Per puro e semplice autolesionismo – che prima o poi dovrò curare – ho seguito i funerali di Stato di Silvio Berlusconi: per dovere di cronaca devo ammettere che è stata anche una visione obbligata, visto che non esisteva frequenza che non trasmettesse le esequie “solenni”; ma questa inquietante convergenza catodica mi ha riportato alla mente quella scena del “Dormiglione” di Woody Allen, dove, a reti unificate, il Leader supremo – del quale in realtà restava intonso solo un orecchio – dava la buonanotte dai piedi di una scogliera a tutti i suoi cittadini rintronati da una demenza collettiva divenuta ormai cultura di Stato.
Ora non so – e non oso immaginare – quale organo di Berlusconi sia rimasto integro per garantire ai posteri una fedele continuità ideologica che sintetizzi il suo inestimabile lascito, ma posso di certo dire che non ho mai assisto a funerali di Stato così “imbarazzati” … sì, ho scritto bene, non imbarazzanti, ma imbarazzati.
Per la prima volta ho sentito l’onnipresente e auto-dichiarato pseudostorico Paolo Mieli – mai parco d’aggettivi e di autoreferenzialità – in estrema difficoltà. Credo sia stato estremamente difficile celebrare le qualità morali, umane e politiche di un uomo che solo sei mesi prima incentivava i calciatori del Monza a dare il meglio promettendo un titillante pullman dell’amore carico di compiacenti e ben disposte mignotte.
Certo è che Mieli non è stato per nulla aiutato dai suoi collaboratori, infatti è difficile uscirne dignitosamente se ti chiedono le ragioni per cui non è stata disposta al pubblico una camera ardente; povero Mieli… che poteva dire? Poteva mai dichiarare che se avessero dato accesso libero alle spoglie del “Papi di stato” avremmo potuto assistere – tra una genuflessione e un “menomale che Silvio c’era” – ad un’inesorabile e spietata caccia al “Salmone” che non avrebbe risparmiato neanche le preziosissime assi in mogano dell’Honduras, con le quali si sarebbero potute realizzare tranquillamente due o tre ottime Stratocaster?
Un altro elemento che mi ha fatto provare una sincera compassione per tutti i commentatori è stata la piatta monotonia dei ricordi riguardanti il De Cuius; infatti, per tutti, Berlusconi era uno che amava essere amato: un uomo abitato da una patologica sindrome del messia che considerava l’unanimità il minimo sindacale consentito e la maggioranza un amaro e vergognoso contentino, e per questo felice di rasentare il ridicolo raccontando licenziose storielle e puerili barzellette tipiche delle sale d’attesa dei postriboli per raccogliere slinguazzanti consensi. Secondo me la Legge Merlin deve averlo devastato segnandolo per sempre! Insomma, è stato proibitivo per questi poveri giornalisti – generosamente annaffiati da trent’anni di berlusconismo – tirare fuori qualcosa di decente e di realmente godibile sul loro benefattore in questi forzati funerali di stato.
A dirla tutta è stato un evento che, nonostante tutti i tentativi di alleggerimento mediatico e politico, ha messo in bella mostra tutte le forzature, le pesantezze e le contraddizioni che portava inevitabilmente con sé. Nel suo megalomane narcisismo Berlusconi, forse, aveva immaginato per sé dei funerali che ricordassero e ricalcassero le esequie di figure realmente amate dal Paese, ma alla fine – nonostante gli sforzi della maggioranza e degli organizzatori – è emerso solo un patetico e dispendioso elogio a reti unificate al più vincente e amato presidente del Milan e nulla più.
Di tutt’altra risma è la proclamazione dei sette giorni di lutto nazionale da parte dell’esecutivo in carica; innanzitutto non c’è singolo membro di questa pericolosa maggioranza che non sia in debito con l’estinto, e possiamo elencare un trentennale ventaglio di favori elargiti di qualsiasi tipo: economici, carrieristici, politici, etc. etc. etc., la lista sarebbe tanto lunga quanto vergognosa. Insomma, se non ci fosse stato Berlusconi quest’accozzaglia di scappati di casa neofascisti inetti ed incapaci ora ciclostilerebbe deliranti volantini per promuovere “Predappio capitale morale d’Italia.”
In secondo luogo, sempre la succitata maggioranza, ha la famelica necessità di un’icona storica da innalzare agli onori degli altari, deve dare carne e forma alle sue tristi origini; e chi meglio del “Fu Silvio Berlusconi”? Adesso il cavaliere potrà serenamente essere indicato come il padre storico della destra moderata e liberale di questo Paese; e poco conta se è vero l’esatto contrario, e cioè che il berlusconismo ha impedito e bloccato sul nascere la formazione di una vera cultura liberale in Italia che si scrollasse finalmente di dosso la vergogna del fascismo, l’importante è che adesso la destra può ostentare e celebrare una paternità storica, anzi, una “papinità” degna delle sue acrimoniose e tristi istanze.
Non ci libereremo del Berlusconismo facilmente, anzi – se è possibile – sotto certi punti di vista la memoria rischia di esser più coriacea e dannosa delle realtà. Intanto spero che prima o poi qualche coraggioso regista riuscirà a realizzare un film che finalmente riuscirà a far luce sulle reali responsabilità del cavaliere in questi trent’anni di storia italiana: sono stanco dei soliti pornazzi made in Bunga Bunga!
Infine, per mio unico, solo e godibile diletto, posso sciorinare una risposta unica e incontestabile per tutti coloro che in questo paese si lamentano di continuo d’esser stati fottuti. Ora se qualcuno mi chiederà indignato: “Perché non scendiamo in piazza contro questa incapace classe politica?”, potrò rispondere: “Abbiamo fatto i funerali di Stato a Berlusconi e proclamato sette giorni di lutto nazionale”. La risposta è così efficace e puntuale che può valere anche per casi singoli e personali, e financo sentimentali: infatti se qualcuno dovesse chiederci: “Perché corro sempre appresso alle stronze o … perché mi piacciono solo i narcisisti egoisti che mi maltrattano?”, rispondere che abbiamo permesso che venissero concessi i funerali di stato e sette giorni di lutto nazionale per celebrare il più narcisista e megalomane dei nostri connazionali dai tempi di Nerone, dovrebbe ridurre finalmente al silenzio il più coriaceo e compiaciuto italico vittimismo!