Segnali di vita dalla zona morta
Era il 26 Aprile del 1986 quando un’esplosione distrusse il reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl, a pochi chilometri da Kiev. L’incidente comportò una dispersione di radiazioni pari a 400 bombe di Hiroshima, contaminando a macchia di leopardo un’area di oltre 155.000 km². Le conseguenze della catastrofe si abbatterono sulla fauna e la flora locale, minando per mesi la biodiversità della zona. Eppure esistono degli organismi che nei dintorni di Chernobyl sono persino riusciti a proliferare: i funghi radiotrofici.
I funghi radiotrofici
Come fanno questi funghi a sopravvivere in un ambiente tanto ostile? Sembra che il merito sia della melanina, un pigmento assai comune rintracciabile anche nella nostra stessa pelle. Questa particolare classe di funghi è infatti capace di utilizzare la melanina per impiegare le radiazioni nei suoi processi metabolici – una strategia simile a quella della fotosintesi, che consente agli organismi fototrofi di trasformare la luce in nutrimento mediante la clorofilla.
È proprio a Chernobyl che questi funghi sono stati osservati per la prima volta. La scoperta è avvenuta nel 1991 e comprende ben tre varietà di miceti: il cladosporium sphaerospermum, la wangiella dermatitidis e il cryptococcus neoformans. Le ricerche effettuate dall’Albert Einstein College of Medicine hanno evidenziato come la biomassa di questi funghi sia aumentata in corrispondenza delle aree più vicine al reattore, dove il livello di radioattività è di ben 500 volte superiore alla norma.
Applicazioni inaspettate
L’esistenza di questi organismi promette grandi innovazioni negli anni a venire, in particolar modo nell’ambito dei viaggi aerospaziali. L’obiettivo è quello di riuscire a sfruttare le proprietà di questi miceti per proteggere astronauti e vegetali di origine terrestre dal pericolo delle radiazioni cosmiche. A tale scopo, nel luglio del 2016, alcuni di questi funghi sono stati portati sull’ISS (International Space Station) per effettuare dei test.
Che sia o meno reso possibile questo tipo di applicazione, i funghi di Chernobyl rappresentano certamente un tassello fondamentale della ricerca sulla conversione delle radiazioni gamma in energia chimica.