Qualcuno storcerà il naso leggendo il titolo di questo articolo. Tuttavia, è necessario iniziare a parlare di come, fin troppo spesso, atteggiamenti considerati galanti altro non sono che la manifestazione di un tipo di sessismo mascherato da cavalleria: il sessismo benevolo.
Aprireste la portiera anche a un uomo? Se la risposta è sì, allora non avete nulla da temere. Ma se la risposta è no, forse un problema c’è e va risolto.
Il “sessismo ambivalente”
Nel 1996 Peter Glick e Susan Fiske, due studiosi americani, hanno elaborato il concetto di “sessismo ambivalente”, formato da due componenti: il sessismo ostile e il sessismo benevolo.
Il sessismo ostile è più semplice da riconoscere, in quanto si manifesta attraverso atteggiamenti dichiaratamente aggressivi nei confronti delle donne. Discriminazioni, comportamenti misogeni, stereotipi e pregiudizi, violenza. Chi mette in pratica questo tipo di sessismo considera la parità e l’uguaglianza di genere come qualcosa da contrastare. Un attacco all’ordine sociale esistente e alla presunta superiorità dell’uomo rispetto alla donna.
Il sessismo benevolo, al contrario, è più difficile da scorgere e viene scambiato, nella maggior parte dei casi, per galanteria. È fatto di comportamenti apparentemente positivi e, dunque, percepiti come tali. Si tratta di una forma di sessismo sottile e non manifesto.
Chiariamo meglio.
Secondo Glick e Fiske, il sessismo benevolo si rivela attraverso una serie di convinzioni e atteggiamenti protettivi nei confronti delle donne poiché ritenute pure, innocenti, sensibili e fragili. Pur essendo apparentemente positivi, tali convinzioni e atteggiamenti giustificano – alla stregua del sessismo ostile – la posizione subalterna della donna rispetto all’uomo.
Come agisce il sessismo benevolo?
Avete mai sentito dire che le donne sono tutte principesse? O che le donne sono meravigliose, addirittura superiori agli uomini, poiché più gentili e premurose? Ecco, il sessismo benevolo agisce esattamente così.
Da un lato vi è l’esaltazione della donna che rispetta i tradizionali ruoli di genere. La donna che si presenta soprattutto come moglie e madre viene posta su un piedistallo e idealizzata. Viene considerata pura, angelica.
Dall’altro lato vi è la convinzione che all’uomo spetti il compito di proteggerla. Un po’ come se si trattasse di una specie in via d’estinzione. Vige così una concezione paternalistica in base alla quale la donna non è un’adulta a tutti gli effetti, ma una ragazzina indifesa da guidare, preservare e, soprattutto, controllare.
Cosa succede se una donna devia dalla norma e si discosta dallo stereotipo? A questo punto interviene il sessismo ostile: attacchi, discriminazioni, offese.
Prevale una valutazione fortemente negativa nei confronti delle donne che tentano di allontanarsi dal ruolo che la società ha attribuito loro. Donne così hanno qualcosa che non va e questo non è accettabile. Stanno forse tentando di usurpare il potere maschile? È per questo che Glick e Fiske parlano di sessismo ambivalente: perché i due tipi di sessismo agiscono in modo complementare.
Le conseguenze
Così come il sessismo ostile, anche il sessismo benevolo contribuisce ad affermare e mantenere una struttura patriarcale della società. Le donne, viste appunto come esseri superiori, sono deumanizzate, quasi santificate. Pertanto viene negata loro la possibilità di sbagliare o di nutrire emozioni negative. Ma soprattutto viene negata loro la possibilità di compiere le loro scelte di vita, come ad esempio quella di non diventare moglie o madre.
La presunta superiorità della donna, dunque, altro non è che un tentativo di controllarla, farla stare al proprio posto, il posto che la società androcentrica e patriarcale ha scelto per lei.
Ma perché questo tipo di sessismo è subdolo e sottile? Perché questa forma di controllo funziona così bene? Perché, in molti casi, le donne vittime di sessismo benevolo non si accorgono di esserlo.
Un uomo che apre la portiera a una donna, che la fa passare per prima davanti a una porta, che le paga la cena, non è considerato sessista, ma un galantuomo.
Siamo talmente abituate ai “valori di una volta”, quelli che “non ci sono più” (ma che ci sono ancora, eccome se ci sono), da non avere gli strumenti adeguati a riconoscerli e percepirli come negativi per la nostra autodeterminazione.
Ed è così che le disuguaglianze di genere persistono e si radicano in ogni ambito della vita pubblica e privata.
Da alcuni studi emerge poi come le donne maggiormente esposte al sessismo benevolo siano meno disposte a lottare per i diritti e la parità di genere.
Ebbene, sulla base di queste considerazioni, si può ora rispondere alla domanda di partenza in modo chiaro e netto: aprire la portiera a una donna è sessismo, non è galanteria.
Federica Fiorello