Sul perché chiunque ha un po’ di sale zucca definisce la realizzazione di un reattore alimentato dalla fusione nucleare un sogno non mi starò a dilungare più di tanto, l’ho scritto in articoli precedenti: energia elettrica illimitata, a basso costo (non all’inizio ovviamente) e pulita (produzione di poche scorie e con un livello di radioattività che svanisce in tempi relativamente brevi).
Tanto è vero che non siamo ancora molto vicini alla realizzazione di un reattore funzionante ma gli sforzi continuano con finanziamenti astronomici, il progetto più importante che c’è al mondo ITER è una collaborazione tra 35 paesi che nel 2025 dovrebbe essere in grado di dimostrare che un reattore a fusione è fattibile, mentre si spera che nel 2035 l’erede del progetto ITER sarà la prima realizzazione di un prototipo vicino alla meta di un reattore effettivamente utilizzabile per la produzione di energia.
La strada è molto lunga perché le sfide tecnologiche al limite delle nostre capacità attuali sono tante: portare il plasma a una temperatura dieci volte superiore a quella della superficie del Sole (più è alta la temperatura più dovrebbe essere efficace il reattore, cioè più possibilità che in effetti avvenga la fusione degli elementi leggeri a produrne di più pesanti rilasciando energia), contenere questo plasma (grazie a potenti campi magnetici, nessuna superficie potrebbe sopportare il contatto col plasma a quella temperatura), mantenere i potenti magneti a temperature vicine allo zero assoluto mentre a poca distanza c’è plasma più caldo di una superficie di una stella … e poi tutte queste soluzioni tecnologiche studiate per i vari problemi dovranno lavorare in armonia come in una sinfonia.
Ora, è giunta notizia dal Princeton Plasma Physics Laboratory di una scoperta che potrebbe risolvere alcuni problemi tecnici proprio nell’ottenere e “maneggiare” un plasma così caldo, la ricerca è stata pubblicata su Nuclear fusion.
L’uovo di Colombo sarebbe sostituire il gas a base di boro chiamato diborano usato per proteggere le pareti del tokamak (acronimo russo per “camera toroidale magnetica“) con una polvere di boro. Ma cos’è un toroide? Una forma a ciambella, i reattori a fusione nucleare che si stanno progettando adottano quella forma per via della forma che prendono i campi magnetici, in foto uno visto dall’interno. Le pareti di tungsteno anche non entrando in contatto col plasma tendono a sciogliersi e a colare contaminandolo, abbassando la temperatura e rendendo meno efficiente la reazione, ecco perché c’è bisogno di proteggerle. Passare alla polvere applicando un processo chiamato boronizzazione sarebbe un miglioramento non da poco visto che il gas è pericoloso, tossico ed esplosivo tanto che la camera deve essere evacuata e la reazione fermata durante il processo, mentre il boro in polvere è inerte e il processo oltre ad essere più sicuro potrebbe essere effettuato senza fermare completamente la macchina.
Roberto Todini