

Questo avviene negli stessi giorni in cui il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti (CNOG) denuncia “la progressiva e sistematica azione di riduzione degli spazi di controllo della stampa sull’operato dei pubblici poteri“.
In particolare, dopo la nuova iniziativa di governo volta ad ampliare il divieto, per la stampa, di pubblicare gli atti depositati relativi a ordinanze di misure cautelari.

Giornalisti in Italia: “Si continua a imbavagliare l’informazione”

Dopo circa un anno dalla sua proposta, che già aveva scosso il mondo del giornalismo italiano, Il Consiglio dei ministri ha approvato definitivamente l’emendamento Costa, comunemente noto come “legge bavaglio“.

A poco è valsa la denuncia del CNOG sull’erosione della libertà di stampa, e non è stato colto l’invito a “non proseguire nella strada della compressione di un diritto di estremo rilievo per gli equilibri democratici del Paese.
Un ennesimo attacco alla libertà di stampa in Italia, come dichiara all’associazione Articolo.21 il giornalista, regista televisivo e saggista Loris Mazzetti.

In Italia si continua a imbavagliare l’informazione dando il via libera, in consiglio dei ministri, al decreto Nordio o legge bavaglio, approvato un anno fa dal Parlamento, che vieta ai cronisti di citare le ordinanze.

E’ stata completata la stretta alla cronaca giudiziaria: divieto di riportare brani testuali, intercettazioni, valutazioni, ecc.
Un esempio: con questa legge in vigore, i cittadini non sarebbero stati informati sul caso Toti, il presidente della Regione Liguria che alla fine ha patteggiato una condanna di due anni per corruzione

Non è più permesso ai giornalisti pubblicare letteralmente (per intero o per stralcio) le “ordinanze che applicano misure cautelari personali“, fino al momento in cui “non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare“.

L’unica modalità attraverso cui un giornalista potrà informare il pubblico su fatti e vicende giudiziarie di interesse pubblico sarà riportando i “contenuti“, cioè il riassunto dei provvedimenti cautelari personali, con assoluto divieto di riportare i virgolettati.

Per quanto riguarda il tema sollevato del diritto e del dovere di informazione dei cittadini, secondo la Cassazione e la Corte Costituzionale questo è “recessivo” rispetto al “proficuo svolgimento delle indagini preliminari“.

Le ricadute sulla stampa, però, sono preoccupanti.



Con il divieto di riportare i virgolettati, i giornalisti sono costretti a fornire una prosa” personalizzata degli atti giudiziari. Con il rischio di esporre parzialità o politicizzazioni che potrebbero persino risultare fuorvianti per gli stessi giudici.
Di conseguenza, come spiega il professor Giulio Vasaturo – docente di Antropologia presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università La Sapienza di Roma – ad Articolo.21, per il giornalista si accentua il rischio di incorrere in minacce di azioni legale e querele-bavaglio.

Privato dello “scudo” del “virgolettato giudiziario”, il cronista sarà facile bersaglio di quanti vorranno sfogare su di lui, attraverso la clava delle SLAPP, i risentimenti derivanti dalle accuse “infamanti” del pubblico ministero.

Se, fino a ieri, la fedele riproduzione dei brani dell’ordinanza cautelare rendeva il giornalista, in qualche modo, immune da ogni plausibile recriminazione per l’ipotesi accusatoria di cui si faceva, doverosamente e semplicemente, latore; non mancherà, da domani, chi vorrà contestare ai media l’utilizzo “creativo” di termini e glosse che, affrancate dagli stilemi propri degli inquirenti, saranno (strumentalmente) tacciate di essere di per sé lesive della reputazione altrui

Tutto ciò potrebbe risultare in un definitivo “chilling effect“, ossia la scelta dei media di tutelarsi limitando la cronaca giudiziaria. E limitando dunque, ai cittadini, il diritto di essere informati sulle vicende giudiziarie. Specialmente quelle che riguardano colletti bianchi.

L’Italia che detiene il record il SLAPP stringe la morsa sulla stampa

L’emendamento Costa arriva in un momento in cui la libertà di stampa in Italia è già fortemente in difficoltà.
Secondo l’ultimo report dell’associazione CASE, infatti, siamo i primi in Europa per numero di SLAPP. Ossia, sono sempre più numerosi i politici, le figure pubbliche di altissimo livello e le imprese multinazionali che ricorrono ad abusi legali contro la stampa.

Per questo, CASE ha pubblicato un appello in cui chiede all’Italia di agire su diversi fronti.
Innanzitutto, è necessario che venga riformata la legge sulla diffamazione, che è alla base di quasi tutte le querele temerarie.

Nel nostro Paese, è ancora prevista la possibilità di andare in carcere per il reato di diffamazione, nonostante questo sia stato dichiarato incostituzionale.
Per adeguarsi agli standard internazionali, dunque, l’Italia deve provvedere a depenalizzare la diffamazione, ricorrendo a metodi più efficaci ed equilibrati per proteggere la reputazione degli individui, come il risarcimento danni. Oltre a ciò, devono essere introdotte garanzie procedurali in linea con la Direttiva UE anti-SLAPP, che ostacolino i tentativi di abusare della legge per silenziare voci scomode.

Tale Direttiva, approvata nel marzo 2024, non è stata ancora recepita e applicata dall’Italia. Alla quale è richiesto, inoltre, di seguire le raccomandazioni del Consiglio d’Europa per rafforzare la direttiva a livello nazionale, tramite strategie complete ed efficaci.

Infine, il governo italiano e le istituzioni sono chiamati a lavorare a iniziative di formazione, sensibilizzazione e istituzione di un supporto finanziario e legale per gli imputati.

Nel frattempo, CASE ha pubblicato un manuale contro le querele temerarie: la “Guida CASE –  Come prevenire le SLAPP o farsi aiutare quando è troppo tardi” (tradotta in italiano da OBCT, Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa).

La guida, dedicata soprattutto a giornaliste e giornalisti, attiviste e attivisti e whistleblowers che hanno difficile accesso a un supporto legale, spiega come evitare di essere oggetto di querele, e come muoversi di fronte a una minaccia, o di fronte a una vera e propria azione legale.
Tuttavia, dal momento che ogni Paese europeo ha un sistema giuridico differente, la Guida può riferirsi solamente a standard comuni. Inoltre, come specificato dalla stessa, non può sostituire un’assistenza legale, che deve sempre essere la prima scelta.

Giulia Calvani

 

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