Il termine “Genitorialità Tigre” è stato coniato nel 2011 da una docente della Yale University, la quale ha improntato l’educazione delle proprie figlie sul rigore e sulla performance. Amy Chua non è un’esperta dell’educazione, ma una docente di diritto internazionale che promuove lo stile genitoriale della mentalità cinese, dove si predilige il, cosiddetto, modello Tiger-Mom o Mamma Tigre: un approccio che dà priorità alla diligenza, resilienza ed eccellenza; si inizia sin dall’infanzia ad impartire rigore e disciplina così da essere preparati al sacrificio negli anni a venire.
La Genitorialità Tigre e gli effetti sui figli
La Genitorialità Tigre rappresenta uno stile educativo molto rigido basato sul massimo impegno e sulla buona riuscita in ogni campo: dalla musica allo sport, dall’istruzione alle future scelte lavorative; insomma, una vera e propria ricerca incessante di perfezione dei genitori sui figli. Chi pratica tale metodo crede che gli stili educativi rigorosi avvantaggino i bambini preparandoli ad avere successo in futuro; molti dei critici del libro di Amy Chua, al contrario, smentiscono tale teoria, sottolineando una condizione di disagio psichico nei bambini e negli adolescenti.
l livelli di depressione e insoddisfazione, di chi è cresciuto con il modello della Genitorialità Tigre, sono molto elevati: grande angoscia e stress, seguiti da problemi di autostima, oltre che la costante paura di commettere errori o di deludere i propri genitori. A tal proposito, gli studi non sono mancati ed hanno dimostrato che, adottando questo genere di teoria educativa, i risultati che ne derivano non sono affatto positivi: da disagi relazionali a quelli comportamentali, da insuccessi scolastici a problemi familiari.
Lo studio “Does Tiger Parenting Exist? Parenting Profiles of Chinese Americans and Adolescent Developmental Outcomes”, del 2013, ha rilevato, al contrario di quanto molti genitori sostenevano, che i bambini cresciuti con la strategia genitoriale della tigre non avevano maggiori probabilità di raggiungere il successo accademico rispetto ai loro coetanei, i cui genitori utilizzavano metodi educativi alternativi. Per di più, ha confermato maggiori probabilità di riscontrare disturbi psicologici, con un aumentato rischio di ansia e depressione.
In aggiunta, è stato dimostrato che i genitori tigre sono meno propensi a complimentarsi con i propri figli; questi vengono accolti con minacce emotive e punizioni fisiche se non riescono a compiere diversi compiti e a soddisfare le loro aspettative: ad esempio, è la stessa Chua a raccontare nel libro di aver chiamato le sue figlie “spazzatura” in pubblico.
I rischi della Genitorialità Tigre
Alla base di questo tipo di educazione c’è il controllo psicologico, ritenendo che l’autostima debba essere plasmata sin da bambini, ma in questo processo, viene perso di vista un aspetto importante: il valore dell’autonomia, dell’autoregolazione e della libertà di espressione dei propri figli.
La Genitorialità Tigre ha pieno controllo del figlio fin dall’infanzia: il bambino è cresciuto per prendere decisioni in base all’approvazione dei genitori; non c’è enfasi sull’autoregolazione o sul pensiero indipendente, non c’è pazienza o interesse nel capire e conoscere la personalità, pensieri, sentimenti e prospettiva del figlio come individuo unico, e come tale, speciale nel suo essere; tutto questo passa in secondo piano rispetto ai sogni del genitore, che, obbligatoriamente, diventano gli stessi del proprio figlio.
«La genitorialità tigre pone molte richieste al bambino e c’è molta direzione da parte del genitore, rispetto a quella del bambino», afferma Robert Keder, MD, pediatra specializzato in comportamento evolutivo presso il Connecticut Children’s Medical Centre.
La preoccupazione negli esperti risiede principalmente nel fatto che stili educativi eccessivamente severi e punitivi aumentano nei bambini e ragazzi comportamenti e sentimenti negativi. A tal proposito, si evidenziano le seguenti problematiche: bassa autostima, aumento del rischio di autolesionismo e comportamento suicidario oltre all’uso di sostanze, disregolazione emotiva, scarse capacità decisionali e disturbi d’ansia con depressione.
La Genitorialità Tigre, inoltre, aumenta il distacco tra genitori e figli: l’ambiente sicuro, nel quale condividere frustrazioni, paure e bisogni, si trasforma e solo attraverso di esso si può creare ed alimentare un rapporto di fiducia. In tal senso, Alisa Ruby Bash, PsyD, terapeuta matrimoniale e familiare con licenza a Malibu, CA, ribadisce e lancia un messaggio a tutti i genitori:
«In generale, spetta ai genitori fare il proprio lavoro interiore per scoprire come trovare il proprio stile genitoriale. Alla fine della giornata, essi devono ricordare che i loro figli non sono loro proprietà o esperimenti, ma devono essere sovrani unici che si trovano sul pianeta per realizzare il loro potenziale e per sapere chi sono».
Gentle Parenting, lo stile educativo contrapposto al Tiger Parenting
Esistono differenti stili educativi genitoriali; tra questi ritroviamo sia il Tiger Parenting, ossia la Genitorialità Tigre, che il Gentle Parenting, ovvero la Genitorialità Gentile: a differenza del primo approccio, nel secondo, il genitore diventa un modello di comportamento, mantiene la calma nello spiegare gli errori e, quando non riesce, riconosce la sua emozione e lo sbaglio parlandone con il proprio figlio. Sarah Ockwell-Smith, autrice del libro “The Gentle Parenting Book“, riassume il concetto in tre parole: empatia, comprensione e rispetto.
Il Gentle Parenting rispecchia l’importante necessità del diritto alla cura e, soprattutto, la capacità nel diventare gentili e praticare quest’ultima ogni giorno. Crescere, dunque, i propri figli, partendo dalla loro intelligenza emotiva, rispettandosi a vicenda e potendo esprimere i propri sentimenti, emozioni e bisogni più profondi.
I benefici di tale approccio educativo vengono sottolineati dalla pediatra Karen Estrella; essa spiega la Genitorialità Gentile considerandola differente dagli stili più tradizionali poiché come obiettivo si pone di crescere dei figli sicuri, indipendenti e felici attraverso aspetti positivi, mettendo da parte punizioni e castighi:
«Niente rimproveri e sgridate quindi, che instillano paura e trasudano frustrazione genitoriale: i bambini smettono di fare i capricci perché hanno paura delle urla dei genitori o della figura autoritaria che li rimprovera, non perché capiscono che i capricci non si fanno. E infatti tornano a farli ore o giorni dopo, finché non vengono sgridati».
Gli esperti ci invitano a ricordare che nella crescita di un figlio non bisogna perdere di vista la famiglia come nucleo affettivo che resta una guida e porto sicuro: il luogo per la sicurezza e serenità di un figlio, il fondamento su cui si andrà a costituire la propria personalità.