Sono ormai da anni feste partecipate e colorate che trasformano le strade principali delle città con straripante eccentricità. I gay pride sono divenuti un appuntamento fisso per molti. Sia per coloro i quali della lotta gay, transgender, Lgbt fanno una ragione di vita sia per coloro che simpatizzano o vogliono per un giorno soltanto colorarsi di libertà.
Le strade vengono invase di allegria. L’allegria della lotta e dell’espressione. Non è un popolo arrabbiato quello del gay pride, è un popolo che balla e un popolo che non reagisce con rabbia all’oppressione ancora vigente.
In onore dell’anniversario dei moti di Stonewall, dove tutto ebbe inizio, quest’anno il Piemonte Pride riunisce i 5 Pride della regione, quello di Torino, Alessandria, Asti, Novara e Vercelli. Uniti dagli stessi principi e dalle stesse battaglie, il Pride sconfina ogni anno oltre quei confini mai troppo delineati.
Ancora tante le richieste inascoltate del popolo del Gay Pride
Sono ancora molte le richieste insoddisfatte in merito ai diritti civili e sociali. In Italia, i progressi in questo campo sono scarsi e continuamente minacciati. L’attuale governo si è posto in netta contrapposizione rispetto alle istanze della comunità LGTBQI, manifestandosi difensore di un modello di famiglia non più applicabile alla società odierna. Dal punto di vista legislativo, l’Italia è pressoché sguarnita, eccetto l’incompleta legge sulle unioni civili e la legge del 1982 sul cambio di genere per le persone transessuali.
I Pride danno voce a queste istanze, cui si uniscono quelle di altri gruppi e individui discriminati. Si distruggono muri, si oltrepassano confini al ritmo di una festa. Quale miglior modo di rompere con la quotidianità e i rituali di una città e dei suoi cittadini se non invadendo le strade con ostinata allegria?
Giulia Galdelli