Giornalisti di Domani indagati: attacco allo Stato o alla stampa?

Giornalisti di Domani

Quindici persone sono attualmente indagate per una fuga di notizie riguardanti politici e vip. Tra queste, anche tre giornalisti del quotidiano Domani.
Si tratta di dossieraggio o giornalismo d’inchiesta?

Anche tre giornalisti di Domani risultano indagati nell’inchiesta sul presunto dossieraggio ai danni di politici e vip. In particolare, sono accusati di rivelazione di segreto e accesso abusivo a sistema informatico. In concorso con l’ufficiale Striano (a capo delle operazioni) e il magistrato Laudati, indagati per abuso d’ufficio, falso in atti pubblici e rivelazione di segreto.

Secondo Lega e Italia Viva, si tratta di un “attacco allo Stato e alla democrazia“.
Secondo giornalisti e organizzazioni per la stampa, si tratta di una vera e propria campagna contro il giornalismo investigativo.

Dunque, è un caso di dossieraggio ai danni dello Stato, o si tratta di un attacco verso la libertà di stampa?

Giornalisti di Domani indagati: di cosa sono accusati

Per comprendere i fatti degli ultimi giorni, bisogna tornare alla fine del 2022.
Guido Crosetto è appena stato nominato Ministro della Difesa, quando il quotidiano Domani, tra il 27 e il 29 ottobre di quell’anno, pubblica una serie di inchieste sui compensi milionari che l’industria degli armamenti – in particolare Leonardo e Elettronica Spa – ha versato tra il 2018 e il 2022 a Crosetto. Il quale, prima della nomina a Ministro, aveva lavorato come lobbista del settore. Un conflitto di interessi sul quale il Ministro non si è mai del tutto spiegato.

Crosetto annuncia quindi una denuncia contro il giornale per diffamazione (a quanto pare, mai pervenuta), e si rivolge alla Procura di Roma per indagare sulle fonti di tali inchieste.
Le indagini dei pm si concentrano sulla figura di Pasquale Striano, allora luogotenente della Guardia di Finanza e Capo dell’Unità Analisi Segnalazioni Operazioni Sospette (Sos) della Procura Nazionale Antimafia.

Da qui, l’indagine viene inviata alla Procura di Perugia, dov’è tutt’ora in corso.




Striano è accusato di aver effettuato, tra maggio 2018 e ottobre del 2022, circa 800 accessi abusivi alle banche dati tributarie, antiriciclaggio e dell’antimafia. Insieme a lui è indagato anche il  magistrato Antonio Laudati, allora dirigente dell’ufficio dove Striano operava come finanziere.
L’ipotesi della Procura è che, tra tutti gli accessi contestati, oltre 300 siano stati effettuati in combutta con tre giornalisti di Domani: il responsabile del team investigativo, Giovanni Tizian, l’inviato Nello Trocchia e il collaboratore Stefano Vergine.

Tuttavia, non ci sono tracce di passaggi di file tra l’ufficio e i giornalisti. I quali, a loro volta, dichiarano che non sia un Sos la fonte (che, nel rispetto del segreto professionale, rimane sconosciuta).

Per quanto riguarda le informazioni ricevute da Domani, sarebbero inclusi solamente atti giudiziari di alcuni politici (protagonisti di casi giudiziari o sospettati di vicinanza ad ambienti criminali), di esponenti di organizzazioni criminali, e informazioni relative ad alcuni degli appalti del periodo della pandemia di Covid-19.
Non sarebbero invece presenti dossier su personalità delle istituzioni o politici, come molti avevano denunciato, e come è stato poi smentito dalla stessa Procura.

Inoltre, come fanno notare i giornalisti di Domani, le inchieste non hanno mai ricevuto richiesta di rettifica, citazioni civili o denunce penali.
Al contrario, alcuni articoli hanno portato all’apertura di indagini da parte della magistratura su finanziamenti illeciti ai partiti e ruberie di fondi pubblici, sfociate in processi e condanne.

Al momento, quindi, risultano indagati: l’ufficiale Striano, il magistrato Laudati, i tre giornalisti Tizian, Trocchia e Vergine, e altre 11 persone che avrebbero sollecitato l’invio di file. Inoltre, risulta citato ma non indagato il direttore di Domani, Emiliano Fittipaldi, che difende il diritto del suo giornale all’informazione. Citato anche il giornalista Federico Marconi per un’inchiesta sulla speculazione edilizia che, secondo i pm, avrebbe portato ingiusti vantaggi a Laudati.

