Il 2 maggio, giorno dell’intervista, Gabriele, conosciuto sui social come honestlygab_, festeggia i suoi 8 anni da persona che ha intrapreso l’alimentazione vegetale. Attraverso la sua esperienza da persona vegana, Gabriele ha maturato non solo una profonda comprensione delle sfide e delle opportunità legate a questo stile di vita, ma anche una chiara visione della sua missione sui social. La sua storia non è solo una testimonianza individuale, ma anche un invito a riflettere sulle scelte alimentari, sull’importanza delle relazioni umane e di come queste diano la possibilità di confrontarsi sugli obiettivi e i risultati dell’alimentazione vegetale. In questa intervista, Gabriele condivide la sua esperienza con franchezza e passione, continuando a ispirare non solo coloro che già seguono un’alimentazione vegetale, ma anche coloro che sono aperti a esplorare nuove prospettive.
È davvero un piacere avere l’opportunità di intervistarti. Iniziamo con una tua presentazione, così che i lettori e le lettrici di Ultima Voce possano conoscerti e sapere di cosa ti occupi sui social. Qual è il tuo obiettivo sui social?
Mi chiamo Gabriele, ho 23 anni. Nasco in un paesino dell’entroterra siciliano. Otto anni fa ho iniziato a seguire un’alimentazione vegetale. Ho sempre avuto una forte esigenza di comunicare con le persone, quindi l’ho sempre fatto con i mezzi che avevo. Di solito si pensa che, scegliendo un’alimentazione vegetale, si salvino delle vite, però, secondo me, questa cosa è arrivata nella mia vita per darmi uno scopo in più.
Ho sempre avuto quest’esigenza di comunicare, ma non sapevo in quale ambito. Trovare un motivo per il quale comunicare mi ha salvato, secondo me. La mia missione sui social è quella, innanzitutto, di normalizzare il veganismo ma anche quello di portare la mia storia personale e far capire che, sì, parlo di quello ma non è l’unico tratto della mia personalità. Sono anche tante altre cose. Oltre a normalizzare il veganismo, il mio scopo è quello di evitare che altre persone si sentano sole, cercando di creare dei rapporti umani.
La scelta di Gabriele dell’intraprendere un’alimentazione vegetale è nata a seguito di un desiderio di sperimentazione. Col passare del tempo, informandosi e confrontandosi sempre di più con altre persone, decide di adottare un’alimentazione vegetale. Questo cambiamento non ha influenzato solo la sua alimentazione, ma anche la sua visione del mondo e il suo rapporto con gli animali, l’ambiente e la salute.
Con il tempo, Gabriele ha sviluppato una forte convinzione nel potere trasformativo del veganismo, non solo a livello personale, ma anche come strumento per promuovere una maggiore consapevolezza e compassione nel mondo. La sua esperienza personale con l’alimentazione vegetale è diventata un’ispirazione per molte persone che lo seguono sui social, dimostrando che anche una singola scelta può avere un impatto significativo sulla vita degli altri e sul pianeta nel suo insieme.
Durante il tuo percorso d’informazione che ti ha spinto sempre più verso l’alimentazione vegetale, quali sono stati i miti più comuni, associati a quest’ultima, in cui ti sei imbattuto? Come li hai affrontati e li affronti tutt’ora?
All’inizio facevo molta fatica, perché mi sembrava di lottare contro i mulini a vento, poiché ero solo in questa battaglia. Mi è capitato di farmi gaslighting da solo, di pensare: “Gabriele, se tutti la pensano in un altro modo, forse sei tu che sei esagerato”. Mi sentivo una voce fuori dal coro. Invece, col tempo e con pazienza, ho capito che le persone, quando ti vedono sicuro di una scelta, tendono di meno a metterla in discussione. Quando la mettono in discussione, non si ha comunque alcun dovere morale nell’istruirle; se c’è educazione e una curiosità genuina a riguardo va benissimo, ma altrimenti ho capito che non è mio compito.
Inoltre, ho capito che la radice di tutte queste domande provocatorie è sempre la stessa: le persone percepiscono che chi sceglie un’alimentazione vegetale si sopraelevi, pensano che ci crediamo migliori perché abbiamo preso questa scelta e, di conseguenza, cercano di farci una caccia all’incoerenza.
