La storia dei fumetti africani e quella che vogliono raccontare
Scritti in inglese, reperibili per lo più digitalmente e soprattutto gratuitamente: sono i fumetti africani, che negli ultimi anni hanno avuto successo anche al di fuori dell’Africa. Anzi, i fumetti di supereroi – quelli che più hanno catturato l’attenzione dei media e degli editori esteri – in realtà non hanno mai avuto un gran successo in Africa, mentre il pubblico della Comic Republic – una startup operante nel settore nata nel 2013 – conta adepti sin negli Stati Uniti e nel Regno Unito.
Inoltre, dire “fumetti africani” vuol dire tutto e vuol dire niente: oltre al fatto che prima del XIX secolo non avevano un’identità, perché provenivano dai paesi colonizzatori come la Francia, sarebbe più opportuno parlare di
“mitologia africana di nuova ispirazione, che non sia vincolata a un gruppo particolare, ma che attiri l’ispirazione collettiva della miriade di culture africane”, come ha dichiarato l’illustratore africano Paul Louise Joulie.
Questi fumetti rivelano l’esigenza da parte degli autori, rimandata troppo a lungo, di ritrovare le proprie origini, attraverso l’ambientazione delle storie nei miti tradizionali. Ma l’atmosfera non è pensata per essere confinata nel passato, sebbene parta da questo: è una riscoperta delle origini per guardare al futuro, e per parlare di temi sensibili come la violazione dei diritti umani, la pandemia di AIDS, e di come le donne si sono evolute in società.
Netflix lancerà la prima serie d’animazione africana e la Disney ha annunciato la produzione di una serie ambientata a Lagos; ma a cosa si deve questo successo negli ultimi anni, considerando anche le difficoltà che incontrano gli artisti africani a farsi pubblicare?
La realtà lavorativa di molti illustratori africani e quella dell’autopubblicazione, sia per la difficoltà a essere sostenuti dagli editori africani, che non vogliono investire in questo tipo di progetto, sia perché garantisce pieno controllo e assenza di burocrazia. Dal design dell’opera, alla pubblicazione e al marketing, è l’artista fonte dell’idea iniziale a occuparsi di tutto. A volte questi artisti autonomi si riuniscono in società, e creano dei software digitali accessibili, che hanno reso più facili i guadagni.
Una fra queste è Kugali, una società di produzione fondata nel 2017 da un ugandese e due nigeriani, sul sito della quale si possono leggere diverse anteprime. La Disney produrrà una serie di fantascienza in accordo con Kugali, chiamata “Iwàjù (il futuro), ambientata a Lagos, la più grande città della Nigeria: come quelli americani, anche alcuni fumetti africani diventano base di contenuti audiovisivi. O, nata qualche anno prima, c’è Comic Republic, una startup che ha creato dei personaggi definiti “Avengers africani” e che può essere intesa come parte del più generale movimento culturale di “rinascita del made in Africa”.
È molto facile identificarsi nelle storie dei fumetti africani, e questo è l’altro motivo del loro successo
Tra il 2015 e il 2016 si inizia a parlare di Kwezi e The Pack. Il primo prende il nome dal protagonista, un supereroe adolescente che vive a Gold City, città nata lì dove in un passato non si sa quanto lontano sorgeva Johannesburg. Il suo illustratore, l’artista sudafricano Loyiso Mkize, afferma che
“non abbiamo mai avuto un supereroe che ci assomiglia e parla come noi.”
Il secondo racconta le avventure i un gruppo di lupi mannari egiziani e il suo autore è Paul Louise Joulie, il quale confessa la sua “incapacità a connettersi con gli eroi bianchi”, e quindi il bisogno di creare qualcosa di nuovo.
“non è un libro di supereroi […] le loro abilità soprannaturali diventano lo sfondo di una narrazione più personale”, dichiara l’autore per il Daily Dot.
Lake of Tears è un fumetto che racconta la realtà dell’industria di pesce nel Ghana, e la minaccia del traffico e del lavoro di minori. Nelle prime pagine si legge di un ragazzo che, prima di essere salvato da due sconosciuti e coinvolto in una misteriosa missione, sta per affogare in mare: ecco che, impiantate in un contesto e in un’aspettativa diversa – quella di leggere con spensieratezza un fumetto di fantastia – ritornano le pietose immagini dei migranti, a cui siamo abituati da anni.
Francesca Santoro