Garcilaso de la Vega, lo scrittore dal sangue inca figlio di un conquistador

Garcilaso de la Vega fu soldato, scrittore e studioso, cresciuto tra due mondi opposti dei quali era un frutto innocente. Figlio di un conquistatore e di una conquistata, el Inca visse intensamente questa sua natura “ibrida”. Fu uno dei primi meticci di quel Nuovo Mondo che ansimava sotto i colpi inferti dai conquistadores. Le sue opere letterarie lo consegnarono alla storia.

 

FIGLIO DI UNA RELAZIONE “PROIBITA”

Le storie d’amore tra invasi e invasori rappresentano quella goccia d’umanità in dinamiche che spesso di umano hanno ben poco. Grazie al cinema conosciamo Pocahontas, nativa americana che sposò un colono inglese. Poco conosciuta è la relazione tra il nazista Heinz Drosihn e l’ebrea Ingeborg Sylten, dal triste esito shakespeariano.

Praticamente sconosciuta è la relazione tra il soldato spagnolo Sebastián Garcilaso de la Vega y Vargas e la principessa inca Isabel Suárez Chimpu Ocllo. Quella spagnola fu l’invasione per eccellenza: la devastazione che cambiò per sempre il volto dell’umanità, piombando come una falce sulle teste di milioni di persone fino a quel momento ignare del proprio posto nel mondo. Come la storia tristemente insegna, le violenze sugli sconfitti sono parte integrante delle strategie belliche. Riesce difficile credere a normali love stories in luogo di stupri e costrizioni.

La principessa era nipote del sovrano inca Huayna Cápac, colui che estese l’impero a gran parte della costa occidentale sudamericana. La storia di Isabel è menzionata nel romanzo Inés dell’anima mia della scrittrice cilena Isabel Allende. Il libro racconta della spagnola Inés de Suárez, giunta nel Nuovo Mondo dove avrebbe partecipato al seguito dei conquistadores alla presa del Cile, partendo nel 1539 da Cuzco, in Perù.

Il 12 aprile di quell’anno proprio a Cuzco, la principessa diede alla luce Gómez Suárez de Figueroa, nome di battesimo di Garcilaso de la Vega. Frutto del matrimonio con Sebastián Garcilaso, l’unione durò circa dieci anni, fin quando lo spagnolo non cedette alle pressioni politiche per sposare una connazionale. Del ramo paterno faceva parte l’omonimo Garcilaso de la Vega, poeta di nobili origini e soldato che fu al servizio di Carlo V d’Asburgo. Alla morte del padre avvenuta a Cuzco nel 1559, il giovane Garcilaso de la Vega ne esaudì il desiderio di trasferirsi in Spagna.

 

Ritratto di Garcilaso de la Vega

IL FARDELLO DELLE ORIGINI

In terra paterna, Garcilaso de la Vega dovette affrontare il peso del suo sangue misto. Non avendo valore il matrimonio tra i genitori, presentò il suo caso in tribunale per vedersi riconosciuti i diritti spettanti per il servizio militare. Infatti dopo essere entrato nell’esercito, prese parte alla repressione di una rivolta musulmana nell’odierna Andalusia. Successivamente combatté in Italia, dove conobbe il filosofo portoghese Leone Ebreo di cui avrebbe tradotto anni dopo i Dialoghi d’amore.




Vent’anni dopo abbandonò la carriera militare prendendo i voti sacri e dedicandosi profondamente allo studio. Il radicale cambiamento sarebbe dovuto al trattamento subito in quanto meticcio. Origini di cui invece Garcilaso de la Vega andava fiero, tanto da farsi chiamare el Inca, sottolineando il nobile lignaggio. Quest’ultimo gli impedì per sempre di tornare nella terra materna. Tra la seconda metà del XVI e la prima del XVII secolo il vicereame del Perù condivise il destino turbolento del continente americano. Ogni resistenza inca cadde insieme alla testa del sovrano Túpac Amaru, decapitato nel 1572 su ordine degli spagnoli. Una storia di ribellione e morte condivisa anche dal meticcio Túpac Amaru II nel XVIII secolo.

 

Prima edizione dei Commentarios

LE MEMORIE DEGLI INCA E LA MORTE 

Le storie degli Inca andavano raccontante. L’invasione non poteva cancellare anche le storie che avevano reso grande l’Impero del Sole. El Inca le aveva ascoltate nella comunità natia di Cuzco. Le aveva ascoltate dalla bocca della nobile madre. Il sangue dei carnefici spagnoli che scorreva nelle sue vene non avrebbe avuto la meglio su quello delle vittime che ugualmente lo teneva in piedi. Dopo una lunga vita da romanzo, Garcilaso de la Vega scrisse l’opera che lo consegnò alla storia: i Commentari reali degli Inca (Comentarios reales de los Incas).

Pubblicata la prima parte nel 1609 (a pochi anni di distanza da La Florida del Inca), il libro è considerato un capolavoro della letteratura coloniale. La seconda parte fu pubblicata postuma. L’opera racconta in un misto di nostalgia e cronaca la conquista spagnola della terra degli Inca, di cui vengono tramandate le tradizioni e le memorie raccolte dall’autore negli anni. Con la rivolta di Túpac Amaru II, ne fu vietata la stampa dal sovrano spagnolo Carlo III, per evitare che potesse suscitare sentimenti rivoluzionari. Tuttavia il libro circolò clandestinamente.

Lo scrittore morì in Spagna il 23 aprile 1616, a Cordova, nello stesso giorno di Miguel de Cervantes e di William Shakespeare. In realtà il drammaturgo inglese morì dieci giorni dopo, ma pur sempre il 23 aprile, per una coincidenza tra calendario giuliano (allora vigente in Inghilterra) e gregoriano. Per questo il 23 aprile è stato scelto dell’UNESCO per celebrare la Giornata mondiale del libro.

Mario Rafaniello

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