No non è uno scherzo, su Mercurio, il pianeta più vicino al Sole, la cui temperatura di superficie tocca i 400 °C, c’è ghiaccio ai poli.
Non lo scopriamo oggi, ma è appena uscito uno studio che spiega parte dell’origine del ghiaccio su Mercurio e non è quella che pensereste.
La notizia la troviamo sul sito del Georgia Institute of Technology perché il primo autore dello studio, Brant Jones, fa parte del dipartimento di Chimica e Biochimica dell’Istituto. La ricerca è stata pubblicata su The Astrophysical Journal.
La reazione chimica che presiede alla formazione del ghiaccio non è particolarmente complicata ed è conosciuta fin dalla fine degli anni ’60 ma era stata osservata su superfici semplici, il nuovo studio la modella sulle condizioni di Mercurio tenendo conto anche del vento solare che investe il pianeta più vicino alla nostra stella con una tale violenza da non permettergli di avere un’atmosfera.
Il fatto che non abbia un’atmosfera è essenziale alla sopravvivenza del ghiaccio su Mercurio perché in mancanza di atmosfera non c’è diffusione del calore, quindi se è vero che sulla superficie investita dalla luce solare la temperatura è di 400° nei crateri provocati dall’impatto di meteoriti e comete ci sono delle nicchie perennemente all’ombra dove la temperatura è di 200° sotto zero.
Quindi la temperatura giusta per mantenere il ghiaccio da qualche parte c’è, ma in quell’inferno da dove arriva l’acqua?
Per strano che possa sembrare parte dell’acqua si forma proprio grazie alle temperature infernali della superficie. Le rocce sulla superficie di Mercurio sono ricche di gruppi ossidrili (OH) generati principalmente dal continuo bombardamento dei protoni del vento solare, l’estremo calore li energizza abbastanza da liberarli e da farli sbattere uno contro l’altro, se ricordate la formula chimica dell’acqua potete immaginare che succede, cioè cosa si forma quando gruppi ossidrili molto energizzati collidono tra loro. Parte di queste molecole d’acqua naturalmente vengono immediatamente “abbattute” dalla radiazione solare, alcune si alzano dalla superficie, ma una parte finiscono nei suddetti crateri nella zona polare, in quelle nicchie all’ombra. Secondo i modelli elaborati questo potrebbe spiegare il 10% del ghiaccio presente su Mercurio. E il resto? Il resto probabilmente viene da fuori come sempre ipotizzato, portato da comete ed asteroidi, alcuni dei quali precipitano nelle zone d’ombra.
Ma il processo chimico delineato nello studio ha dei risvolti interessanti per la comprensione dell’origine dell’acqua sui pianeti, la teoria prevalente è che sia portata da comete ed asteroidi ma in alcuni scenari non sarebbe necessario che questi corpi portino l’acqua con se, potrebbe crearsi nell’impatto con processi simili a questo. La ricerca era nata dal fatto che Mercurio ha più acqua della Luna e si cercava un meccanismo alternativo rispetto alla consegna da parte di asteroidi e comete che spiegasse questa differenza, il processo delineato non potrebbe avvenire sulla Luna perché non c’è abbastanza calore e dunque potrebbe spiegare la differenza. Infine la chimica su cui si basa questo studio ha anche un risvolto pratico, si sta cercando un modo per produrre acqua per gli astronauti sulla Luna con un processo chimico analogo.
Roberto Todini