Gigi Radice, “il sergente di ferro” che conquistò il settimo scudetto granata

Ogni squadra vincente ha un grande allenatore

Gigi Radice è quello dell’ultimo scudetto del Torino. Rivoluziona il calcio italiano, istituendo il “pressing” a tutto campo e la “zona mista”, che consiste nell’applicare la marcatura a zona e l’attacco degli spazi. Torino e Juventus diventano i club più agguerriti d’Italia e danno vita ad uno dei campionati più avvincenti di sempre: quello del 1975-1976. Gigi radice orchestra 11 campioni, dentro e fuori dal campo: Castellini, Caporale, Santin, Mozzini, Salvadori, Paolo Sala, Pecci, Zaccarelli, Claudio Sala, Pulici e Graziani. Dopo un’avvio incerto la squadra del sergente di ferro, soprannome di Radice sotto la Mole, ritrova i gol di Paolo Pulici, capocannoniere della stagione con 21 reti. Infine ottiene la vittoria del 7 titolo granata contro il Cesena grazie al pareggio di Pulici, approfittando della sconfitta della rivale Juventus contro il Perugia.

Gigi Radice, l’allenatore rivoluzionario

Gigi Radice saluta Trapattoni
Gigi Radice saluta Giovanni Trapattoni durante un derby.

Nato a Cesano Maderno in Brianza, Radice muove i primi passi calcistici a diciotto anni nel Milan, dove vince scudetti e la prestigiosa Champions League con Nereo Rocco in panchina. Oltre alla carriera da giocatore, svoltasi principalmente nel Milan e abbandonata nel 1966 in seguito ad un grave infortunio, è stata quella da allenatore. Nell’estate del ’75 squilla il telefono e il presidente del Toro, Orfeo Pianelli, vuole costruire uno squadrone. Gigi Radice accetta e prende le redini di una squadra che l’anno precedente era arrivata sesta. Gli addii di Aldo Agroppi, ceduto al Perugia e Giorgio Ferrini, che decide di smettere, sono pesanti. Però di materiale ce n’è, soprattutto in attacco: davanti è esploso Paolo Pulici, la cui spalla è Ciccio Graziani. Poi, aggiungiamo la solidità di Renato Zaccarelli a centrocampo e l’abilità di Castellini tra i pali. Sul mercato arriva dal Bologna la freschezza di Eraldo Pecci, da Vicenza Fabrizio Gorin e Patrizio Sala dal Monza. Questa è la squadra che Radice deve amalgamare.

Lo scudetto del 1976

La prima giornata il Toro sbaglia l’esordio a Bologna e stecca, ma alla seconda Pulici è già in formato super e fa tripletta. Segue il successo su Inter e Napoli, la ricorsa a una Juventus che i granata si trovano davanti il 7 dicembre: un derby che apre Graziani e chiude proprio Pulici. E il Torino sembra non fermarsi più. Vince col Milan e resta a ruota fino alla stracittadina di ritorno, dove il Toro vince due volte: prima sul campo, poi a tavolino, perché Castellini viene colpito da un petardo al ritorno negli spogliatoi  e nel secondo tempo è costretto a dare forfait. Significa sorpasso, un primo posto che resiste, fino al 16 maggio, Torino-Cesena: l’ultimo atto, un pareggio, con Pulici che si butta sotto le suole dei difensori romagnoli. Tanto basta, mentre il Perugia blocca la Juventus. Il Comunale impazzisce e solleva Gigi Radice al cielo.

Luca Patrucco

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