Galimberti e l’educazione sentimentale nell’era della tecnica

Galimberti

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Galimberti afferma che i sentimenti si imparano e sono un prodotto culturale. Dunque si può imparare ad ascoltare l’anima e non considerare i sentimenti come qualcosa di innato ed immutevole.

La letteratura racchiude le infinite sfumature delle emozioni umane. Per Galimberti conoscere è anche il primo passo per affrontare la sofferenza e superare le difficoltà che la vita pone davanti.

La scuola come luogo in cui coltivare il Sé

Galimberti afferma l’importanza di sviluppare il sentimento del sé entro i tre anni di vita del bambino, ma spesso ciò che accade in molte famiglie contemporeanee per ragioni culturali, è la tendenza a minimizzare le attenzioni richieste dai bambini.

I bambini che si pongono la domanda “Perchè?” cercano di comprendere i nessi causa-effetto che vedono nel mondo. E conoscere la risposta può ridurre l’angoscia dell’ignoto, rendendoli più sicuri di sé e della realtà che li circorda. Per il filosofo, i bambini soffrono di angoscie, non di paure.

Il luogo in cui si svolge l’educazione è alla scuola primaria, in quanto ci si occupa del bambino nella sua totalità, interessandosi anche al contesto familiare da cui proviene. Dopo la scuola primaria, per Galimberti, diventa tutto orientato all’istruzione, dunque ai profitti quantificabili senza interessarsi genuinamente al benessere dei ragazzi.

Inoltre, negli ultimi decenni le classi sono diventate numerose, fino ad arrivare a trenta ragazzi. In questo modo non si riesce a vederli e conoscerli davvero perché gli alunni diventano solo un numero. È stato poi integrato nell’istruzione il metodo anglosassone, che ha sostituito la soggettività a favore dell’oggettività. 

Il filosofo evidenzia che nelle classi di oggi non si fanno più temi, ma solo comprensione dei testi perché in questo modo la correzione avviene in modo meccanico e quantitativo, limitando nuovamente l’espressione del Sé dei ragazzi.

Galimberti, durante l’edizione di Filosofarti del 2018, suggerisce di sottoporre i professori ad un test di personalità prima di intraprendere questa carriera, perchè per lavorare nelle scuola è imprescindibile coltivare la dimensione di fascinazione, il carisma e possedere doti comunicative ed empatiche per educare i ragazzi e farli diventare se stessi.

I ragazzi imparano per plagio e fascinazione.

“La scuola dev’essere un gioco della vita, non è una prova di vita.”

L’educazione non è istruzione, ma è far crescere i sentimenti. Mentre non essere seguiti può portare alla depressione e alla sensazione di sentirsi lasciati a sé senza punti di riferimento. Tutto ciò contribuisce a far mancare ai ragazzi uno scopo. 

Il significato greco di scopo significa proprio “vedere”, inteso come guardare in avanti avendo in mente uno scopo o obiettivo. 

Oggi però il futuro non è più una promessa ma, al contrario, si vive nell’incertezza e guardare avanti è diventato una minaccia imprevedibile. Manca la risposta al “Perchè devo stare al mondo?”e per Nietzsche questo implica un nichilismo contemporaneo che porta a vivere passivamente senza essere i protagonisti della propria vita, attendendo che siano sempre gli altri a fare e ad agire. Questo comporta anche un’alienazione dell’uomo contemporaneo che, disorientato, si isola dagli altri, rendendolo ancora più impotente e solo.

“Se uno pretende di vivere solo o è bestia o è dio, non si può esser felici senza relazioni.”

Le conseguenze della società dell’opulenza

Nella società occidentale contemporanea si desidera ciò che non si ha. Il risultato di questo è che non si raggiunge l’età adulta nemmeno a trent’anni. Le dinamiche che avvengono nella società dell’opulenza, come la chiama Galimberti, portano ad una castrazione del desiderio, che diventa senza meta. Ogni senso di colpa vissuto viene soppresso dai beni materiali. 

Tuttavia, il desiderio si alimenta solo con la mancanza: è proprio questa spazio che ci separa dall’obiettivo che ci conduce alla rivoluzione e al cambiare ciò che si ha. I figli della società della gratificazione, a cui manca uno scopo, non vogliono cambiare più nulla.

Educare ai sentimenti

Viviamo di sentimenti e di pulsioni. Quest’ultime sono irrazionali e costituite solo dal gesto, senza emozioni. Dopo aver messo in atto una pulsione, è solo grazie alla risonanza emotiva che si può comprendere da sé la differenza tra bene e male ed evitare l’apatia della psiche. 

Oggi, tuttavia, secondo Galimberti manca la risonanza emotiva per controllare le proprie pulsioni. Perchè questa non si forma? La società si è adagiata al modello americano che costringe i bambini a fare cose eccessive, li rende costantemente imopegnati e orientati agli stimoli e ai profitti. Questo genera, già in tenera età, angoscia e abbassa la soglia percettiva della psiche.

Ci si trova nell’epoca delle passioni tristi, in cui si vive un costante disagio che non si sa esprimere e la sofferenza non si riesce ad identificare perchè non si conoscono i propri sentimenti. Nelle società primitive c’era una maggiore consapevolezza delle emozioni perchè si raccontavano miti oralmente: in questo modo si imparavano gli ordini sentimentali. Si raccontavano storie anche indicibili, proprio per conoscere il male. Oggi la famiglia contemporanea spesso tralascia questo aspetto ed i bambini crescono senza una netta distinzione tra bene e male, non sviluppando la risonanza emotiva.

Freud affermava: 

“Troppo comodo raccontare i bambini solo le cose che vanno bene, perché poi la prima volta che qualcosa che va male non sono attrezzati a capire cosa sta succedendo.”

La funzione della letteratura per Galimberti

La letteratura, per il filosofo, assume una funzione salvifica per l’uomo contemporaneo che rischia di abissarsi nell’apatia. È proprio in quei romanzi ed in quelle poesie che possiamo sapere cos’è l’amore, l’odio, il suicidio, la passione, la noia. Tutte le sfumature, le forme e le declinazioni dei sentimenti sono raccolte lì: è la letteratura che ci orienta nel mondo e ci allontana dall’angoscia, insegnandoci a districarci dalla sofferenza. Se questa conoscenza emotiva non avviene, i soggetti soffrono e non sapranno mai di che cosa. Non conoscendo l’origine del dolore, di conseguenza non si sa come affrontarlo.

Dentro la letteratura si può anche imparare ad amare. L’amore fa conoscere, perchè rende possibile la capacità di riconoscere lo spessore di significato che si cela dietro le parole altrui. Solo allora diviene possibile comprendere gli altri appieno, entrando in contatto con la parte di sé più intima e profonda.

Valentina Volpi

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