Primo quotidiano a parlare di mafia e a combatterla, il giornale L’Ora – storica rivista di Palermo – ha ospitato tra le sue pagine il pensiero libero di scrittori e giornalisti ed è stato la culla della cultura palermitana per tutto il 900.
“L’Ora quanti ne muriero”
“L’Ora, quanti ne morirono“. Il grido degli strilloni aveva il sapore acre della conta dei caduti a Palermo quando, a ogni uscita del quotidiano L’Ora, si scopriva quali e quante vittime avesse mietuto la mafia quel giorno. Il Giornale L’Ora ha dimostrato un cuore da giornale di battaglia, ma l’animo attento e sempre all’erta nell’intercettare le novità e le tendenze culturali che potessero al meglio esprimere la volontà di cambiamento che si respirava nella Palermo dell’epoca.
Giornale L’Ora: storia del primo giornale antimafia
Il quotidiano nasce a inizio 900, nel pieno della Belle Époque, per volontà della celebre famiglia industriale palermitana Florio, che decise di fondare una testata giornalistica per imporsi in un contesto imprenditoriale dominato dallo strapotere del nord. Controcorrente, vivace, insaziabile di notizie e smaniosa di Verità, la piccola redazione si fece strada fermamente ancorata ai suoi ideali, che la videro ergersi come punto di riferimento dell’opposizione durante il ventennio fascista. Purtroppo nonostante l’idealismo dovette per un breve periodo adeguarsi alle linee guida del Regime, divenendo organo della sezione fascista di Palermo, fino a che poté schierarsi definitivamente con la Repubblica nel 1946 e riconquistare la propria indipendenza.
Tra le firme della redazione si potevano già contare nomi illustri come Luigi Pirandello, Matilde Serao e Giovanni Verga, ma fu durante il dopoguerra che L’Ora conobbe la sua età dell’Oro. Erano infatti anni di rinnovamento politico ed economico per l’isola, e il giornale L’Ora si fece portavoce di questa volontà di rinascita e della necessità di opporsi a una nuova costola, la figlia malata di questo indomabile dinamismo sociale: la Mafia.
Contraddistinte da un sistema di potere basato sul clientelismo tentacolare, un approccio intimidatorio e una dominazione economica senza precedenti, le organizzazioni mafiose si erano affacciate in quegli anni per imporsi nella gestione delle dinamiche dell’isola.
Giornale L’Ora: il ventennio ruggente di Vittorio Nisticò
Gli anni ruggenti della redazione coincisero con i vent’anni della direzione di Vittorio Nisticò. Il direttore, calabrese per nascita ma siciliano “di scoglio” per adozione, seppe prendere in mano il gruppo di lavoro valorizzando la fervente attività di cronaca senza dimenticare l’attenzione per la creatività degli autori. Nisticò diresse il giornale L’Ora dal 1954 al 1975 e accompagnò per mano le tre generazioni di giornalisti e fotografi che costituirono lo scheletro del giornalismo antimafia nato proprio in quegli anni.
Nisticò infatti aveva improntato le attività su un modello di informazione aperto al popolo che vedeva nella stessa cultura uno strumento di riscatto sociale. La sua direzione aveva saputo intrecciare alla perfezione l’impegno militante delle inchieste sulle attività mafiose con la responsabilità dei maggiori intellettuali dell’epoca di interpretare il cambiamento sociale che la Sicilia stava vivendo attraverso le pagine di un piccolo quotidiano pomeridiano. Tra gli intellettuali ed artisti che collaborarono si ricordano Leonardo Sciascia legato al quotidiano da una storia d’amore senza fine; gli scritti di critica artistica di Renato Guttuso; le prime timide esperienze di racconto di Andrea Camilleri; Mario Farinella, il cronista poeta che raccontava le sfumature della sua Sicilia nelle inchieste più veraci; le fotografie incantevoli e spietate di Letizia Battaglia; l’ironia di Gilberto Nanetti che dissacrava la mafia attraverso i disegni di Bruno Caruso; l’estro ineguagliabile di Salvo Licata.
Nisticò nel tempo aveva trovato la chiave per mescolare l’alto e il basso, la cultura e la militanza perfettamente incastrate tra le pagine come tessere preziose di un mosaico antico, come ingranaggi di un meccanismo perfetto.
Giornale L’Ora: vessillo della battaglia antimafia
In quegli anni un piccolo giornale di modeste risorse e mezzi limitati seppe farsi portavoce dei bisogni, dello scontento e dei cambiamenti che la comunità palermitana stava vivendo. Indefessa e ostinata nella sua guerra alla mafia, la redazione del giornale L’Ora divenne vessillo di una battaglia che coinvolgeva tutta l’isola e colpiva al cuore la nazione. La sensazione di essere uniti per un’ideale importante era il filo invisibile che legava i giornalisti ai lettori creando un eterogeneo gruppo di militanti mossi dall’onore e dall’idea.
Proprio con l'”idea” rispose in una lettera Pier Luigi Ingrassia, direttore del Giornale L’Ora nel 1947 , in risposta alle minacce del bandito Giuliano che intimava alla redazione di non riferire “fatti da non pubblicizzare” altrimenti ci avrebbero rimesso la pelle.
Noi non abbiamo paura di rimetterci la pelle. La pelle è un tessuto, caro Giuliano, che ha un valore se sotto ci sono tanti organi fra i quali il cervello e il cuore e quindi un’idea e una passione. Se per paura dovessimo rinunciare all’idea, a che ci servirebbe la pelle?
Le intimidazioni, gli attentati, gli eroi
A queste prime intimidazioni seguirono i veri e propri attentati. Il primo nel 1958, un attentato dinamitardo alla redazione che però non si fece intimorire. Venne intrapresa un’inchiesta di risalto internazionale la cui eco crebbe al punto di permettere la costituzione del movimento antimafia. A pagare tributo di questa onorevole battaglia furono in molti. Il giornale L’Ora è ricordato come il quotidiano con il più alto numero di vittime di giornalisti per mano mafiosa. Tra i nomi più noti Mauro De Mauro, la cui sparizione gettò l’intera redazione nel più cupo e impotente sconforto, l’omicidio di Giovanni Spampinato e di Cosimo Cristina, archiviato dalla giustizia come suicidio per il ritrovamento di biglietti di addio accanto al cadavere, ma che le molte incongruenze del caso dimostrarono essere montato ad arte. Così si poteva leggere nell’Ora:
“Cosimo Cristina fu trovato al centro dei binari con la testa poggiata al binario di destra. Ma il fendente, che era visibile sulla testa, era sulla parte sinistra. Inoltre, il convoglio che avrebbe dovuto investirlo proveniva da Palermo. Il cadavere era posto in modo tale che i piedi si trovava no in direzione della città, mentre le spalle verso Termini. Tutti gli oggetti appartenenti alla vittima furono ritrovati tra il cadavere e il lato dal quale era giunto il convoglio. Furono pertanto sovvertiti tutti i principi relativi allo spostamento d’aria, il cui risucchio porta un qualsiasi oggetto lungo la scia della direzione di marcia“
Dal 1978 il giornale L’Ora entrò in una fase di penose difficoltà economiche che minacciarono la sua sopravvivenza fino a che nel 1992 venne definitivamente messa fine alle pubblicazioni del quotidiano. Nonostante qualche eccesso, l’Ora aveva mantenuto la purezza delle sue intenzioni originarie: contrastare il morbo che dissanguava la Sicilia e regalare ai lettori una rappresentazione dell’isola degna di renderne orgoglioso chi vi era nato.
Serena Oliveri