Momento storico indimenticabile per i diritti degli animali: l’eliminazione delle gabbie negli allevamenti diventa finalmente realtà.
Il 30 giugno l’UE ha espresso il suo impegno per tutelare galline, scrofe, vitelli, conigli, anatre, oche e altri animali. Infatti, entro il 2023 sarà presentata la proposta definitiva per l’eliminazione delle gabbie negli allevamenti. Sarà un processo graduale, sicuramente, ma l’obiettivo è di completarlo entro il 2027. Insomma, una grande vittoria per tutti i cittadini che hanno partecipato attivamente all’iniziativa End the Cage Age, la petizione firmata da 1,4 milioni di europei (2018-2020).
Una maggioranza indiscutibile
Su 680 voti, ben 558 membri del Parlamento europeo hanno votato a favore, mentre sono stati 37 i contrari e 85 gli astenuti. La nuova proposta, fatta alla Commissione, chiede un miglioramento dei sistemi di allevamento al fine di meglio tutelare i diritti degli animali. Così facendo, più di 300 milioni di animali l’anno verranno risparmiati alla triste vita in gabbia. Inoltre, la risoluzione approvata dall’UE promuove anche una riforma delle direttive sui prodotti immessi sul mercato, compresi quelli importati, affinché siano conformi alle future normative.
Dal momento che si tratta di un cambiamento importante e complesso, è anche opportuno provvedere a degli adeguati incentivi, tramite cui sostenere gli allevatori nelle fasi di transizione verso l’eliminazione delle gabbie negli allevamenti.
Agire per migliorare il benessere degli animali è un imperativo etico, sociale ed economico.
Le parole di Stella Kyriakides, il commissario UE per la salute, la quale, insieme al vicepresidente, Věra Jourová, ha promesso massimo impegno nel controllare che la proposta sia all’altezza delle aspettative dei cittadini europei. Una grande vittoria per le oltre 170 ONG europee impegnate da anni contro l’allevamento intensivo in gabbia. Tra queste si ricordano: Animal Aid, Animal Equality, Amici della terra Italia, Enpa, Lega Nazionale per la Difesa del Cane, Jane Goodall Institute Italia, Lav, Legambiente e Oipa. Tuttavia, come evidenziato dai rappresentanti delle associazioni sopracitate, “resteremo concentrati sulle istituzioni europee fino a quando non realizzeranno questo progetto e saremo vigili per impedire che altri interessi ne moderino l’ambizione”.
La proposta contro le gabbie negli allevamenti
In prima battuta la Commissione proporrà un divieto, che gli Stati membri dell’UE e del Parlamento dovranno approvare. Sebbene in Europa gli standard di benessere degli animali siano tra i migliori al mondo, si deve fare di più, soprattutto per certe specie meno tutelate di altre. Ad esempio, dal 2012 è stato bandito l’allevamento in batteria per le galline, tuttavia, più del 90% dei conigli vive ancora in gabbie, peraltro molto strette. Inoltre, nel 2019 è stato stimato che la metà delle galline ovaiole non sono allevate secondo le normative.
Il problema delle importazioni
No all’alimentazione forzata
Un altro argomento fortemente dibattuto è finito sul tavolo della Commissione europea: la produzione di foie gras. Finalmente il Parlamento si è schierato contro questa attività, che in alcun modo rispetta gli animali, i quali sono costretti a ingerire grandi quantità di cibo per ingrassarne il fegato. Da anni le associazioni animaliste lottano per l’abolizione di questi allevamenti, chiedendo il supporto delle autorità, ma invano. Oggi, sono stati ascoltati e, infatti, la Commissione si impegnerà a “presentare proposte per vietare l’alimentazione forzata crudele e inutile di anatre e oche per la produzione di foie gras”.
L’Italia e le gabbie negli allevamenti
Attualmente, secondo la classifica stilata da End the Cage Age, il nostro paese si trova al 15° posto in Unione europea. In pratica, più del 75% degli animali vive in gabbia, come, almeno per ora, la legge consente. In Italia, vivono rinchiusi soprattutto le scrofe, i conigli, le quaglie e i vitelli, i quali rimangono in box per le prime otto settimane di vita. Invece il 62% delle galline ovaiole vivono nelle cosiddette “gabbie arricchite”, una strategia che, di fatto, non ha particolarmente migliorato il benessere della specie in allevamento.
Un’importante pietra per il superamento dello sfruttamento degli animali a scopo alimentare.
Si sono espresse così le 21 associazioni animaliste italiane schierate a favore dell’iniziativa. Infatti, quanto accaduto al Parlamento europeo sembra un reale passo verso il cambiamento, sebbene la strada sia ancora molto lunga e complessa. Tuttavia, porre le basi a livello normativo è fondamentale per indirizzare le attività di allevamento verso pratiche più attente alla salute degli animali.
Spinta dall’iniziativa europea, l’Emilia Romagna già da tempo stava lavorando per l’eliminazione delle gabbie negli allevamenti. Infatti, è la prima regione italiana ad aver approvato una mozione a favore del benessere animale, puntando a vietare l’uso delle batterie e delle gabbie. L’idea è allevare esclusivamente a terra o all’aperto, garantendo alle specie degli spazi vitali per il movimento.
La classifica europea
Secondo i dati raccolti dalla Coalizione italiana End the Cage Age (2020), i paesi europei più virtuosi per percentuali di animali liberi sono: Austria (97%), Lussemburgo (97) e Svezia (92%). A seguire si piazzano la Germania (86%), l’Olanda (83%) e il Belgio (69%).
Invece, si collocano alle ultime posizione gli stati, quali Portogallo (11%), Spagna (11%) e Malta (1%). Tutti i dati sono stati raccolti direttamente o calcolati da stime attendibili durante l’anno 2019. Non rientrano nella classifica i vitelli e le quaglie, poiché non ci sono dati affidabili per tutti gli Stati membri.
Tutelare loro per tutelare noi
È ormai noto che l’allevamento in gabbia comprometta indirettamente anche la salute dell’uomo. Gli animali, costretti all’eccessiva vicinanza, devono essere necessariamente trattati con antibiotici, per prevenire eventuali infezioni. Tuttavia, tutte queste sostanze rimangono poi nei prodotti alimentari e, quindi, nel nostro corpo dopo l’assunzione.
Inoltre, l’assenza di distanziamento favorisce la diffusione di virus e batteri tra gli animali, ma anche all’uomo (zoonosi), con il rischio di far insorgere epidemie gravi, quali, ad esempio, l’aviaria. Pertanto, puntare su un allevamento più sostenibile ed etico ha i suoi indiscutibili vantaggi anche per la salute degli esseri umani.
La vita breve e infelice di un manzo ingrassato a furia di mais in un allevamento intensivo rappresenta il trionfo supremo della logica industriale rispetto a quella evolutiva.
Viviamo in una società talmente impegnata a trovare nuove ricette salutari per il benessere psico-fisico dell’uomo, da non rendersi conto del problema alla base, le materie prime. Si spendono centinaia di euro per prodotti pubblicizzati da etichette che millantano astutamente la parola “biologico” solo per attrarre consumatori ingenui e poco informati.
E in questa realtà di contraddizioni e silenzi, finalmente si comincia a parlare, non solo tra associazioni animaliste, ma anche tra governi. Perché il cambiamento culturale è complementare a quello normativo, che per troppo tempo è stato palesemente ignorato.
Carolina Salomoni