“Vietato disturbare il potere”: la risposta di Domani

Alla loro messa sotto inchiesta, i giornalisti Tizian, Trocchia, Vergine e Marconi hanno risposto con un articolo che ripercorre tutta la vicenda, dal titolo: “Vietato disturbare il potere. Indagati i cronisti di Domani

Vietato pubblicare notizie riservate sul ministro della Difesa Guido Crosetto, sui finanziamenti illeciti ai partiti, sul riciclaggio di mafiosi e lobbisti. Il rischio è passare non da giornalisti d’inchiesta, ma da avvelenatori di pozzi.
Un monito a Domani e a tutta la categoria dei giornalisti

Ciò che risulta dai primi passi dell’indagine, e dall’immediata reazione di parte dei media, è l’equiparazione di notizie a “dossier impacchettati per colpire, non per informare. Dossieraggio che, in ogni caso, la Procura ha escluso dalle accuse. Allo stesso modo, non esistono accuse dell’esistenza di una “centrale di spionaggio occulta con mire eversive“, e nemmeno di favori promessi dai giornalisti in cambio di documenti.
Il reato più grave contestato è l’abuso d’ufficio, che riguarda solamente Striano e Laudati.
L’unica accusa mossa ai giornalisti sarebbe quindi quella di “aver ottenuto documenti da una fonte giudiziaria privilegiata e di aver pubblicato notizie vere“.

Per questo, come denunciano i tre indagati, la questione sembra volersi concentrare sui rapporti tra fonti e giornalisti. In una strategia dicaccia alle fonti che proseguirebbe ormai da tempo.

I giornalisti del pool inchieste di Domani sarebbero quindi colpevoli, è la tesi dei pm, di aver pubblicato notizie. False? No. Vere, naturalmente, e che hanno dato parecchio fastidio ai governi di tutti i colori politici, incluso quello in carica, l’esecutivo di Giorgia Meloni.

Se mai si dovesse aprire un processo, alla fine delle indagini preliminari, la procura di Perugia si intesterà il più grande dibattimento mai realizzato contro i giornalisti. Cronisti, è importante sottolinearlo, indagati non per aver pagato notizie, ricattato qualcuno o avere effettuato scambi di favori poco chiari o diffuso dossier falsi stile metodo Boffo, l’ex direttore di Avvenire colpito dalla destra con notizie patacca sul suo passato. In questa inchiesta i giornalisti di Domani sono indagati solo per aver dato, appunto, notizie sul potere politico e criminale

Se dovesse aprirsi un processo, e se i giornalisti dovessero essere incriminati, potrebbero dover scontare fino a 5 anni di carcere.

Attacco allo Stato, o attacco alla libertà di stampa?

Mentre le indagini proseguono, la domanda che esperti e politici – tra cui il deputato di Azione, Enrico Costa – si fanno, è:

E’ ‘giornalismo d’inchiesta’ pubblicare notizie segrete conosciute solo perché qualche inquirente le ha scaricate abusivamente da banche dati riservate? E’ una ‘fonte’ da tutelare chi, posto a tutela della sicurezza dello Stato, diffonde notizie segrete?

Le risposte sul web si moltiplicano.
Da una parte, c’è chi condanna il presunto dossieraggio e, come la coordinatrice nazionale di Italia Viva, Raffaella Paita, parla di un “vulnus democratico gravissimo e preoccupante“.
Così anche la Lega che, in una nota, denuncia un “attacco allo Stato e alla democrazia.

L’inchiesta sugli spioni che setacciavano illegalmente i dati di centinaia di cittadini, soprattutto di centrodestra e in particolare politici e persone vicine alla Lega, rivela un quadro sconcertante. Siamo di fronte a un vero e proprio attacco alla Repubblica e alla democrazia che coinvolge magistratura, Guardia di Finanza e giornali di sinistra, col risultato che in più di una occasione le procure hanno aperto inchieste basandosi su presunti scoop nati da notizie costruite a tavolino sulla base di dati ottenuti illegalmente

Dall’altra parte, c’è chi prende le difese della redazione di Domani parlando di una libertà di stampa sempre più in difficoltà. Tra questi, il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli.

Desidero esprimere la mia più ferma solidarietà nei confronti dei giornalisti del quotidiano Domani Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine.

La libertà di stampa è un pilastro fondamentale della nostra democrazia. Quando i giornalisti vengono messi sotto accusa per il loro lavoro, si mina non solo la loro integrità professionale, ma si compromette anche il diritto fondamentale dei cittadini a essere informati in modo completo e accurato

A fianco della redazione, si schierano anche colleghi giornalisti, intellettuali e organizzazioni per la stampa. Per Vittorio di Trapani, Presidente della FNSI, si tratta di un “fatto senza precedenti” che, secondo la Rete No-Bavaglio, “rischia di trasformare i giornalisti d’inchiesta in presunti violatori di segreti“.

Ancora una volta si parla di chi denuncia e non delle notizie, dei fatti, che vengono denunciati. Un ribaltamento utile solo al potere politico. E anche chi indaga sa che tutto questo finirà nel nulla: la Cedu, la Corte europea per i diritti dell’uomo, ha già sentenziato più volte che le fonti dei giornalisti non si possono toccare, e che l’unico limite al lavoro dei giornalisti è l’interesse pubblico a sapere

L’inchiesta, nel frattempo, continua.
Il procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo, e quello di Perugia, Raffaele Cantonesi, si sono rivolti al Comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura, al presidente della Commissione parlamentare antimafia e a quello del Copasir richiedendo la valutazione di una loro eventuale audizione sulla vicenda.

Giulia Calvani

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