Giappone: nuove linee guida nazionali per l’immigrazione. La Rete degli avvocati per i rifugiati giapponese però avverte: potrebbero essere uno specchietto per le allodole.
Le nuove linee guida nazionali presentate dal governo del Sol Levante per il riconoscimento dello status di rifugiato potrebbero rivelarsi tutt’altro che efficaci. Esse non apporterebbero la minima modifica al sistema di immigrazione del Paese, accusato di violazione del diritto internazionale. A lanciare l’allarme, oltre agli stessi migranti, anche Amnesty International Giappone.
La gestione di coloro che entrano
Nyuukoku Kanri (入国 管理 ), la “gestione di coloro che entrano”. È con questa espressione che traduciamo il termine “immigrazione” in giapponese. Potrebbe sembrare un’informazione superflua ma non lo è. Ci rivela come la cultura del Sol Levante percepisca il fenomeno migratorio non solo come spostamento di individui da un luogo ad un altro, ma come un fenomeno che va gestito.
E proprio alla gestione dei flussi migratori guardano le nuove linee guida nazionali per l’immigrazione dell’Agenzia per i Servizi d’Immigrazione giapponese. A presentarle il ministro della giustizia Ken Saito.
“Non amplieremo le condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato”
ha detto il ministro
“ma è possibile che ci sia un aumento del numero di concessioni”.
Il governo del Sol Levante non aumenterà quindi il numero di persone a cui viene concesso lo status di rifugiato ma promette di migliorare l’organizzazione dell’accoglimento delle domande ad oggi lento.
Troppo lento.
Talmente lento da violare il diritto internazionale.
Linee guida nazionali
Firmatario della Convenzione di Ginevra per i rifugiati del 1951, il Giappone dovrebbe riconoscere lo status di rifugiato a chiunque non possa tornare nel proprio paese di origine per timore di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità o appartenenza ad uno specifico gruppo sociale o politico.
Le linee guida presentate oggi dal governo hanno aggiunto alle sopracitate le persecuzioni per orientamento sessuale.
Eppure, il Giappone rimane il paese col più basso tasso di accoglienza tra tutte le nazioni del G20.
Nel 2021, su 2413 domande presentate solo 74 hanno ricevuto risposta affermativa. Un record per il Paese ma una cifra estremamente bassa se confrontata con quella di altri paesi.
Non solo.
Per disposizione di legge, le autorità giapponesi sono legittimate a trattenere per un tempo illimitato i migranti, siano essi irregolari o richiedenti asilo, in una palese violazione del diritto internazionale.
The Waiting Years
“I migranti hanno dipinto un quadro cupo. Lungi dall’essere aiutati nel momento del bisogno, parlano di una detenzione arbitraria, lunga, in strutture simili a carceri”.
A riferirlo è il direttore di Amnesty International Giappone, Hideaki Nakagawa, che ha raccolto le testimonianze di diversi richiedenti asilo.
Difficile parlare di un’esagerazione: nel 2021 un’immigrata srilankese, Wishima Sandamali, è deceduta proprio in una di queste strutture. Fu quell’episodio a suscitare sdegno nel popolo e a sottolineare il bisogno di una riforma nella legislazione in materia di immigrazione.
Detto fatto. La riforma c’è stata ma non c’è alcuna garanzia che le protezioni internazionali aumenteranno.
ll Giappone, paese dell’armonia collettiva, ha di fatto promesso solo una migliore “gestione di coloro che entrano”.