L’informazione, in Italia come nel resto del mondo, è un vero e proprio business. Ma da chi è composta questa rete di affari?
Holding e società: la gestione dell’informazione in Italia
Ai vertici della gestione dell’informazione in Italia, ci sono 4 società: Gruppo GEDI, Fininvest, Cairo Communication e Caltagirone Editore.
Il Gruppo Gedi fu acquisito nel 2019 da Exor, società della famiglia Agnelli-Elkann. Oggi, il gruppo possiede grandi canali di comunicazione italiani. Ossia: la Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, l’Espresso e HuffPost Italia; oltre alle due emittenti Radio Deejay e Radio Capital.
Tramite Exor, inoltre, la famiglia detiene parte delle azioni di The Economist, Juventus Football Club e Iveco (produttrice di autobus, veicoli industriali e militari).
Nel 2020, attraverso lo stabilimento FIAT di Mirafiori, la famiglia Agnelli lanciò la produzione di mascherine chirurgiche. Ma queste furono presto giudicate inadeguate, e fu presentata una denuncia per frode e pericolo per la salute pubblica.
Altra grande fetta della gestione dell’informazione in Italia è di proprietà dalla famiglia Berlusconi, che possiede Mondadori e Mediaset tramite Fininvest.
Mondadori comprende diversi editori, tra cui Rizzoli, Fabbri, Piemme ed Einaudi. Possiede il quotidiano Il Giornale, ma anche numerosi periodici come Focus, Donna Moderna e TV Sorrisi e Canzoni.
Con l’acquisizione di De Agostini nel 2021, inoltre, Mondadori è diventato il primo operatore italiano nell’editoria scolastica.
Mediaset, ossia il più influente gruppo televisivo e radiofonico italiano, comprende: Canale 5, Rete4, Italia Uno, TGcom24 e Boing; oltre alle emittenti Radio 105, R101, Radio Monte Carlo e Virgin Radio.
In più, Fininvest è entrata nel mondo cinematografico nel 2007, con l’acquisizione del gruppo Medusa. Gestisce anche il Teatro Manzoni di Milano, l’Associazione Calcio Monza, Alba Servizi Aerotrasporti e parte delle azioni del Gruppo Mediolanum.
Cairo Communication e Caltagirone Editore
Le altre due società, che controllano l’informazione in Italia, sono Cairo e Caltagirone.
Il primo, di proprietà di Urbano Cairo, possiede La7 s.p.a. (ossia i canali televisivi La7 e La7d) e il gruppo editoriale RCS.
Quest’ultimo possiede Il Corriere della Sera, la Gazzetta dello Sport e diverse riviste di gossip, ai quali si affiancano grandi multinazionali come Mediobanca, Unipol e Pirelli.
Infine, il gruppo Caltagirone, fondato da Francesco Gaetano Caltagirone, gestisce Il Messaggero, Il Gazzettino, Leggo e il Mattino.
Altri giornali italiani sono proprietà di società più piccole.
Tra questi:
- Libero, della famiglia di immobiliaristi Angelucci
- Il Foglio, della famiglia di immobiliaristi Mainetti
- Il Sole 24 Ore, proprietà di Confindustria
- AGI (Agenzia Giornalistica Italiana), proprietà di ENI
Mentre, tra i giornali che non sono gestiti da società finanziarie, ci sono: Il Manifesto, che beneficia di contributi pubblici; e Il Fatto Quotidiano, il cui capitale è diviso tra diversi azionisti, per lo più giornalisti ed editori.
Il problema della gestione dell’informazione in Italia
Ciò che emerge osservando la situazione, è che la maggior parte dei giornali e dei canali comunicativi in Italia sono nelle mani di grandi holding finanziarie.
Tuttavia, perché la stampa possa dirsi libera, dovrebbe essere economicamente e politicamente indipendente.
Questo perché, altrimenti, si creerebbero conflitti d’interesse che potrebbero risultare in censura, disinformazione e propaganda politica.
I giornali indipendenti in Italia sono molto pochi. Si tratta di piccole realtà, con tirature ridotte o solamente digitali, e sono perlopiù sconosciuti.
Questo perché, se una testata punta a diventare nazionale, dovrà scendere a compromessi per ottenere sostegno finanziario, a costo di una minore libertà di stampa.
L’alternativa potrebbe essere il finanziamento pubblico all’editoria, che ad oggi rappresenta solo il 10% della stampa italiana (giornali dei partiti politici, delle cooperative di giornalisti, delle minoranze linguistiche, di tipo religioso). Ma si tratta di una normativa poco trasparente e politicizzata.
La speranza è che la forma di finanziamento dei giornali venga modificata, in modo da garantire una pluralità di stampa, libera da interessi economici e politici.
Giulia Calvani