Economia delle parole, fastidio per la verbosità spesso connessa alla pratica poetica italiana. Attenzione all’essenzialità del dettato: non ‘’parola pura’’ in senso ungarettiano, ma ‘’parola netta’’. Elementare. Questa la poesia di Giorgio Caproni, un autore troppo a lungo trascurato.
Diversamente da quasi tutti i poeti della sua e della precedente generazione, Giorgio Caproni non ha grande fiducia nella forza del linguaggio. Tra parole e cose sussiste uno iato che è quanto mai difficile colmare. Per questo la poesia va scandita con il minor tasso letterario possibile: deve esser ‘’fine, popolare, elementare’’. La sua esperienza come insegnante dell’infanzia contribuisce senza dubbio a esigere un senso preciso dalla parola, che sia chiara e non badi troppo a ornamenti. Di qui anche la semplicità – ma non banalità – dei suoi temi.
L’economia delle parole
La poesia di Giorgio Caproni vuole essere precisa e puntuale, aderire ad aspetti concreti. Economia delle parole: questo è l’unico modo per catturare i fragili e fuggenti aspetti della vita.
Concessione. / Buttate pure via / ogni opera in versi o in prosa. / Nessuno è mai riuscito a dire / cos’è, nella sua essenza, una rosa.
C’è in Giorgio Caproni un senso di fragilità evidente nel fermare l’immagine o il ricordo. E questo esige, prima di tutto, l’uso di nomi e parole che si identifichino con l’essenziale. Solo così sarà possibile ritrovare, ben solida, l’identità umana, altrimenti dispersa davanti alla devastazione della storia.
Per questo le sue poesie sono quasi sempre brevi, semplici, ridotte all’osso. Sono un po’ il taglio su tela di Fontana, portato nella poesia. ‘’Poeta minatore’’, così amava definirsi lo stesso Caproni, ‘’che nelle buie gallerie dell’anima estrae nodi di luce’’.
Un maestro elementare
Due elementi nella formazione di Giorgio Caproni sono essenziali per comprenderne la poetica e la forma mentis: gli studi musicali e l’insegnamento elementare.
Caproni cominciò a suonare il violino quando era ancora ragazzo. Componeva e scriveva pezzi suoi: tutti i suoi amici e parenti, afferma, erano convinti che avesse una brillante carriera di musicista davanti a sé. “Poi il musicista è caduto ed è rimasto il paroliere’’, dice. Ma la formazione musicale, il senso dell’armonia e del suono della parola sono pienamente evidenti nella sua poesia.
Essenziali sono anche gli anni in cui Caproni insegna alle scuole elementari. È questa la professione che, accanto all’attività di poeta, porterà avanti tutta la vita. Spiegare ai bambini esige una semplicità e un senso di chiarezza non indifferenti. E, a quanto pare, anche una spiccata ironia. Così infatti lo ricorda uno dei suoi studenti, Antonio Debenedetti.
Con lui non è che si facessero proprio delle lezioni. Per esempio scrivevamo delle poesie a due voci oppure insegnava le divisioni attraverso una specie di filastrocca. Era un maestro straordinario e ironico.
Giorgio Caproni: le tre grandi tematiche
La città, la madre, il viaggio. Queste le tre grandi tematiche della poetica di Giorgio Caproni: e come la sua scrittura, anch’esse semplici ed essenziali. Tutte e tre possono essere ricollegate al tema più ampio dell’esilio, tanto caro alla letteratura italiana del dopoguerra.
E cioè esilio dallo spazio – la città – , dal tempo passato – la madre – e dalla vita, quindi il viaggio. E così Giorgio Caproni ‘’fa dell’intera sua opera poetica un grande, struggente e severo canzoniere d’esilio. O, in altro senso, un ininterrotto diario di viaggio…’’ (Raboni).
Un viaggio che però a tratti diventa anche non-viaggio, o viaggio nel nulla. Ad esempio: il viaggio verso Dio, diventa viaggio verso l’assenza di Dio, l’amaro trionfo della sua scomparsa. Il viaggio nel tempo è un viaggio nel non- tempo, nel tempo che si è perduto e del quale non rimane più nulla. E così lo spazio. Scrive Caproni in uno dei suoi testi più celebri:
Un semplice dato. / Dio non s’è nascosto. / Dio s’è suicidato.
Noemi Eva Maria Filoni