Tra i falsi miti più comuni sull’alimentazione vegetale ci sono quelli relativi alla soia come causa di deforestazione, ma non è la soia che mangiano i vegani a causare ciò; è quella che mangiano gli animali negli allevamenti intensivi. La soia, che è il mangime più diffuso per nutrire gli animali, viene coltivata per loro in gran quantità e questo causa dei danni all’ambiente, sia perché gli allevamenti occupano degli spazi, sia perché si crea una vera e propria agricoltura intensiva per soddisfare l’inevitabile bisogno degli animali che sono costretti a vivere in quelle condizioni che gli imponiamo per un nostro tornaconto personale.
Come tutte le persone che hanno scelto di seguire un’alimentazione vegetale sanno, le etichette dei prodotti alimentari sono ingannevoli. Tante persone che non seguono un’alimentazione vegetale, leggendo “uova di galline allevate all’aperto”, associano a ciò un’idea positiva o comunque più positiva rispetto a quella che hanno relativa alle galline tenute in gabbia. Cosa risponderesti, dunque, a chi ti chiede: “Ma perché non consumi nemmeno le uova”? Oppure: “Ma nemmeno quelle comprate dal contadino?”
Per me gli animali non sono cibo e non sono un distributore di cibo, quindi anche se mi dicono: “Conosco un contadino che le tratta benissimo”, quelle galline sono state comunque comprate, quindi coloro che seguono un’alimentazione vegetale non solo non mangiano gli animali, ma non vogliono contribuire all’acquisto di qualcuno che non dovrebbe essere comprato. Inoltre, non si tratta di un patto del tipo: “Io ti tratto bene e poi alla fine ti uccido”; non mi devono nulla per convivere con me.
Per quanto riguarda le etichette: sì, siamo tutti vittime del marketing; quando vediamo scritto “galline allevate a terra” vuol dire semplicemente che non ci sono le gabbie, ma sono comunque allevate in dei capannoni, a terra, dove muoiono sulle loro feci, dove il loro petto cresce a dismisura per gli ormoni che ricevono e non riescono a stare nemmeno su due zampe.
Le condizioni non sono poi così tanto migliori rispetto a come si vuole far credere.
Assolutamente no, e nemmeno negli allevamenti cosiddetti estensivi. Viviamo in un’epoca così privilegiata; mi sembra scioccante dire: “Siamo cresciuti così”. Hai un telefono, sei vestito, quindi l’evoluzione non è solo quando ci conviene.
Non potrei essere più d’accordo. La preoccupazione principale delle persone che non si avvicinano all’alimentazione vegetale deriva dalla disinformazione relativa ai rischi per la salute derivanti da quest’ultima. Cosa vorresti dire ai lettori e alle lettrici a riguardo? In che modo l’alimentazione vegetale influenza la tua salute?
Vorrei dire che un’alimentazione vegetale ben bilanciata ti dà tutti i nutrienti necessari. L’unica cosa da integrare è la B12. È vero che c’è molta disinformazione a riguardo, però è anche vero che nel 2024 si sa che la carne non è proprio un’ottima opzione. Avvicinandoti a uno stile di vita vegano ti ritrovi ad avere un’educazione alimentare più ampia, ma basta avere la base di educazione alimentare per capire che si può fare e che i prodotti animali non sono un toccasana.
Tra l’altro non è detto che la B12 debbano assumerla solo coloro che hanno scelto di seguire un’alimentazione vegetale. Ci sono tantissime persone non vegane che hanno bisogno di integrarla.
Certo, conosco persone che mangiano carne e dalle analisi si deduce che c’è una carenza di B12. Può succedere a qualcuno che segue un’alimentazione vegetale, così come può succedere a una persona che mangia carne e derivati. Ovviamente devi starci più attento, se mangi poca carne o non ne mangi, però chi non segue un’alimentazione vegetale non è escluso da questo rischio e hanno comunque bisogno di fare dei controlli.
Hai degli amici o familiari che non seguono un’alimentazione vegetale?
La mia vita di tutti i giorni è fatta di persone non vegane. Grazie alla community che ho creato e ad altre persone che fanno il mio lavoro, che poi sono diventati amici, conosco persone che seguono un’alimentazione vegetale, ma le persone della mia vita quotidiana non sono vegani.
E come incoraggi queste persone ad avvicinarsi all’alimentazione vegetale? Ammesso che tu lo faccia, poiché, come dicevano prima, non è necessariamente compito tuo.
Con il mio buon esempio. Per quanto mi piacerebbe tantissimo che delle persone che reputo sensibili facessero questo step in più, non è mio compito e so che le allontanerebbe se li forzassi. Mi limito a far provare dei nuovi prodotti e a far vedere il mio lavoro. Sono tutti molto consapevoli adesso, c’è chi si sta avvicinando e chi no.
