Mancano ancora due anni ai Giochi invernali Milano Cortina 2026, il countdown sul sito ufficiale dell’evento segna anche i secondi che ci separano da questa celebrazione di italico orgoglio.
“I Giochi invernali più sostenibili e memorabili di sempre”, prometteva l’organizzazione in fase di candidatura, nel lontano 2019. Delle Olimpiadi e Paralimpiadi senza costi per i cittadini, sostenibili economicamente, socialmente e per l’ambiente soprattutto, vista la fragilità di quelle bellissime montagne, sempre più calde, sempre più prive di neve ad eccezione di quella sintetica sparata dai cannoni per i turisti.
Alla fine Milano e Cortina ce l’hanno fatta, si sono aggiudicate gli ambiti Giochi invernali 2026 e pazienza se i maligni diranno che è stato solo perché ormai erano rimaste quasi le uniche candidate a giocarsela.
A Calgary, in Canada, la decisione venne lasciata nelle mani dei cittadini che al referendum certificarono un sonoro No (56,4%). Utopie democratiche per noi che al massimo possiamo votare per il vincitore di Sanremo.
Ed è proprio dal palco del Festival di Sanremo che le mascotte dei Giochi invernali 2026 hanno iniziato il loro tour propagandistico proseguito il giorno successivo con l’incontro con La Presidente Meloni.
Giochi invernali Milano Cortina 2026: le promesse sono state mantenute?
La risposta breve è no, per quella più lunga dobbiamo tornare al 2018, anno in cui l’improbabile governo Lega-Cinque Stelle diede il suo ok alla candidatura Milano Cortina con la condicio sine qua non del non dover sborsare, a livello nazionale, nemmeno un euro.
Le Olimpiadi e Paralimpiadi dell’autonomia delle regioni ricche, autosufficienti e indipendenti. E invece dalle casse dello Stato, ovvero da quelle di tutti gli Italiani dal nord al sud isole comprese, fino ad oggi sono usciti 2,8 miliardi di euro (dei 3,6 spesi in totale).
Il Fatto Quotidiano ricostruisce la linea temporale che porta dal “costo zero” promesso inizialmente ai miliardi attuali e che attraversa quattro governi e diversi commissari speciali.
Non è solo l’aspetto economico ad indignare, anche quello ambientale è stato completamente disatteso. La promessa era quella di utilizzare al 90% impianti già esistenti, o al massimo strutture temporanee che non avrebbero impattato sul paesaggio per i secoli a venire, come le innumerevoli cattedrali nel deserto che giacciono abbandonate in ogni luogo del nostro paese.
In realtà gli impianti esistenti hanno bisogno di profondi ammodernamenti quando non proprio di totali demolizioni e ricostruzioni. Il caso diventato emblematico, al centro di un tira e molla tra governo e associazioni ambientaliste è quello della pista da bob di Cortina.
Il progetto prevede il taglio di cinquecento larici secolari nel bosco di Ronco. Una perdita di biodiversità irreversibile, con un impatto ambientale grave e pericoloso per un’area protetta da vincoli paesaggistici e su cui indaga anche la procura di Belluno.
Intanto cittadini e associazioni si sono riuniti in un comitato (Comitato Insostenibili Olimpiadi) per manifestare la loro contrarietà all’organizzazione dei Giochi invernali 2026. Sabato 10 febbraio sono scesi in piazza a Milano in centinaia chiedendo, al posto di privatizzazione ed estrattivismo, fondi da dedicare a strutture sportive popolari, accessibili a tutti e che incentivino la mobilità dolce di cui la montagna ha tanto bisogno in questi tempi di crisi.
È lo stesso Comitato Olimpico Internazionale (CIO) ad essere contrario alla costruzione della pista da bob, considerata un impianto senza futuro nel post Olimpiadi e Paralimpiadi. Sempre che riesca ad essere pronta per la data di inizio delle Olimpiadi, cosa che non può essere data per certa.
Non è solo la pista da bob a destare preoccupazioni, secondo Marco Albino Ferrari scrittore, divulgatore, profondo conoscitore e amante di quelle montagne nonché membro del comitato scientifico de L’Altramontagna, la riflessione da fare è più ampia: i Giochi riflettono ormai uno sport sempre più spettacolarizzato, più affollato di atleti e discipline e di spettatori, capace di attrarre enormi investimenti pubblicitari e per questo sempre più esigente con i territori e le persone che lo ospitano.
Ad avere la meglio sono opere di lusso che attirano un turismo spesso irrispettoso; sostituiscono quelle opere che avrebbero potuto creare comunità unendo comuni e frazioni isolati come il ripristino della linea ferroviaria tra Calalzo e Cortina.
Gli investimenti per i Giochi invernali Milano Cortina 2026 non andranno a beneficio di chi quelle zone le abita ogni giorno, di chi se ne prende cura, che le conosce. Serviranno a massimizzare profitti e speculare sul bene comune a dispetto della paventata sostenibilità che appare ogni giorno di più solo come un tentativo di greenwashing.
In Italia, lo sappiamo, il parere dei cittadini non viene mai richiesto, non siamo in Canada. Noi non abbiamo potuto dire di no.