Il mese di gennaio 2025 ha segnato un nuovo record climatico, registrando la temperatura media globale più elevata mai documentata per questo periodo dell’anno. Secondo il Copernicus Climate Change Service (C3S), la temperatura media globale ha raggiunto i 13,23 gradi Celsius, superando di 0,73 gradi la media di gennaio del periodo 1991-2020 e di 1,75 gradi i livelli preindustriali.
Un trend allarmante
Questo dato si inserisce in un preoccupante trend climatico: negli ultimi 19 mesi, ben 18 hanno registrato temperature superiori di oltre 1,5 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali. Tale soglia è considerata critica dagli scienziati per evitare gli effetti più devastanti del cambiamento climatico.
Anomalie regionali
Nel mese di gennaio 2025, le condizioni meteorologiche hanno mostrato variazioni significative rispetto alla media storica, con un’alternanza tra aree caratterizzate da precipitazioni abbondanti e regioni soggette a siccità. In gran parte dell’Europa occidentale, così come in diverse zone dell’Italia, della Scandinavia e dei Paesi baltici, il clima si è rivelato notevolmente più umido del solito. Le precipitazioni intense e persistenti hanno determinato situazioni di criticità, causando alluvioni in alcune aree e danni alle infrastrutture. Le conseguenze di questi eventi atmosferici estremi hanno avuto un impatto rilevante sulle popolazioni locali e sulle attività economiche, evidenziando l’importanza di strategie di adattamento ai cambiamenti climatici.
Di contro, altre zone del continente europeo hanno sperimentato condizioni meteorologiche opposte. Il nord del Regno Unito e l’Irlanda, così come la Spagna orientale e le regioni a nord del Mar Nero, hanno registrato livelli di umidità inferiori alla norma, con periodi di siccità che hanno influenzato le risorse idriche e le attività agricole. La carenza di precipitazioni in queste aree potrebbe avere ripercussioni anche nei mesi successivi, aumentando il rischio di stress idrico e incendi boschivi.
Al di fuori dell’Europa, il quadro climatico ha rispecchiato dinamiche simili, con regioni colpite da piogge intense e altre interessate da una persistente scarsità d’acqua. Condizioni eccezionalmente umide sono state osservate in diverse parti del mondo, tra cui l’Alaska, il Canada, la Russia centrale e orientale, l’Australia orientale, l’Africa sudorientale e il Brasile meridionale. In questi territori, le piogge torrenziali hanno provocato inondazioni significative, con danni ingenti a infrastrutture, abitazioni e coltivazioni. L’impatto di questi eventi meteorologici ha messo in luce la vulnerabilità di molte comunità alle anomalie climatiche sempre più frequenti.
Al contrario, alcune zone del pianeta hanno vissuto un periodo di siccità marcata. Il sud-ovest degli Stati Uniti, il Messico settentrionale, l’Africa settentrionale, il Medio Oriente, l’Asia centrale e la Cina orientale hanno registrato precipitazioni ben al di sotto della media, aggravando la carenza idrica e creando condizioni difficili per l’agricoltura e la popolazione locale. Anche vaste aree dell’Africa meridionale, del Sud America meridionale e dell’Australia hanno sperimentato una riduzione significativa delle piogge, alimentando preoccupazioni sulla disponibilità delle risorse idriche nei mesi a venire.
Il ruolo di La Niña
È importante notare che questo record è stato stabilito nonostante la presenza di La Niña, un fenomeno climatico che generalmente porta a un raffreddamento delle temperature globali. La persistenza di temperature elevate anche in queste condizioni mostra la gravità del riscaldamento globale in atto.
Confronto con gli anni precedenti
Il 2024 è stato confermato come l’anno più caldo mai registrato, con una temperatura media globale di 15,10 gradi Celsius, superando di 0,72 gradi la media del periodo 1991-2020 e di 1,60 gradi i livelli preindustriali. Questo trend di riscaldamento sembra continuare nel 2025, come evidenziato dai dati di gennaio.
Implicazioni per il futuro
Gli scienziati avvertono che il superamento della soglia di 1,5 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali aumenta il rischio di eventi climatici estremi, come ondate di calore, siccità e inondazioni. La comunità internazionale è quindi chiamata a intensificare gli sforzi per ridurre le emissioni di gas serra e mitigare gli effetti del cambiamento climatico.