E cosa consiglieresti, invece, a chi ha come obiettivo quello di comunicare i benefici dell’alimentazione vegetale? Cosa credi potrebbe spingere le persone ad avvicinarsi all’alimentazione vegetale?
Ultimamente ho visto un documentario, Food for profit; parla della correlazione tra i nostri soldi e il finanziamento degli allevamenti intensivi che sono un danno da un punto di vista sociale e ambientale sia perché assumono delle persone che sono, da un punto di vista economico, non privilegiate e che vivono in un ambiente tossico, sia perché gli insaccati di carne rossa sono un cancerogeno di tipo 1. Le persone che vivono vicino agli allevamenti intensivi sono disperate perché c’è una puzza terribile, una qualità dell’aria pessima. Immagina lavorare in questo ambito.
Per rispondere alla domanda: secondo me, dipende dall’indole della persona; se quella persona è più interessata dal punto di vista della salute, si sa che la carne non fa bene. È essenziale informarsi e toccare il tasto che per le persone è più importante; siamo tutti diversi, c’è chi può essere convinto più facilmente dal discorso ambientale, chi invece più dal discorso sul benessere animale o della propria salute. Inoltre, è importante rendersi conto che si ha la scelta di non contribuire con il proprio portafoglio e dire: “No, non voglio finanziare questo”. Una cosa che mi sono sempre chiesto è: “Come si fa a quotare il prezzo di una vita?”
Purtroppo spesso non c’è questa associazione tra quello che paghiamo e quello che ci arriva nel piatto. Non si pensa al fatto che si tratti di una conseguenza delle nostre azioni, perché siamo cresciuti in una società che ha completamente distrutto il ponte tra gli animali non umani e ciò che mangiamo. Cosa pensi possa aiutare le persone ad avvicinarsi a un’alimentazione vegetale e a superare questa dissonanza cognitiva?
Dicono che se gli allevamenti avessero le pareti di vetro saremmo tutti vegani, ma questo non accadrà mai. Quindi, qualcosa che potrebbe aiutare le persone a superare questa dissonanza cognitiva potrebbe essere andare in un rifugio per animali.
Spesso si ha la bistecca sul tavolo mentre si accarezza il cagnolino sotto il tavolo. Alla fine entrambi hanno due occhi, entrambi provano emozioni, però si tende ad allontanarsi emotivamente da ciò che c’è nel piatto, perché la si vede solo coma una bistecca di carne e non come un individuo. Però, secondo me, andare in un rifugio, conoscere le storie, i caratteri degli animali, potrebbe aiutare. Poi non è detto che le persone siano così empatiche, e non ne faccio nemmeno una colpa; ci sono tante persone vegane che sono vegane per logica, non perché provano tenerezza per gli animali; nonostante ciò li rispettano e rispettano il loro diritto di vivere.
Inoltre, le persone che prendono questa scelta non ci pensano 24 ore su 24. Ovviamente io so che non voglio contribuire a quella sofferenza, ma non mi serve guardare le immagini degli allevamenti intensivi ogni secondo.
Esatto. Tempo fa ho guardato un TedTalk di Melanie Joy intitolato How vegans can create healthy relationships and cummunicate effectively, nel quale spiega che “gli animali non hanno bisogno di persone traumatizzate, ma di persone consapevoli e informate”. Sono molto d’accordo con quest’affermazione, perché credo sarebbe controproducente il contrario e rischierebbe di danneggiare l’obiettivo primario: quello di portare avanti la causa vegana con lucidità.
Sì. L’importante è tenersi informati, ma, allo stesso tempo, tutelare la propria salute mentale. Questa deve essere una priorità.
Spostando la conversazione verso la percezione pubblica nei confronti del veganismo: è nota a tutti e tutte la notizia dell’influencer condannato a otto anni di carcere che ha imposto a suo figlio neonato di nutrirsi solo con l’energia solare. Ci sono tanti articoli che presentano la notizia scrivendo: “Influencer vegano lascia morire suo figlio”. Cosa ne pensi della scelta di specificare che seguisse un’alimentazione vegetale?
Da una parte non biasimo, perché comprendo che ci sia il bisogno di trovare un aggancio, qualcosa che spinga a cliccare su quell’articolo e permetta di arrivare a più persone possibili, ma credo che non far prevalere l’etica nel proprio lavoro, a lungo andare, non faccia bene a un professionista. Il fatto che lui seguisse un’alimentazione vegetale, anche se alla fine si è scoperto che non è mai stato così visto che mangiava la carne all’insaputa di tutti, non c’entra.
