In un paese dove quasi metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà, la ricchezza si misura in grossezza femminile. Mentre in questa parte di mondo, ragazzine si sottopongono a diete – persino estremi digiuni – per sentirsi belle, altre si preparano al matrimonio ingrossando i propri corpi. Un’alimentazione forzata – per questo nota anche come gavage, vale a dire il trattamento che subiscono le oche per il foie gras – che anche in questa parte di mondo, risponde alle pressioni della società.
Le piccole hanno dai 10 ai 17 anni, i loro corpi sono ancora in piena crescita: rotondità ancora invisibili, ma che prenderanno forma lungo il corso del trattamento speciale riservato a queste giovanissime donne. Da queste, le loro madri, le loro famiglie, i loro potenziali mariti – insomma l’intera società – si aspettano ventri abbondanti, visi pieni e morbide cosce. Per raggiungere il prima possibile questi standard – e così assicurarsi un futuro da moglie – la via è una sola: una rigidissima dieta, che nell’arco di due mesi dovrebbe far guadagnare loro come minimo sette chili. Non è un caso che tale pratica – originariamente nota come leblouh (البلوح), ma famosa anche come gavage – venga paragonata al trattamento che subiscono gli animali in allevamento intensivo.
Cè un solo modo per capire pienamente quel che affrontano queste giovani: condividere la loro esperienza.
La giornalista iraniana Sahar Zand ha quindi deciso di provare a vivere una giornata “tipo” durante il gavage: non ce l’ha fatta nemmeno fino a cena.
Siamo in Mauritania: un paese dove quasi la metà della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno, dove circa un terzo soffre di insicurezza alimentare (dati: Programma Alimentare Mondiale), dove l’omosessualità è considerata un crimine – punita con la pena capitale tramite decapitazione in pubblico – e dove tre quarti del territorio sono coperti dal deserto. Eppure quel poco che c’è, le famiglie scelgono di investirlo “per il bene” delle loro figlie; non per istruirle, bensì per nutrirle, e addirittura oltre: renderle grasse, belle, ma soprattutto desiderabili per i loro futuri mariti.
Allestite le tende che per due mesi – in concomitanza con la stagione delle piogge – ospiteranno le giovani sotto la stretta sorveglianza delle loro “nutrici” – spesso le loro stesse madri – si inizia a preparare la colazione: nei pentoloni un litro di latte di cammella – addolcito – per ciascuna, una ciotola di porridge, seguito da couscous; sono già 3000 calorie circa, ci vogliono dalle due alle tre ore per finire tutto, per poi continuare a mandar giù latte fino all’ora di pranzo.
Si suda, si fatica, ma alle giovani sotto gavage aspettano altre 4000 calorie: le madri incalzano il ritmo, minacciano di isolarle dal resto del gruppo se non terminano il pasto. Negli occhi di quest’ultime però si intravede cura e affetto:
“È per il loro bene.”
Alla sera, dopo un altro tajine di riso arricchito di burro, pollo, verdure e frutta secca, si raggiungono le 9000 calorie: cinque volte il loro fabbisogno stimato dall’OMS. E non è tutto: il gavage serve non solo a ingrassarle, a renderle più belle, bensì ad allargare pure i loro stomaci e il loro appetito: così che al termine dei due mesi, il loro introito potrà sfiorare le 16 000 calorie al giorno.
Bellezza a ogni costo, sfidando qualsiasi rischio
I primi segni di malessere appaiono dopo poche ore: vomito – sempre che venga loro concesso di liberarsi – altrimenti dolori alla pancia, mal di testa, mente annebbiata e fatica a rimanere sveglie. Però si va avanti, piatto dopo piatto.
Questi non sono comunque che semplici sintomi: sul lungo termine infatti, la pratica del gavage potrebbe esporre le ragazze a soffrire di malattie cardiache, diabete, complicazioni al fegato e ai reni.
In più, per accelerare il processo e avvicinare le nozze, c’è chi preferisce ricorrere ad altri mezzi: non è raro che le donne facciano uso di farmaci – la cui vendita sarebbe illegale al di fuori delle farmacie, eppure avviene sotto gli occhi di tutti persino fra i banchi del mercato, in mezzo a collane, abiti e spezie – capaci di aumentare la loro massa. Le chiamano “vitamine”, si riforniscono nella capitale Nouakchott su consiglio delle più anziane.
Non tutte però sono d’accordo: una madre che ha perso la propria figlia a causa di questi steroidi, vorrebbe che le altre non seguissero lo stesso esempio. Ma per la bellezza e per il matrimonio si è disposte a tutto: nonostante il rischio, le sorelle conservano gli steroidi in cucina, nascosti.
Quella del leblouh, o gavage, è una tradizione che di fatto appartiene ad alcune aree rurali di Niger, Sud Africa, Marocco, Uganda, Sudan, Kenya, Nigeria; tuttavia, la sua fama è associata soprattutto alle comunità della Mauritania, dove si stima riguardi un quarto delle giovani mauritane. Un tasso che si impenna a tre quarti delle ragazze man mano che si allontana dai centri urbani.
“Voglio essere grassa, non magra… Quando sarò grassa, sarò bella.”
A fare da sfondo, ci sono anche qui la pressione sociale nei confronti delle donne, libertà e diritti negati, valori imposti sin dall’infanzia , e comunque accettati, interiorizzati e considerati come la “norma”.
Quel che stupisce forse, è che a esercitare le maggiori aspettative sono proprio le famiglie delle ragazze: sperano che in questo modo, nessuno penserà di loro che vengano dalla miseria. D’altra parte, additano allo stesso tempo le preferenze dei maschi: sono loro che vogliono donne rotonde, morbide, “comode” compagne di letto.
“Una donna deve essere un po’ grassa, è l’uomo che deve essere magro.”
Non sorprende quindi, che mostrando loro le modelle in passerella che al contrario, si riducono alla fame o al vomito autoindotto per raggiungere un’estrema magrezza, si scateni l’indignazione generale. Unica eccezione l’immagine di Kim Kardashian: lei, con le sue forme, rientra nei canoni della bellezza, ma ancor più della ricchezza, di questo paese.
Alice Tarditi