Per dire addio – per sempre – alle luci della ribalta Marlene Dietrich scelse il film Gigolò. Un giovane David Bowie – già celebre e idolatrato – affiancò la diva delle dive.
Il cantante inglese, futura icona del trasformismo, aveva già recitato in due pellicole: The virgin soldiers e L’uomo che cadde sulla Terra. Marlene Dietrich all’epoca aveva quasi ottant’anni e alle sue spalle decine e decine di film.
Gigolò è il futuro dell’ufficiale prussiano Paul Ambrosius von Przygodski. Il giovane militare rientra a Berlino dopo essere sopravvissuto alla I guerra mondiale. Vorrebbe tornare alla vita di tutti i giorni ma il suo sembra un desiderio quasi impossibile e trovare un impiego adatto al suo rango non è facile. Fa l’inserviente in una sauna e poi accetta un lavoro ancora più degradante: cammina per le strade di Berlino per pubblicizzare una birra, travestito da bottiglia. Neanche la passione della bella Cilly – l’attrice Sydne Rome – riesce a distrarre Paul dal trauma della guerra. L’ufficiale sembra aver perso per sempre il suo sorriso. Le cose cambiano quando inizia a frequentare l’alta società berlinese, dove donne mature e sole cercano amore e compagnia… a pagamento. La Baronessa – Marlene Dietrich – nota l’avvenenza e l’eleganza di Paul e gli offre un posto fisso… nella sua scuderia di gigolò.
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Per due giornate di riprese la divina Marlene percepì uno stipendio record: 250 mila dollari.
Era il 1978, anno non di un tramonto e nemmeno della fine di una storia. Marlene sarebbe morta 15 anni più tardi, lasciando la sua immagine eterea scolpita in numerosi ritratti in bianco e nero. David Bowie fece coppia con un mito in un film che non conquistò la critica. Eppure Gigolò, dopo quasi quarant’anni, ci restituisce la testimonianza di due grandi talenti che si sono incrociati e stretti in qualche fotogramma. Forse Gigolò non è un grande film ma è un’enorme possibilità: quella di vedere L’Angelo Azzurro splendere, ancora una volta.