Palazzo Lascaris, Torino, sede del Consiglio Regionale. Sono le 9:30 di mattina. Davanti agli ingressi si è radunata una piccola folla: sono i presidi delle associazioni territoriali che, insieme ad alcuni esponenti del mondo politico, si sono riuniti per chiedere alla Giunta di frenare il progetto di modifica alla 9/2016, la legge regionale sulla prevenzione e il contrasto al gioco d’azzardo patologico.
Cambiamenti in arrivo
L’obiettivo della nuova maggioranza è di fatto quello di ridimensionare i limiti imposti dalla normativa vigente. Nel mirino il cosiddetto distanziometro, misura che impone una distanza minima tra le attività dotate di macchinette e alcuni luoghi sensibili (come scuole, strutture sanitarie, negozi di compro oro). La Giunta vorrebbe ora eliminarne l’effetto retroattivo, permettendo ai locali di ripristinare le slot machine di cui si erano dotati prima dell’approvazione della legge. Tale intervento, ovviamente, annulla di fatto l’utilità del distanziometro, permettendo alle macchinette di rispuntare come funghi. Non solo: anche le attuali limitazioni orarie (che impongono lo spegnimento degli apparecchi per almeno tre ore al giorno) potrebbero scomparire.
A preoccupare è inoltre la situazione dei comuni, spesso in prima linea nell’azione di contrasto alla ludopatia, a cui ora verrebbe meno il sostegno della Regione. Senza una legge forte alle spalle, infatti, i sindaci sarebbero esposti alle azioni legali da parte dei concessionari privati, che non hanno digerito le iniziative portate avanti in questi anni da molte amministrazioni locali.
La scintilla
La maggioranza di centrodestra aveva espresso la propria volontà di intervenire sulla normativa già a inizio anno. La polemica si è riaccesa il 16 giugno, quando la Giunta ha tentato il colpo di mano, inserendo in sordina un emendamento sulla legge 9/2016 all’interno di un maxiprovvedimento, proposto per di più in serata. La mossa ha generato le proteste delle opposizioni, per la poca trasparenza e l’evidente volontà di deliberare senza contraddittorio su un tema che invece avrebbe richiesto approfondite discussioni, e soprattutto un confronto con realtà territoriali che ogni giorno si confrontano con le ripercussioni sociali del gioco d’azzardo.
L’emendamento è stato così ritirato, ma la decisione di intervenire sulla regolamentazione del gioco d’azzardo in Piemonte resta ferma. Le opposizioni affermano di non avere i numeri per bloccare tale iniziativa. E allora è la società civile a intervenire.
La parola agli esperti
La prima voce a farsi sentire è stata quella di Libera, l’associazione nota per il suo impegno contro la criminalità organizzata. Il gioco d’azzardo legale è infatti uno dei principali espedienti utilizzati dalle mafie per riciclare denaro, e una nuova proliferazione di tali attività rafforzerebbe ulteriormente la morsa della criminalità sul territorio. Subito si sono unite anche le proteste dell’Ordine degli psicologi, degli assistenti sociali, nonché di realtà associative come il Gruppo Abele e il Movimento dei Focolari, che hanno ricordato gli enormi costi sanitari e sociali del gioco d’azzardo, accusando la Giunta di essersi sottratta al confronto con gli operatori del settore. Infine l’intervento di CGIL e ACLI, che ribadiscono che la necessità di garantire posti di lavoro non può diventare pretesto per scelte politiche dannose per la comunità.
I successi della legge sul gioco d’azzardo in Piemonte
Stando ai dati, la legge 9/2016 si è rivelata estremamente efficace. Secondo i rapporti dell’IRES, l’applicazione di politiche più stringenti ha condotto a un calo significativo dei volumi del gioco d’azzardo in Piemonte, con conseguente diminuzione delle perdite economiche registrate dai cittadini a rischio. Anche il timore che l’utenza di spostasse sul gioco online sembra ormai essere smentito: il Piemonte ha registrato un aumento di queste pratiche non solo contenuto, ma addirittura inferiore a quello di altre regioni che pur non avevano introdotto limitazioni al gioco fisico.
Inoltre, a differenza di quanto affermato da alcuni esponenti della maggioranza, non ci sarebbero prove di un aumento del gioco illecito, favorito dalla riduzione delle slot regolamentari. Niente bische clandestine, quindi; il popolo delle slot non è composto da criminali e avventurieri, ma da uomini e donne comuni, spinti dalla necessità e dalla disperazione, che si fermano a giocare mentre vanno a fare la spesa, dopo aver ritirato la pensione, o tra un turno di lavoro e l’altro. Il solo fatto di non sbattere contro una di queste macchinette ad ogni angolo di strada ha contribuito a ridurre queste abitudini.
Cambi di rotta
Tutto stava andando per il verso giusto, quindi. Per questo le motivazioni dell’attuale Giunta suscitano qualche sospetto. Non dobbiamo scordarci, infatti, che la legge 9/2016 fu approvata all’unanimità dal precedente Consiglio: con il voto, quindi, anche dei partiti che oggi vorrebbero stravolgerla. Un cambio repentino di opinioni che non è passato inosservato, e ha spinto le opposizioni a denunciare la presenza di accordi tra il presidente Cirio e le lobby del gioco. La maggioranza si difende ribadendo la propria vicinanza politica al mondo delle imprese, e tirando in ballo le opportunità occupazionali e i vantaggi economici.
Le superiori necessità
Il danno alle imprese, i vantaggi occupazionali, la necessità di fare cassa: quante volte, in Italia, abbiamo sentito questi discorsi? E chi mai potrebbe negare l’importanza e l’urgenza di creare nuovi posti di lavoro? Tuttavia l’impressione che se ne trae è che questo Paese preferisca sempre scegliere la strada più facile, la via già battuta, piuttosto che sperimentare direzioni nuove, magari impegnative all’inizio, ma certamente più vantaggiose sul lungo termine. Piuttosto che investire in una riconversione occupazionale, si sceglie (per l’ennesima volta!) di puntare su soluzioni comode, già rodate, ma che puzzano di vecchio e non sembrano adatte a un Paese che guarda al futuro.
Gian Carlo Caselli, intervenendo a sostegno della 9/2016, ribadisce che non si può fare profitto sulla pelle dei cittadini più fragili. Pensare, nel 2020, che l’unico modo per sostenere la libera impresa sia perpetrare attività obsolete come il gioco d’azzardo, per di più fregandosene delle ripercussioni sulla salute dei cittadini, vuol dire veramente giocare al ribasso.
Elena Brizio