Geopolitica della malattia: negli USA il trattamento con plasma iperimmune

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Se il trattamento del covid-19 con il plasma iperimmune dovesse funzionare, rappresenterebbe un elemento positivo nella lotta al virus dell’amministrazione Trump.

The Food and Drug Adminstration (l’ente governativo statunitense incaricato della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici) domenica ha annunciato l’espansione del trattamento del covid-19 con il plasma iperimmune per i pazienti ospedalizzati.

La notizia, annunciata da Trump in conferenza stampa, arriva in seguito alle pressioni presidenziali per trovare una soluzione alla pandemia in vista delle elezioni di novembre, nell’ottica della geopolitica della malattia.

Durante la convention Democratica (terminata la settimana scorsa), il rappresentante democratico Joe Biden aveva definito la risposta statunitense al virus come “la performance peggiore di tutte le nazioni”. Proprio alla vigilia della convention Repubblicana (in onda da questa sera), Trump ha rilasciato la notizia dell’espansione del trattamento del covid-19 con il plasma iperimmune, aggiungendo che la mossa non ha niente a che fare con la politica. Le tempistiche sembrerebbero dire altro.





La cura con il plasma iperimmune

Gli ultimi dati raccolti da ricercatori statunitensi in un programma che include oltre 35.000 pazienti affetti da covid-19, di cui la maggior parte in terapia intensiva, suggeriscono che il plasma riesca a ridurre il tasso di mortalità. I primi miglioramenti della salute dei pazienti si avrebbero già dopo tre gironi di trattamento. Tuttavia, lo studio non è ritenuto completamente affidabile in quanto non è stato possibile comparare il gruppo di pazienti in cura con il plasma iperimmune con altri gruppi.

In Italia, l’affidabilità della cura con il plasma iperimmune sembrerebbe essere stata attestata. Addirittura, ce chi ha l’ha definita la cura del futuro, fino al vaccino.

I problemi del trattamento del covid-19 con il plasma iperimmune sono, però, comuni. Infatti, il plasma ha una disponibilità limitata (non può essere riprodotto in laboratorio e può essere preso solo da pazienti malati di covid-19). Per questo motivo, il Presidente Trump ha lanciato una campagna nazionale per incentivare tutte le persone che si sono riprese dal virus di donare il plasma.

La geopolitica della malattia

La notizia statunitense arriva a meno di una settimana di distanza da quella russa. Qualche giorno fa, infatti, il Presidente Putin aveva annunciato che Mosca ha registrato il primo vaccino efficace contro il coronavirus.

Le news statunitensi sembrerebbero non fermarsi qui. Infatti, secondo il Financial Times, il Presidente Trump starebbe considerando di aggirare lo standard normativo statunitense per accelerare la produzione di un vaccino sperimentale contro il covid-19 prima delle elezioni presidenziale di novembre.

Sembra ormai chiaro che la ricerca per la cura per il covid-19 ha chiare implicazioni politiche. Nei casi sopracitati, in particolare, entrambi i presidenti starebbero vivendo un momento delicato della propria amministrazione, anche a causa della cattiva gestione del virus.

Ma la corsa al vaccino non avrebbe solo ripercussioni interne. Il Presidente Putin aveva dichiarato che dopo la produzione del vaccino russo, il mondo avrebbe dovuto decidere da che parte stare. Il Presidente Trump ha più volte definito il covid-19 come il “virus cinese”, utilizzando la pandemia come arma nella lotta sino-statunitense.

Le geopolitica della malattia è chiara: bisogna essere i salvatori del mondo per salvare se stessi.

Noemi Rebecca Capelli 

 

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