George Mosse è uno storico statunitense di origine tedesca, nato a Berlino nel 1919 e morto a Madison nel 1999. Egli è considerato uno dei più importanti storici del nazionalsocialismo.
Mosse si è concentrato su uno dei periodi più importanti per la sua ricerca. Nel periodo storico tra Ottocento e Novecento, egli rintraccia le radici culturali del nazionalsocialismo. Il Nazionalismo ha sorretto i valori di rispettabilità borghese e di virilità maschile, andando a influire sull’atteggiamento nei confronti della diversità.
George Mosse: La vita
George Mosse era figlio di una famiglia ebrea a capo di un impero editoriale. Egli, inizialmente, si era lasciato infatuare da una manifestazione nazionalsocialista e dal “carisma” di Hitler. In seguito, fu costretto a fuggire dalla sua patria, a poche ore dall’entrata in vigore delle norme che vietavano gli ebrei di lasciare la Germania.
A quattordici anni, Mosse lasciò il suo paese per raggiungere la sua famiglia in Svizzera. Successivamente emigrò a Parigi, a Londra e poi negli Stati Uniti. Studiò nelle Università più prestigiose, prima concentrandosi sul Seicento, poi interessandosi ai temi del Novecento. Mosse, essendosi per tutta la vita sentito escluso perché ebreo e omosessuale, tento di analizzare il concetto di rispettabilità.
Per Mosse, esisteva una forza di attrazione esercitata dalla rispettabilità sui diversi, i quali desideravano l’assimilazione. Egli dopo aver scritto una delle opere più innovative della storiografia sul nazismo: “La nazionalizzazione delle masse”, si dedicò al concetto di nazionalismo e rispettabilità borghese.
La tesi di Mosse è che il nazismo sia stato un culto che aveva preso come esempio la religione cristiana. Una mentalità che portava a escludere, in modo violento, chi era diverso dall’uomo voluto dal Reich.
Rispettabilità Borghese e Mascolinità
Mosse riuscì a individuare un legame che intercorreva tra razzismo e rispettabilità borghese. Egli sosteneva che per comprendere il nazionalsocialismo e la Shoah, fosse necessario scovare le radici del razzismo.
Le origini del razzismo vennero riscoperte nell’Illuminismo, nel risveglio del pietismo religioso, in un atteggiamento troppo puritano verso la vita e nell’ideale di bellezza come simbolo di un mondo migliore. La moralità borghese rese rispettabile il razzismo, il quale si erse a difensore dei valori di onestà, rettitudine e correttezza.
Nel Settecento, oltre al razzismo, sorsero anche lo stereotipo della bellezza maschile, la rispettabilità e il concetto di buone maniere. Il nazionalismo fece sì che la rispettabilità borghese e l’ideale di sessualità controllata si diffondessero, andando a influire sulla virilità e sul ruolo femminile.
La rispettabilità comprendeva una certa moderatezza negli appetiti sessuali, nei modi di fare, la devozione al dovere e il freno delle passioni, dove sacri erano i valori della famiglia e del matrimonio. L’alleanza tra moralità borghese e nazionalismo rese più rigida la contrapposizione tra normale e anormale. Il “sano” veniva identificato come il normale, mentre l’anormale il “malato”.
In Germania, l’ideale di mascolinità nacque con le guerre di liberazione e fu esaltato dai movimenti giovanili tedeschi sorti nell’Ottocento. Il prototipo biondo e occhi azzurri si radicalizzò già dall’allora, in cui la bellezza ariana era espressione di equilibrio interiore.
Durante la Grande Guerra s’intensificò lo stereotipo dell’uomo virile, combattivo, con prodezza fisica e forza di coraggio. L’aggressività, la violenza, il disprezzo per la vita e un’indifferenza per la morte accentuò i tratti dell’uomo fascista.
Nonostante le critiche della storiografia tradizionale, Mosse riuscì a comprendere e ad analizzare nel profondo quella rigidità mentale che permise la distruzione del genere umano.
Tamara Ciocchetti
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