L’analisi del gender pay gap tra i lavoratori autonomi italiani, condotta dalla tech company Fiscozen, mostra una realtà preoccupante che si manifesta fin dall’inizio della carriera professionale, ma che si accentua progressivamente con l’età. In un’epoca in cui la parità di genere viene vista come un obiettivo sociale e politico fondamentale, i dati riportati dallo studio suscitano interrogativi sulla persistenza di disparità economiche che continuano a influire in modo significativo sulle donne, anche nel mondo delle partite IVA.
Secondo la ricerca, che ha preso in esame oltre 30.000 professionisti attivi nel 2024, emerge che le donne guadagnano, in media, il 18,3% in meno rispetto agli uomini. Questo divario economico, che si traduce in una differenza media annua di 3.343 euro, non è solo una questione di disparità salariale, ma si presenta come un fenomeno che si amplifica man mano che si prosegue nella carriera, con picchi che toccano il 28,5% tra i 55 e i 65 anni. Il trend non è uniforme, ma varia sensibilmente in base all’età e al settore professionale di appartenenza.
Il fenomeno del divario di genere si fa particolarmente rilevante nelle fasce di età più mature. Tra i 55 e i 65 anni, infatti, gli uomini guadagnano in media 5.886 euro in più all’anno rispetto alle donne, con una disparità che raggiunge il 28,5%. Questo picco, che segna la fase più avanzata della carriera, rispecchia non solo una differenza salariale, ma anche un evidente squilibrio legato a fattori culturali e strutturali che continuano a penalizzare le donne, soprattutto in contesti professionali dove la maternità e la gestione della famiglia rappresentano ancora ostacoli significativi.
La differenza già all’inizio della carriera
Anche nelle prime fasi della carriera, il divario di genere è già evidente. La fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni, sebbene ancora agli inizi del percorso professionale, mostra una differenza salariale del 7,4%. Questo dato fa riflettere sull’esistenza di discriminazioni già a partire dai primi passi nel mondo del lavoro autonomo, suggerendo che, anche in una fase in cui le competenze e le qualifiche non dovrebbero ancora entrare in gioco come fattore discriminante, le donne iniziano già a guadagnare meno rispetto agli uomini.
In questa fascia di età, la disparità di guadagno può essere attribuita anche a pregiudizi e stereotipi di genere, che talvolta portano a una minore valorizzazione delle donne nelle professioni autonome, soprattutto in settori tradizionalmente dominati dagli uomini. Ma la questione è destinata a complicarsi nei periodi successivi della carriera, quando la maternità e le esigenze familiari entrano in gioco.
La maternità: un fattore determinante per l’accentuarsi del divario
Il periodo che va dai 25 ai 35 anni rappresenta una fase particolarmente critica, poiché coincide con la possibilità di maternità per molte donne. In questa fascia di età, il gap salariale aumenta notevolmente, raggiungendo il 20,6%. La maternità, infatti, purtroppo, continua a essere un fattore che incide negativamente sulle donne in molti settori professionali, anche tra i lavoratori autonomi.
Nonostante le leggi che tutelano la maternità e promuovono l’uguaglianza di trattamento, il divario salariale sembra riflettere un’inferiore valorizzazione delle donne quando esse sono in una fase della vita in cui molteplici sono gli impegni familiari e professionali da conciliare. Le donne che diventano madri, infatti, tendono ad affrontare un maggiore stress organizzativo rispetto ai loro colleghi maschi, e ciò si traduce anche in una minore continuità o una diversa qualità del lavoro svolto.
In molti casi, questo può determinare una riduzione delle opportunità professionali per le donne, che spesso scelgono di ridurre l’orario di lavoro o di accettare incarichi meno prestigiosi per conciliare vita privata e carriera. Al contrario, gli uomini tendono a beneficiare di un contesto in cui le responsabilità familiari, pur essendo riconosciute, non influenzano così significativamente le loro opportunità professionali.
Settori professionali e disparità salariale
Non è solo l’età a determinare la disparità di guadagni tra uomini e donne nel mondo delle partite IVA. Il settore professionale di appartenenza gioca un ruolo fondamentale nell’accentuarsi o nel ridurre il gender pay gap. Alcuni settori, come quelli legati alla tecnologia, alla finanza o alle consulenze, presentano disuguaglianze salariali più marcate, con gli uomini che dominano in termini di guadagni.
Al contrario, settori come quello della sanità, dell’educazione o del welfare, che storicamente hanno visto una maggiore partecipazione femminile, mostrano un divario più contenuto, sebbene non privo di problematiche. Tuttavia, anche in questi ambiti, la disparità salariale tra uomini e donne tende ad aumentare con l’esperienza. Ad esempio, in professioni in cui la specializzazione e l’esperienza contano in modo significativo, la differenza salariale tra i due sessi diventa più pronunciata.
In alcuni casi, la mancanza di visibilità e di riconoscimento delle donne nei vertici di settore porta a una scarsa valorizzazione delle loro competenze e della loro esperienza, contribuendo ad allargare ulteriormente il divario di retribuzione. Le donne che lavorano in posizioni di leadership o con ruoli decisionali tendono infatti a essere meno retribuite rispetto ai colleghi uomini, in parte a causa di un bias sistemico che ancora oggi persiste nel mondo del lavoro.