Di Maurizio Martucci
Luigi Spaccarotella, Ve lo ricordate ?
Padre di Rifondazione Comunista, varesino origini calabre, fu la Polizia Stradale di Battifolle (Arezzo) in quel di Badia Al Pino, pistola in pugno, gambe divaricate come al poligono di tiro. Un colpo secco.
Da una corsia all’altra, l’apertura di tutti i Tg e prime pagine di giornale: l’uccisione di Gabriele Sandri, giovane Dj romano a bordo di un auto in movimento.
Nessuna faida ultras tra laziali e juventini, fu delitto dell’Autostrada del Sole: era l’11 Novembre 2007, nove anni fa, l’Italia sembrò sprofondare nella summa insurrezionale di un ‘48+’77, rabbia generazionale contro caserme di Stato assaltate, stadi asserragliati, città in fiamme e persino un supplemento di sicurezza richiesto d’urgenza al Quirinale, tanto il terrore di una feroce presa della Bastiglia per l’incontenibile rabbia giovanile.
Radiato dalla Polizia, oggi Luigi Spaccarotella è un detenuto. Sommato al danno d’immagine inferto ai reparti (al tempo) di Manganelli, alle casse pubbliche (cioè a tutti noi) quel colpo di pistola c’è costato 3,1 milioni di euro (metà da compensare dal detenuto, come?), il risarcimento del Ministero dell’Interno alla famiglia della vittima per una tragicamente vita spezzata. Oggi l’ex poliziotto, solo transitato nel carcere di Siena, sconta la pena nella casa circondariale militare di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) grazie ad un tecnicismo: dopo la sentenza definitiva di condanna per omicidio volontario, Luigi Spaccarotella si costituì prima della deposizione degli atti da parte della Suprema Corte di Cassazione, formalmente ancora da agente sospeso, non espulso. Scampato alla detenzione civile, certamente più affollata e dura (ce lo vedreste ora a Rebibbia o Poggio Reale?), di Spaccarotella-mediatico si sono perse le tracce, comprese le comparsate per strategia difensiva: un’intervista su Rete 4 a volto oscurato e rosario in mano (simbolo d’un pentimento sulla via di Damasco: fu vera reprimenda culpa?), una macabra passerella fotografica sul luogo del delitto per l’Espresso, qualche pensierino confuso rilasciato qua e là … e poi la rivelazione choc di Mattia Lattanzi su Visto, magazine patinato sfuggito persino a quanti nel processo avrebbero voluto sentirgli dire qualcosina in più: “Ha minacciato spesso di uccidere anche me. Mi diceva ‘ti faccio fuori, vengo con la pistola e ammazzo te e tua madre’..”.
Certo è che mamma e papà Sandri stanno ancora aspettando una lettera di lacrime (si disse) di stanza in Vaticano (strano per una missiva da semplice bollo prioritario, mai giunta in Balduina). Di Luigi Spaccarotella si è saputo poco perché in pochi ritennero doveroso investigare sul caso senza tentennanti equilibrismi redazionali: non ci volle sporcare le mani. Questa la verità! E al netto di una colletta improvvisata da un parroco aretino (in cifre decimali l’incasso) e di corporativistica solidarietà emotivo/estemporanea (pensate: spingendosi più del ‘solito’ sindacato di mutuo soccorso, il dipendente comunale fiorentino querelante Renzi Sindaco voleva denunciare pure Giorgio Sandri!), nessuno ha cercato di scovare il ‘movente sottile’ dietro quel colpo di pistola esploso in piena luce del sole.
Cioè: perché di domenica, poco dopo le 9 del mattino, un agente appena entrato in servizio, ragionevolmente lucido, si sarebbe dovuto limitare nell’adoperarsi al meglio per fermare/identificare la macchina contro cui stava inveendo (sarebbe bastato annotare la targa dei fuggiaschi, avvertendo la pattuglia ‘staffetta’ al primo casello utile, essendo notoriamente l’A1 con uscite d’obbligo!), preferì invece estrarre l’arma d’ordinanza dalla fondina, correre sul punto più favorevole di visuale, puntarla ‘professionalmente’ contro una macchina in transito con cinque occupanti a bordo (che, per altro, nel momento letale impattava pure su una grossa cisterna di gas …. sai che botto se l’avesse presa!!), esplodendogli un colpo, fatale per l’incolpevole Gabbo?
Per la cronaca: quando personalmente seguii il primo processo nel tribunale di Arezzo, vox populi (rumors ‘locali’) sussurravano insistentemente di precedenti inquietanti, attribuendo all’allora ‘imputato statale’ episodi poco edificanti, mimetizzati nel silente sottobosco toscano, verosimilmente compatibili con le velate minacce più tardi svelate dall’ex marito della compagna di Spaccarotella. C’era del vero?
Allora: chi è l’assassino di Gabriele Sandri?
Un rambista ossessionato dalla vendetta in stile fai da te?
Uno col chiodo fisso, per la liberalizzazione della pallottola come nel far west?
Oppure, come provò a scrivere il garantista Piero Sansonetti su Calabria Ora, un povero disgraziato che ha commesso una grossa cazzata, molto più grande di lui?
Oppure, oppure ancora qualcos’altro che ancora non sappiamo?
E che non si è mai saputo?
Già, perché ricevuti i galloni, gli agenti di pubblica sicurezza non sono richiamati in periodici test psico-attitudinali o esami tossicologici (auspicabili per lo meno in casi/ipotesi di implicazioni per gravi fatti di sangue, come l’omicidio Sandri), che avrebbero potuto svelare all’opinione pubblica e magistrati stato d’animo e condizioni psichiche di chi – esattamente 9 anni fa – in servizio per lo Stato uccise incomprensibilmente Gabriele Sandri, distorcendo arbitrariamente le regole d’ingaggio per l’uso dell’arma da fuoco.
Di tutto quel polverone, adesso che resta? Le sbiadite foto di un esterno giovane Dj ricordato costantemente negli stadi e il video postato su Youtube del dito medio a favore di telecamera di un ex poliziotto.
Il saluto in grande stile di Luigi Spaccarotella nell’ultimo viaggio a bordo di una gazzella dei Carabinieri.
L’atto finale con toni teatrali di una tragedia drammatica, franata sotto il peso delle stesse bugie su cui era stata fragilmente edificata.
In attesa che espiazione della pena e percorso riabilitativo in stato di diritto, al termine dei 9 anni e 4 mesi di reclusione (previo semilibertà e sconti di pena all’orizzonte?) ci restituiscano un uomo capace (almeno) di bisbigliare (se non propriamente dire):
“Si, adesso ho capito, ho sbagliato!”. Allora si, silenzio e sipario calato. Ma, per favore, senza quel dito medio. ‘Affanculo’ noi non ci vogliamo andare.