1996- 2016 sono passati vent’anni dalla morte di Gesualdo Bufalino, celebre scrittore siciliano, vissuto a Comiso, in provincia di Ragusa.
Quest’anno, la Fondazione che porta il suo nome, nonché cuore pulsante della vita culturale di Comiso, e cassaforte delle opere dello scrittore e manoscritti, attraverso un’iniziativa promossa dalla famiglia dello scrittore e dal comune di Comiso lo ha ricordato con una manifestazione e l’uscita rielaborata di un suo libro «L’ uomo invaso e altre invenzioni».
Bufalino fu un uomo di vasta cultura, un’amante delle arti visive, proprio come Leonardo Sciascia. E’ passato qualche anno da giorno in cui ebbi il piacere di leggere i libri di Bufalino, fui molto incuriosita dal titolo di un suo romanzo, si chiama “Tommaso e il fotografo cieco” del 1996.
Già, perché proprio un fotografo doveva essere cieco?
Sicuramente nella vita dell’autore di “Dicerie dell’untore” doveva esserci già da tempo un legame con le arti figurative come la fotografia, allora decisi di approfondire…
Lessi il libro tutto d’un colpo. La scrittura di Bufalino non è, a mio modesto parere , adattabile ai gusti di un ragazzo liceale. Troppo complessa, troppo ingarbugliata, lascia un po’ di stucco, ma è sicuramente adatta nel descrivere tutto quello che Tiresia (il fotografo cieco del romanzo che prende il nome dall’antico indovino mitologico) non riusciva a catturare con lo sguardo naturale, ma solo con quello artificiale.
Quante coincidenze
Tiresia muore nel racconto di Tommaso investito da una moto. Ovviamente leggendo questo particolare il vero Tiresia, il cui vero nome è Martino Alabiso, rimane un po’ sconcertato, come capiterebbe anche a noi, leggendo della nostra morte. Solo che uscendo da un cinema, proprio come nel racconto, Martino viene davvero investito da una moto. Ancora un gioco di ambiguità. Solo che, e questo colpisce per davvero, Bufalino muore in un incidente stradale poco dopo aver dato alle stampe il romanzo. Troppe coincidenze, troppo strana a volte la realtà. Come quasi volesse dirci che Tiresia poteva essere Bufalino, un fotografo cieco, uno scrittore capace di andare oltre le apparenze, di fotografare la realtà.
Bufalino rimane un autore di nicchia.
Ricordiamo l’esordio quasi leggendario, quell’affacciarsi sulle scene letterarie suo malgrado a sessant’anni suonati. Si disse all’inizio che fu Leonardo Sciascia a scovarlo, in realtà chi, prima di tutti, scovò la presenza dello scrittore vero, chi ne fiutò il talento fu Elvira Sellerio. Galeotte furono le pagine raffinatissime intessute da Bufalino a mo’ di introduzione di un libro di foto ottocentesche “Comiso ieri” (anche qui il rapporto tra Bufalino e la fotografia è strettissimo), tirate fuori quel testo in occasione di una serata trascorsa in compagnia di Leonardo Sciascia, Vincenzo Consolo e Enzo Siciliano; fu quest’ultimo a dare immediatamente ragione a Elvira Sellerio.
Si scrive per guarire sé stessi, per sfogarsi, per lavarsi il cuore. Si scrive per dialogare anche con un lettore sconosciuto. Ritengo che nessuno senza memoria possa scrivere un libro, che l’uomo sia nessuno senza memoria. Io credo di essere un collezionista di ricordi, un seduttore di spettri. La realtàe la finzione sono due facce intercambiabili della vita e della letteratura. Gesualdo Bufalino