Sono stato tentato di intitolare l’articolo prevedere i terremoti perché in ultima analisi la notizia proveniente dall’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign e pubblicata su Nature Communications è una pietra posta nella costruzione di questo futuro obiettivo, ma ho temuto che qualcuno senza nemmeno leggere avrebbe commentato “non si possono prevedere i terremoti”.
Verissimo non si possono prevedere i terremoti, ma sarebbe più corretto dire: non siamo ancora in grado di prevedere i terremoti, non c’è una legge fisica tipo il principio di indeterminazione di Heisenberg a impedirlo, semplicemente non ne sappiamo abbastanza su cosa li scatena, conosciamo la tettonica, abbiamo imparato a conoscere le faglie sismiche ma non sappiamo cosa innesca un terremoto.
Il presente studio, finanziato dalla National Science Foundation, illustra un meccanismo, scoperto grazie a prove sperimentali effettuate a piccola scala, che dimostra che l’interazione tra l’acqua e un particolare tipo di roccia in particolari condizioni di pressione provoca il dissolvimento del minerale cambiando il coefficiente di frizione nelle faglie che scivolano, infatti il titolo è Il ruolo dell’acqua nella lubrificazione delle faglie.
La roccia di cui sopra è la calcite, un minerale costituito da carbonato di calcio neutro molto comune nella crosta terrestre, l’acqua è altrettanto comune, l’interazione dell’acqua con la calcite a certe condizioni di pressioni la dissolve, come non bastasse la modificazione della struttura della faglia provocata da questo dissolvimento il liquido formato da acqua e calcite agisce come un lubrificante indebolendo la faglia.
L’esperimento come ho detto si è svolto in laboratorio su sistemi semplificati e a piccolissima scala rispetto a quella delle faglie, la stessa Rosa M. Espinosa-Marzal, prima firmataria dello studio (insieme alla sua studentessa Yijue Diao, le vedete insieme nella foto) ha dichiarato che come giovane scienziata che si è dedicata alla nanoscala non avrebbe mai pensato che un giorno il suo campo di ricerca sarebbero stati i terremoti, il fatto è che a grandi scale ora sappiamo molto più di qualche anno fa della dinamica delle faglie, per capirne il meccanismo avevamo bisogno di dare un’occhiata più da vicino. I due geologi hanno messo in un liquido salmastro (hanno provato varie concentrazioni) cristalli di calcite e hanno provato a farci scorrere un minuscolo braccio con una punta di silicio che simulava le normali asperità che ostacolano lo scivolamento delle faglie, fino a una certa pressione hanno rilevato i risultati che si aspettavano, più incrementavano la pressione più difficilmente la punta scorreva, ma a un certo punto aumentando la pressione e muovendo la punta lentamente la frizione decresceva, segno che nel minerale era successo qualcosa. L’esame al microscopio ha mostrato che le scanalature nel minerale si erano allargate, segno del dissolvimento della calcite e il liquido aveva agito da lubrificante.
Questo lavoro come ho preannunciato è importante ma non permetterà di prevedere i terremoti domattina, però per esempio potrebbe suggerire che in un terreno molto ricco di calcite sarebbe meglio tenerlo asciutto e che quindi le operazioni di fracking che notoriamente pompano acqua nel terreno, in quelle zone forse sarebbe il caso di evitarle.
Fonte immagine: news.illinois.edu
Roberto Todini