È uguale a quando si specifica la nazionalità di un criminale, nel momento in cui non è italiano o comunque non appartiene a un gruppo di persone privilegiate. Il popolo viene aizzato da questo tipo d’informazione e ciò non fa bene alla causa. Non pretendo che per ogni giornalista questa causa sia una priorità, però credo bisognerebbe comunque far prevalere l’etica.
Una frase molto importante a riguardo è quella presente nel video di SimoneTalks dedicato a questa notizia: “Si specifica l’attributo solo se contribuisce all’accaduto”.
Tante persone che non seguono un’alimentazione vegetale negano che ci sia un collegamento tra l’alimentazione carnivora e l’impatto ambientale negativo. Entrambi sappiamo che l’alimentazione vegetale è la chiave per un futuro più sostenibile, in quanto l’industria della carne, oltre a portare avanti pratiche prive di umanità e piene di orrore nei confronti degli animali non umani, è l’industria che ha l’impatto ambientale negativo maggiore. Cosa vorresti dire ai nostri lettori e lettrici a riguardo? E in che modo pensi che il veganismo possa contribuire alla sostenibilità ambientale e alla riduzione dell’impatto negativo ambientale causato dagli allevamenti intensivi?
Quello che dico ai lettori è di informarsi autonomamente da diverse fonti neutrali e di farsi una propria idea. Detto ciò, è innegabile che dietro gli hamburger che si mangiano, c’è uno spazio impiegato per gli animali e non sarebbe così in natura, c’è un sovrappopolamento, c’è un’emissione di CO₂ davvero importante e gli allevamenti intensivi contribuiscono all’inquinamento più di tutti i mezzi di trasporto messi insieme.
Dietro un hamburger ci sono tante cose che non vediamo: litri e litri di acqua per il mangime, tanto spazio occupato dagli allevamenti intensivi… non è necessario solo soffermarsi sull’etichetta green ma cercare di farci un’idea. Per quanto riguarda l’impatto del veganismo: questo ti offre, per ben cinque volte al giorno, di fare una scelta più sostenibile.
Gabriele continua la sua riflessione evidenziando un importante aspetto relativo alla demonizzazione dei contenitori di plastica nel contesto del cibo vegano. Sottolinea che non ci si dovrebbe trovare in una posizione di forzatura per raggiungere la perfezione, piuttosto si è spinti a fare del proprio meglio per adottare scelte più sostenibili.
Questo punto è cruciale, poiché spesso vi è una pressione sociale che suggerisce che coloro che adottano un’alimentazione vegetale debbano essere esemplari in tutti gli aspetti della loro vita, creando un’aspettativa irrealistica e frustrante. Invita, quindi, a considerare il quadro generale e a concentrarsi sul progresso verso uno stile di vita più ecologico e compassionevole, anziché sull’atteggiamento autodistruttivo di perseguire la perfezione assoluta.
Per quanto riguarda la percezione che spesso si ha dei vegani: oramai è diventato virale il video di Antonella Clerici che dichiara che un uomo che segue un’alimentazione vegetale non potrebbe mai fare al caso suo, perché potenzialmente noioso a letto. Dichiara: “Cosa me ne faccio di un uomo che mangia l’insalatina o che scarta il grasso dal prosciutto?”. Cosa pensi di queste sue affermazioni? E, secondo te, cos’è che rende automatico, per le persone che la pensano come lei, l’associazione tra persona vegana e persona noiosa?
Penso che non conoscano abbastanza vegani e si aggrappano a uno stigma. Siamo persone che hanno fatto una scelta, ma siamo delle persone che vivono la vita di tutti i giorni. Se associano al vegano una persona triste, che non va a cena con gli amici, è ovvio che alcuni abbiano una visione unilaterale, limitata. È un pensiero indotto dalla società. Spero che le persone che la pensano come Antonella Clerici siano davvero poche. Tante persone non vegane hanno riconosciuto l’assurdità di questa affermazione. Tra l’altro, posso comprendere che lo pensi una persona che ha zero informazioni a riguardo, ma da una persona che lavora in cucina?
Una persona che lavora in cucina e in televisione. Non essere informati su questi argomenti e ascoltare quei commenti in televisione, non fa altro che contribuire alla disinformazione e questa non fa altro che aumentare la nostra dissonanza cognitiva, portandoci a compiere azioni che non sono allineate con i principi che professiamo di avere. Un esempio di questo è ciò che è successo durante i festeggiamenti per la vittoria dello scudetto dell’Inter: una mucca è stata dipinta di nero e blu ed è stata portata in piazza Duomo in mezzo a persone urlanti. Cosa ne pensi a riguardo?
