Fuori controllo. L’unica cosa che emerge dall’ultima espulsione è questa, si tratta letteralmente di un fenomeno incontrollabile, che ha dell’inaspettato, che non è nemmeno così facilmente delineabile, la cui base di reclutamento ha dell’ambiguo, dell’inspiegabile.
Farooq Aftab, 26 anni, di origini pakistane, arriva in Italia nel 2000. Era un campione di cricket, tanto da ricoprire per un paio di anni anche il ruolo di capitano all’interno della Nazionale Under 19 italiana, partecipando alle competizioni internazionali. Gran lavoratore, descritto da tutti, compreso il Presidente del Club in cui giocava, che parla di “fulmine a ciel sereno”, un ragazzo tranquillo: nulla avrebbe potuto ricondurre all’apparenza a quel fenomeno fuori controllo che qualche politologo definisce fascioislamismo.
Eppure le indagini del Raggruppamento operativo speciale dell’Arma di Milano, sotto il comando del tenente colonnello Paolo Storoni, palesano una situazione del tutto distante dalla tranquillità descritta, una realtà di giuramenti al califfato, di possibili attacchi, talvolta citando direttamente i luoghi, di fabbricazione di bombe, di violenza domestica, di integralismo ai limiti dell’immaginabile, il tutto certificato dalle registrazioni delle forze dell’ordine che, in collaborazione con i pm Maurizio Romanelli e Piero Basilone della procura nel capoluogo lombardo, ormai da un anno tenevano sotto controllo Farooq.
Non sorprende l’espulsione per motivi di sicurezza nazionale, che si tratti di un folle o meno, ci si trova di fronte a una minaccia fin troppo evidente perché sia ignorata. Un fenomeno fuori controllo che tra diffuso disagio, selvaggia violenza, stragi continue, si cerca di combattere in una visione generale tuttavia ancora miope. Esattamente come miopi erano coloro i quali non se accorsero per tempo, crogiolandosi all’interno di una sempre costante politica velleitaria.
Ora c’è chi inneggia a un multiculturalismo che non funziona e una miriade di scatti di tensioni che non hanno alcun senso e come base la semplice paura, un timore continuo. E tuttavia l’analisi geopolitica della situazione non è così semplice.
Ieri, 2 agosto, ricorreva l’anniversario della Strage di Bologna, quell’attentato che un sabato mattina comune costò la vita a 85 persone, lasciandone ferite 200.
Qualcuno gli Anni di Piombo li ha dimenticati, ma quello ricorso ieri è stato il più grave atto terroristico dalla nascita della Repubblica avvenuto in Italia. Terrorismo italiano, terrorismo nero, quello di matrice fascista, in anni in cui il rosso e il nero si facevano la lotta in un sali e scendi di tensioni in cui trascinavano l’intero Paese, che campava di gambizzazioni e crimine. Pareva la lotta tra chi riusciva ad ammazzare di più, chi sapeva dar lezioni meglio ad un mondo che non piaceva, e pensando di insegnare ideali dall’alto del loro ruolo, giocavano a far gli inquisitori: Piazza Fontana aprì il capitolo delle stragi, esattamente come l’assassinio del commissario Luigi Calabresi quello dell’esecuzioni. Reclutamento, ideologia e combattenti, credete davvero che la dinamica sia diversa? Piazza Fontana, Stazione di Bologna, Treno del Sole, Piazza della Loggia, Italicus, Rapido 904, hanno un senso diverso da Parigi, Nizza, Baghdad, Bruxelles, Istanbul e così via? Se non una matrice politica in un caso ed una religiosa nell’altro, all’interno di una follia omicida che perde sempre più il senso dell’umanità.
Fuori controllo.
Di Ilaria Piromalli