Gestione Coronavirus in Brasile: un mosaico di misure divergenti

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Fin dall’inizio dell’emergenza coronavirus in Brasile, Jair Bolsonaro ha sempre tentato di minimizzare il pericolo paragonando il virus a una normale influenza stagionale. Anche la possibilità, poi rivelatasi falsa, di aver contratto il virus, non ha modificato la sua presa di posizione.

Bolsonaro rimane il presidente più negazionista al mondo. L’atteggiamento del capo del governo non si rispecchia con la situazione in cui versa il paese, dove le contraddizioni tra politica e società sono sempre più evidenti.

Un mosaico di misure divergenti

Il Brasile è suddiviso in 26 stati federati più la regione autonoma della capitale Brasilia. Ogni stato è a sua volta suddiviso in 55000 comuni. La divisione federale crea una situazione di decentralizzazione del potere, permettendo ai leader locali una grande autonomia decisionale. Di conseguenza, l’emergenza coronavirus ha generato un mosaico di misure di contenimento differenti e contrarie alle decisioni del governo centrale.

Ad esempio, San Paolo, lo stato più colpito dalla pandemia, ha imposto misure di confinamento e promesso un aumento di posti letto per la terapia intensiva e del personale sanitario. Brasilia, invece, ha optato per la chiusura dei grandi eventi, delle scuole e delle università.  Il governatore di Rio de Janeiro, dal canto suo, ha dichiarato lo stato di emergenza. Anche, lo Stato dell’Amazonas, quarto per numero di casi nonostante una popolazione relativamente poco numerosa, ha dichiarato il coprifuoco e l’isolamento dal resto del Brasile.

Va invece controcorrente la città di Goiana, nello stato di Pernambuco, il cui sindaco, Iris Rezende, ha dichiarato che Goiana è una città protetta da Dio che non cadrà colpita dal virus.

Dove non arriva lo stato, arrivano le bande criminali che hanno imposto il coprifuoco nelle favelas di tutto il Brasile.

La chiesa brasiliana

Anche la chiesa brasiliana ha preso decisioni importanti, senza però avere il potere di imporre le misure restrittive. Don Walmor Oliviera de Azevedo, arcivescovo di Belo Horizonte (nello stato di Minas Gerais) e presidente della conferenza episcopale brasiliana ha lanciato un appello chiedendo alla popolazione di non uscire di casa. Le chiese, quindi, possono rimanere aperte ma devono essere evitate le celebrazioni che creano assembramenti.

Crimini contro l’Umanità

A complicare il ritratto brasiliano, arriva la denuncia dell’Associazione dei Giuristi Brasiliani per la Democrazia, che ha denunciato Bolsonaro al Tribunale dell’Aia per i crimini contro l’umanità derivanti dall’irresponsabile gestione della pandemia

L’ultima decisione del governo Bolsonaro è stata il licenziamento del Ministro della Salute Luiz Henrique Mandetta, che ha annunciato le sue dimissioni ieri. I due erano in contrasto da tempo, con Mandetta diventato il simbolo della lotta al coronavirus e Bolsonaro sostenitore del negazionismo.




Mentre l’hashtag #ForaBolsonaro diventa un trend e Bolsonaro perde popolarità, la gestione del coronavirus in Brasile prosegue con un’agenda politica basata sulla non-prevenzione. Stamattina, senza mostrare alcuna prova, il presidente Bolsonaro ha accusato Rodrigo Maia, Presidente della Camera dei deputati e deputato federale a Rio de Janeiro, e João Doria, il governatore di San Paolo, di aver intenzione di pianificare un colpo di stato contro di lui. L’idea espressa dai giornalisti locali è che Bolsonaro possa iniziare una campagna contro tutti i governatori che hanno imposto misure contrarie a quelle presidenziali. 

Tra contraddizioni e proteste, il governo centrale continua a negare il coronavirus mentre a livello locale si costruiscono ospedali per combattere l’emergenza sanitaria.

 

Noemi Rebecca Capelli

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