L’archittettura su cui si fonda il M5S è sempre più fragile. Lo dimostra il caso Cassimatis, che potrebbe innescare una controversia molto profonda nelle file grilline. In questo caso c’è in ballo l’autorità di Grillo e la sua leadership priva di regole scritte.
Il caso Cassimatis: una candidatura rifiutata
Marika Cassimatis, docente di 50 anni già candidata alle regionali e alle europee, e vincitrice delle Comunarie per diventare sindaco del Movimento 5 Stelle a Genova, ha querelato per diffamazione sia Beppe Grillo che Alessandro Di Battista. La votazione online con 700 attivisti aveva visto prevalere la lista Cassimatis, ma in seguito Grillo ha pubblicato un post sul suo blog che escludeva la candidata dalla corsa alle comunali in quanto diversi membri della lista ”hanno ripetutamente e continuamente danneggiato l’immagine del MoVimento 5 Stelle”, concludendo in modo lapidario: ”Se qualcuno non capirà questa scelta, vi chiedo di fidarvi di me‘‘.
Il ricorso e il possibile effetto domino
Repubblica riporta che l’oggetto del ricorso in sede civile riguarda “la votazione fatta su scala nazionale contraria al regolamento interno per le amministrative” con cui Grillo ha chiesto agli attivisti di confermare la candidatura di Luca Pirondini dopo la scelta di escludere Cassimatis. L’ex candidata ha dichiarato alla Stampa di non aver più sentito Beppe Grillo: ”si è bloccato un procedimento democratico, di democrazia dal basso, (…) per la prima volta si è disconosciuto un voto online del blog”. Interrogata a proposito della possibilità di aprire una propria lista civica, l’ex candidata ha sostenuto che sia prematuro pensarlo.
L’attuale volontà di Cassimatis è che venga riammessa la candidatura della lista che la sosteneva: «se Beppe non mi dà il simbolo è giusto che ci pensino i giudici» ha commentato. “Noi chiediamo di tornare in gioco e di correre alle prossime elezioni amministrative con il simbolo M5S”, ha aggiunto la docente intervistata dal Messaggero.
Se accolto, il ricorso di Cassimatis contro l’esclusione sarebbe un evento e un ulteriore rischio sarebbe il pericoloso effetto domino che potrebbe conseguirne. Le acque interne del Movimento sono agitate in varie parti della penisola e la lista di militanti espulsi o usciti volontariamente dal M5S è molto folta. In molti casi, la fuoriuscita è dipesa dallo scontro con la leadership del partito. Se andasse in porto, il ricorso potrebbe essere solo il primo di tanti.
Gli altri nodi da sciogliere in casa M5S
Oltre al caso Genova, la partita interna al MoVimento si sta giocando anche in altre città. A Parma, Piacenza e Palermo si sono aperte nuove crepe in un sistema interno che sembra sempre più fragile. A Parma il sindaco Pizzarrotti si è dimesso ed ha fondato ”Effetto Parma”. In seguito si è costituito il nuovo Meet-up Parma Ducato 5 Stelle e ad ora sono tre i gruppi interni che ambiscono a correre sotto le insegne ufficiali del movimento e la situazione sembra più caotica che mai.
A Piacenza il Movimento si è scisso in due tronconi a dicembre 2016. Da una parte il candidato del Meet-up Rosarita Mannina dall’altro il 46enne Andrea Pugni, scelto dai consiglieri comunali del partito. Entrambi concorrono ora per competere alle elezioni Comunali ed hanno richiesto a Davide Casaleggio la certificazione della propria lista, come riporta il Corriere della Sera. La situazione potrebbe essere stata parzialmente risolta dal risultato delle Comunarie, che ha visto la vittoria di Pugni (59 voti a 31) sulla Mannina.
Nel capoluogo siciliano, il candidato sindaco Ugo Forello è stato ”sfiduciato” dall’influente parlamentare Riccardo Nuti: “se uno si mette la maglietta M5S, mica significa che lo è veramente. Gela non ti ricorda nulla?“, ha affermato il deputato a proposito di Forello, facendo riferimento all’espulsione dal Movimento del sindaco di Gela Domenico Messinese. Anche a Padova e ad Imperia la situazione interna pare poco serena, segno che il partito sta faticando sempre di più a sopire le problematiche interne.