Ricercatori dell’Università del Wisconsin a Madison hanno pubblicato un articolo intitolato “Reactivation of latent working memories with transcranial magnetic stimulation“, il loro studio indaga il funzionamento del cervello e in particolare della memoria partendo da un quesito per spiegare il quale è utile paragonare la memoria umana a quella di un computer.
Se vi presentano una persona e vi dicono il nome quello andrà ad impegnare, insieme a tutti gli altri dati che state processando al momento, la vostra memoria di lavoro (la RAM del computer) se quella persona è importante per voi in seguito il nome si andrà a fissare nella vostra memoria a lungo termine (il vostro hard disk), ma nel periodo che intercorre questa informazione dov’è?
I ricercatori hanno indagato questo fenomeno con l’aiuto di un esame chiamato risonanza magnetica funzionale, di un algoritmo di apprendimento automatico e di un altro esame la elettroencefalografia, inoltre hanno utilizzato la transcranial magnetic stimulation (stimolazione magnetica transcranica) una tecnica di stimolazione non invasiva.
Prima hanno mostrato ai partecipanti delle immagini e hanno monitorato con la risonanza magnetica la risposta del cervello, poi hanno mostrato gli stessi oggetti a coppie monitorando con la elettroencefalografia, quindi ai soggetti è stato chiesto di concentrarsi solo su uno dei due soggetti e si è visto che la segnatura corrispondente all’altro oggetto scendeva a zero, segno che nella memoria di lavoro attiva quell’oggetto era scomparso ma se si chiedeva al soggetto di ricordarlo ecco che immediatamente la traccia di quell’oggetto veniva richiamata.
Poi i ricercatori hanno fatto qualcosa di diverso, non hanno dato indizi od istruzioni ai soggetti per richiamare alla memoria l’oggetto dimenticato ma hanno applicato un campo magnetico non appena lo schema cerebrale della memoria relativa all’oggetto era scomparso, immediatamente la memoria è stata richiamata dalla stimolazione, inoltre i ricercatori hanno verificato che se l’impulso è più precisamente focalizzato sull’area del cervello dove era stata registrata la memorizzazione dell’oggetto il richiamo risulta più efficace.
Lo studio non fa che riportare queste osservazioni, non propone una spiegazione basata sul funzionamento dei neuroni, ma gli studiosi spesso dicono che i buoni studi propongono più domande di quanto diano spiegazioni, questo rientra di certo nella categoria, ha scoperto un nuovo stato della memoria diverso dalla memoria di lavoro e dalla memoria a lungo termine, certamente lo studio potrà essere una base per ulteriori approfondimenti sui meccanismi di memorizzazione di cui si potranno giovare sia gli studenti che persone con patologie nervose che affliggono la memoria.
Roberto Todini