Un’altra generazione di donne dovrà aspettare prima che si raggiunga la parità di genere, secondo il “Global Gender Gap Report 2021” del World Economic Forum. La pandemia ha infatti portato a un aumento del divario di genere dai precedenti 99,5 anni agli attuali 135,6 anni.
Gender Gap e Covid-19
L’effetto della crisi del mercato del lavoro dovuto alla pandemia ha avuto impatti asimmetrici tra uomini e donne. Il preesistente gender gap è stato aggravato dal Covid, che ha rallentato anni di progressi verso la parità di genere.
Uno dei motivi è dovuto al fatto che i settori in cui le donne sono normalmente più impiegate sono stati quelli maggiormente colpiti dai lockdown, cioè il settore dei beni di consumo, il Terzo Settore e quello del marketing e delle comunicazioni. Inoltre, molte mamme sono rimaste a casa a lavorare in smart working e contemporaneamente a seguire i figli in D.a.D., non riuscendo a trovare un equilibrio. Secondo il “Rapporto annuale delle attività di tutela e vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale”, nel 2020, il 77% dei neogenitori che si sono licenziati per seguire i propri figli erano donne e il problema è più accentuato al sud d’Italia.
Fatta salva la scelta di diventare madri o meno, che deve essere libera e personale, al giorno d’oggi non esiste una struttura pubblica atta a supportare chi la scelta di diventare madre, o padre, la vuole fare.
Nella Patria della Sacra Famiglia, diventare madre è una sfida da supereroine.
(Lilli Gruber, scrittrice e giornalista – 2019)
Le donne – e in generale le famiglie – che decidono di avere un figlio, vanno aiutate, e non dovrebbe esistere al giorno d’oggi un sistema pronto ad accusarle o a colpevolizzarle nel momento in cui non si sentono pronte per la maternità. Perché chi mai vorrebbe mettere al mondo un figlio o crescerlo se è ancora precario, non ha una casa o mezzi adeguati a farlo in maniera decorosa?
Ogni giorno milioni di giovani donne scoprono, a proprie spese, di non poter realizzare i propri sogni. Devono subire discriminazioni, a volte violente discriminazioni. Devono accettare invece di scegliere, devono obbedire invece di avere idee. Solo perché sono donne. Questa situazione non è solo immorale o ingiusta, ma rappresenta anche un atteggiamento miope. Le nostre economie stanno perdendo alcuni dei nostri migliori talenti.
(Mario Draghi, Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana – 2021)
Gender Diversity e Equal Pay
La disuguaglianza sul posto di lavoro è il punto più dolente di questa storia. Il gender gap legato alla parità di opportunità sui luoghi di lavoro e alla parità salariale è ancora più ampio: si stima che ci vorranno 267,6 anni per chiudere il divario.
Il lento progresso è dovuto per lo più a due tendenze: da un lato, continua a crescere il numero di donne tra i professionisti qualificati, dall’altro, c’è ancora una persistente mancanza di donne nelle posizioni di leadership.
Nei Paesi del G20, la differenza di retribuzione oraria tra uomini e donne è pari al 20%; cosa che porta come ovvia conseguenza anche un gap a livello pensionistico. La questione del corrispettivo economico nasconde però un problema ben più importante: quello del riconoscimento.
Quando parliamo di parità uomo-donna, intendiamo dire di posti di potere. Perché il potere è ciò che serve per produrre un cambiamento e, se le donne vengono escluse dalla ‘stanza dei bottoni’, quando riusciremo a cambiare le cose?
Se vogliamo forti democrazie, dobbiamo lottare per la parità di genere. Perché questa è la verità: la Democrazia è più forte quando tutti partecipiamo ed è più debole quando alcune persone vengono tagliate fuori.
(Kamala Harris, Vicepresidente americano – 2021)
C’è ancora un glass ceiling che ostacola l’accesso delle donne a posizioni di livello decisionale.
Cos’è il glass ceiling?
Un altro buffo termine, che – chissà perché – ha sempre a che fare con il vetro, è il glass cliff, cioè il precipizio di vetro. Indica il fenomeno per cui, quando ci si trova in una situazione disperata, si dà il ruolo di comando a una donna. Così, se ha successo e riesce a risolvere la situazione, bene. Se fallisce, si potrà sempre dire che le donne sono incompetenti.
Le quote rosa e la Legge n. 120/2011
In Italia, l’introduzione del sistema delle quote rosa – esso stesso in qualche modo discriminatorio – è stato un male purtroppo necessario per produrre un cambiamento, che deve essere prima di tutto di mentalità. La legge Golfo-Mosca del 2011 richiede infatti che almeno un terzo dei membri dei Consigli di Amministrazione delle Società quotate siano donne. Secondo The European House – Ambrosetti, la presenza femminile nei C.d.A. sta lentamente aumentando anche nelle Società non quotate che non sono soggette allo stesso obbligo di legge, ma rimane comunque sotto la soglia del 30%. Questo confronto dimostra il ruolo fondamentale che la legilazione ha nel traghettare il nostro Paese verso l’uguaglianza.
Non per una questione di femminismo, ma per una questione di civiltà. Quella che rischiamo di giocarci, insieme alla democrazia, alla pace sociale e all’abitabilità del pianeta Terra, a meno di una inversione di rotta.
(“Basta! Il potere delle donne contro la politica del testosterone” di Lilli Gruber – 2019)
Per vincere la guerra, e per cambiare le cose, c’è bisogno dell’aiuto di tutti. Perché il divario di genere offende gli uomini tanto quanto le donne.
Giulia De Vendictis