Basta una frase per far scendere il gelo nello studio televisivo di “Otto e mezzo“. Protagonista è Carmine Castoro. Durante una puntata del programma condotto da Lilli Gruber su La7, il filosofo ha infatti dichiarato:
a me Barbara D’Urso fa più paura dell’Isis
Queste sono state le parole che hanno scatenato imbarazzo nello studio di “Otto e mezzo”, dopo che la Gruber ha presentato l’ultimo libro di Castoro: “Il sangue e lo schermo – lo spettacolo dei delitti e del terrore da Barbara D’Urso all’Isis”. Scoppia subito la polemica per la frase, ma non è la prima volta che Castoro ne parla.
Il libro, edito dalla Casa editrice Mimesis e pubblicato qualche mese fa, era già stato presentato dal filosofo che non si era risparmiato qualche frase “forte”:
È tutto un fiorire di delitti che diventano telenovele, dettagli morbosi, skyline alla Csi, investigazioni pseudo-giornalistiche, cacce all’assassino
Barbara D’Urso e l’Isis sono polarità lontane, ma anche nodi di una stessa rete che ci spinge a vivere un’idea di Male in un apparato mediatico dove contano più le messinscene macabre, le drammaturgie scontate, le indignazioni da salotto e i sentimentalismi precotti
Il filosofo ha provato a spiegare il senso della frase pronunciata nella trasmissione “Otto e mezzo”. Nel suo libro parla di “futilizzazione” del dolore tipica di alcuni programmi televisivi. Ma il dolore può avere ragioni profonde, che non sempre si colgono in un pianto isterico.
Barbara D’Urso si dichiara offesa dalle parole di Castoro. Avrà anche detto una frase infelice ma non è certo la prima volta che alla conduttrice venga associato il concetto di TV del dolore.
TV del dolore e precedenti
Nel 2011 viene chiuso, dopo sole due puntate, lo show “Stasera che sera”. La D’Urso aveva parlato della morte di Francesco Nuti tramite delle interviste a dir poco scandalose.
Nel 2014 ulteriori critiche piovono sulla conduttrice “Basta con queste soubrette dagli occhi lucidi, l’informazione è materia delicata”. Questa volta, la frase è pronunciata dal presidente dell’Ordine dei Giornalisti. Sul web viene lanciato un monito contro la spettacolarizzazione del dolore.
Non è certo solo la D’Urso a utilizzare il dramma come mezzo di comunicazione. Il dolore piace, basta osservare i dati di ascolto relativi a notizie quali, ad esempio, il malore di Nadia Toffa.
Il filosofo della comunicazione, amplia il concetto della frase choc chiarendo che:
“Già il Report quali-quantitativo dell’Osservatorio di Pavia sulla Tv del Dolore nel trimestre 15 settembre-15 dicembre 2014 aveva analizzato trasmissioni di grande impatto popolare scoprendo che in 3 mesi circa 300 ore di TV sono state dedicate a omicidi e scomparsi”
Esistono un’infinità di programmi che si basano sul dolore e di sicuro Barbara D’Urso dà un grande contributo.
Elena Carletti