Mi dispiace pensare che, probabilmente, l’avrebbero fatto anche con il proprio cane. Non credo l’avrebbero dipinto, ma l’avrebbero portato in un ambiente rumoroso, pieno di stimoli, un ambiente ostile all’animale; è una cosa crudele alla quale molti non fanno caso.
Per quanto riguarda la mucca, penso che l’abbiano ridicolizzata, che non fosse una cosa necessaria, ma questo l’hanno capito tantissime persone non vegane. Come si può pensare di prendere un essere senziente e portarlo in un posto pieno di stimoli, rumori, con la vernice, che è tossica, sull’animale? Non ci si riesce a divertire senza fare del male a qualcuno? Secondo me non avranno pensato più di tanto, perché una persona che ci pensa non dovrebbe fare una cosa del genere. Credo che non ci abbiano pensato, ma allo stesso tempo, credo che, anche se ci avessero pensato, l’avrebbero fatto comunque.
Quali sono i profili social, oltre al tuo, che consiglieresti a una persona che ha voglia di avvicinarsi all’alimentazione vegetale? Non necessariamente per abbracciarla, ma anche semplicemente per comprenderla. Quali sono quei profili che permettono di connettersi con gli animali non umani e che dimostrano la loro capacità di provare emozioni? Visto che spesso si nega o non si pensa agli animali come a degli esseri viventi in grado di provarle.
Per quanto riguarda quelli che mostrano le condizioni degli animali sicuramente non.umana, che si occupa di indagare all’interno dei famosi allevamenti del contadino e allevamenti estensivi, mostrando tutta la crudeltà che c’è dietro. Per avvicinarsi a uno stile di vita vegan: tutti i creators della Vu gang, un progetto che include diversi creators che si occupano di ambiti diversi; c’è chi fa ricette, chi parla di sostenibilità. Inoltre, essereanimali, ioscelgoveg e ovviamente la dottoressa Silvia Goggi, dal punto di vista della nutrizione.
Sicuramente anche Charley e Anna. Attraverso il loro profilo è possibile avvicinarsi anche ad animali che, solitamente, non vengono considerati come i cani e i gatti.
Certo, loro sono soprattutto seguiti da onnivori e sono perfetti per superare la dissonanza cognitiva.
È interessante pensare a come la maggior parte delle persone che seguono Charley e Anna siano coloro che non seguono un’alimentazione vegetale. Ciò dimostra che alla base dell’essere umano ci sia la tenerezza e la compassione anche verso quegli animali che non sono comunemente considerati “animali da compagnia”, ma che vengono percepiti esclusivamente come cibo. In molte occasioni, il nostro istinto ci porta a provare empatia e compassione verso chi è intrappolato in condizioni di vita indecenti. A volte, però, questa compassione viene strappata, silenziata, seppellita da tutto ciò che nel tempo abbiamo imparato a considerare “normale”.
Sì, secondo me ognuno di noi ha dei pregiudizi interiorizzati. Sta a noi cercare di decostruirli. Chi mangia carne non è una cattiva persona perché, come dici tu, alla base di quasi tutti c’è l’empatia, ma siamo abituati a vederla come una cosa così normale che non ci poniamo nemmeno il problema. Il lavoro delle persone che ti ho citato e del singolo individuo che porta a tavola questa scelta, o anche al di fuori dal contesto alimentare, poiché il veganismo non è solo cibo, è fondamentale, perché ti fa capire che se inizi questo percorso non sei da solo.
Verso la fine dell’intervista si fa una riflessione significativa sul ruolo del veganismo come strumento per contrastare la disinformazione. Attraverso il veganismo e le scoperte dovute all’avvicinarsi a un’alimentazione vegetale, si mette in atto una sorta di opera di pulizia da tutte le credenze causate dalla disinformazione. La compassione è spesso silenziata o nascosta dalle influenze esterne, dalla mancanza di informazioni complete e da una quotidianità che ci abitua a considerare normali e necessarie delle pratiche crudeli che non si allineano con i valori che professiamo. Per questo, è essenziale riflettere sull’importanza di avvicinarsi a un’alimentazione vegetale per riconoscersi nella capacità di provare empatia verso coloro che sono ancora vittime della nostra dissonanza cognitiva.