I fuochi d’artificio nascono grazie ai monaci cinesi. Volevano scoprire l’elisir di lunga vita, ma hanno scoperto la polvere da sparo
Si avvicina la fine dell’anno e con essa la tradizione dei fuochi d’artificio. Simbolo di festa, rappresentano la gioia, l’energia e i buoni auspici: la volontà di lasciarsi alle spalle i problemi augurandosi che il nuovo anno sia sempre migliore di quello appena trascorso. Ma qual è l’origine dei fuochi d’artificio? I fuochi artificiali o pirotecnici – dalla parola greca pyros “fuoco” – nascono in Oriente, probabilmente in Cina. Non ci sono fonti certe, ma alcuni ritengono che all’origine vi siano alcuni esperimenti di alchimisti cinesi che provarono sostanze di origine vegetale, animale e minerale per trovare l’elisir di lunga vita. Uno di questi scoprì che mescolando le giuste quantità di carbone, salnitro e zolfo si poteva ottenere una sostanza che, se riscaldata, poteva innescare un’esplosione. Intorno all’800 d.C. nacque così la polvere da sparo. Di certo sappiamo che in Cina i fuochi artificiali erano conosciuti e usati attorno all’anno Mille, sotto la Dinastia Song (900 d.C.), per celebrare feste e matrimoni.
La Dinastia Song
Compressa in un tubo di bambù la “polvere di fuoco” permetteva di ottenere diversi tipi di giochi pirotecnici. Il passo per estenderne l’uso alla tecnologia bellica fu breve. Durante gli anni della Dinastia Song, l’uso della polvere da sparo per scopi militari era comune. Venne utilizzata dall’esercito imperiale cinese contro gli invasori Mongoli: frecce con un tubo di polvere da sparo legata all’asta, granate a mano, rudimentali lanciafiamme e mine antiuomo; i cannoni di epoca Song precedono di almeno 150 anni i loro corrispettivi europei. Consapevoli della preziosa scoperta, il governo Song nel 1076 proibì la vendita di salnitro agli stranieri.
La polvere di fuoco arriva in Europa
Non è chiaro come arrivò in Europa, se siano stati proprio i Mongoli o qualcuno attraverso la Via della Seta (alcuni pensano sia stato proprio Marco Polo a portare la polvere da sparo dal Medio Oriente a Venezia). Fatto sta che in Europa i primi fuochi artificiali furono sviluppati assieme alle applicazioni militari della polvere da sparo e usati, nel XII secolo, soprattutto per celebrare le vittorie nelle guerre. La formula della polvere da sparo utilizzata ancora oggi viene attribuita all’alchimista inglese Ruggero Bacone, padre francescano, uno dei padri dell’empirismo, intorno alla metà del 1200.
Sempre nel Medioevo cominciarono a usare i fuochi d’artificio durante le cerimonie religiose e le rappresentazioni teatrali come effetti speciali. Nel corso dei decenni si svilupparono fino a diventare lo spettacolo pirotecnico che conosciamo oggi.
La scoperta del colore
I primi fuochi non erano colorati. Per circa 2000 anni gli unici colori che si poterono utilizzare furono il giallo e l’arancione. Fu l’introduzione, nel 1800, del cloruro di potassio nella miscela esplosiva – ad opera del chimico francese Claude Louis Berthollet – a produrre le prime esplosioni luminose colorate. Vennero così introdotti il rosso, il verde e il blu. Ma ancora oggi esistono problemi chimici irrisolti nella creazione di particolari tipi di colori.
Il Paese che più accoglie i migliori maestri artigiani è proprio l’Italia che ha il merito di aver inventato i primi razzi sparati in aria che esplodono in fontane che illuminano il cielo. La scuola napoletana è sicuramente quella più incarna l’identità pirotecnica. Anche la Germania ha una lunga tradizione, le prime fabbriche di fuochi d’artificio si svilupparono nella zona di Augusta intorno al XIV secolo. E a Norimberga vi è una delle due scuole più importanti d’Europa per la formazione dei pirotecnici, insieme alla scuola italiana di Bologna. Oltre alle scuole, esistono anche gare internazionali dove si sfidano i migliori specialisti dell’arte pirotecnica.
Marta Fresolone