L’offensiva militare avviata dall’esercito israeliano nel nord della Striscia di Gaza è una delle più imponenti e violente operazioni degli ultimi mesi. Cinque giorni fa, le IDF hanno ordinato una nuova evacuazione del campo profughi di Jabalia, mettendo Gaza nord sotto assedio, e iniziando una nuova operazione via terra. L’obiettivo dichiarato dell’operazione è colpire le infrastrutture di Hamas e eliminare i miliziani del gruppo islamista ancora presenti in queste zone. Le truppe israeliane, sostenute da carri armati e raid aerei, stanno cercando di ottenere il controllo completo del nord di Gaza. Questa offensiva, iniziata lo scorso 6 ottobre, è il quarto che Israele sferra contro il campo profughi di Gaza nord.
Un attacco su vasta scala: morte e distruzione
Gli scontri sono stati intensi e i bombardamenti incessanti. In pochi giorni, l’esercito israeliano ha messo Gaza nord sotto assedio e ucciso più di 100 persone, molte delle quali civili, e ha ordinato la chiusura di quasi tutti gli ospedali dell’area colpita. Gli ospedali non solo sono stati costretti a evacuare, ma alcuni di essi sono stati anche direttamente bombardati dalle forze israeliane.
Gli ospedali di Kamal Adwan e l’ospedale di al Adwa, già ridotti al minimo delle loro capacità operative a causa dei danni subiti nei mesi precedenti, sono stati colpiti, nonostante ospitassero centinaia di pazienti, molti dei quali in condizioni critiche. Questi ospedali non sono solo centri di cura, ma rappresentano anche rifugi per sfollati che non hanno più un posto dove andare. Questo quarto attacco che ha posto Gaza nord sotto assedio ha richiesto un ulteriore incremento dell’artiglieria israeliana: sono state infatti chiamate altre truppe in supporto, che in un primo momento si trovavano al Sud della Striscia e lungo il corridoio Philadelphi.
Evacuazioni di massa e crisi umanitaria
L’offensiva non ha solo comportato attacchi militari, ma ha anche scatenato un nuovo ciclo di evacuazioni forzate. Israele ha ordinato a circa 400mila persone di abbandonare le proprie abitazioni nel nord della Striscia di Gaza e di trasferirsi nel sud, in quella che è l’ennesima operazione di trasferimento forzato dall’inizio del conflitto.
La popolazione civile, già stremata da mesi di bombardamenti, è costretta a spostarsi in condizioni disperate, senza la garanzia di trovare sicurezza nei luoghi indicati dall’esercito israeliano. A peggiorare la situazione, i rifugi indicati dall’esercito come “sicuri” non sono esenti da attacchi, come dimostrato dai bombardamenti che hanno colpito anche zone segnalate per l’evacuazione.
Nella giornata di ieri sera, le forze di occupazione israeliane hanno massacrato di nuovo numerose persone che si trovavano nell’ospedale Yemen Al-Sa’id: 17 palestinesi sono stati uccisi e molti altri sono rimasti feriti. I 17 cadaveri si sommano ad un altro attacco delle IOF nella Gaza nord sotto assedio, a Jabalia, in cui altre 60 persone sono state uccise.
Jabalia: epicentro della distruzione
Il campo profughi di Jabalia è diventato uno degli epicentri della devastazione nell’offensiva militare che ha posto Gaza Nord sotto assedio. Prima dell’inizio della piano di genocidio israeliano, ospitava circa 120mila persone, ora è solo un cumulo di macerie. Già assediata due volte nei mesi precedenti, l’offensiva attuale sta portando a una distruzione quasi totale dell’area.
Secondo le autorità israeliane, Hamas ha utilizzato il ritorno di migliaia di residenti a Jabalia come copertura per nascondere miliziani e riorganizzare le proprie attività militari. Questo ha giustificato, agli occhi del governo israeliano, l’intensificazione dei bombardamenti e l’invasione dell’area con truppe di terra.
La nuova offensiva israeliana ha avuto un impatto devastante anche sul sistema sanitario di Gaza. Gli ospedali nel nord della Striscia sono stati costretti a evacuare i loro pazienti, compresi neonati prematuri e persone anziane in condizioni critiche. Il trasferimento di questi pazienti verso il sud della Striscia avviene spesso in condizioni proibitive, con il rischio di essere colpiti durante i bombardamenti. Le ONG e le agenzie internazionali presenti sul posto, come l’UNRWA e Medici Senza Frontiere, stanno cercando di fornire assistenza, ma le risorse sono ormai al limite.
L’UNRWA, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi, ha annunciato la chiusura di tutti i suoi centri di accoglienza, cliniche e scuole nel nord di Gaza. Le scuole, che ormai da tempo non funzionavano più come centri educativi, erano state trasformate in rifugi per gli sfollati, ma la violenza degli attacchi ha reso impossibile mantenere aperti questi spazi. La situazione dell’approvvigionamento idrico è critica: sei degli otto pozzi presenti a Jabalia sono ormai inutilizzabili, aggravando ulteriormente le condizioni igieniche e sanitarie della popolazione.