C’è realtà anche nella fantasia. Parola di Fuad Aziz

Libreria Cuccumeo

interculturalitàFuad Aziz, artista. Fuad Aziz, crocevia di culture. Fuad Aziz, viatico verso la libertà. Fuad Aziz, creatura al servizio della purezza. Da Arbil, antica città del Kurdistan Iracheno che gli ha dato i natali, a Baghdad, dove si diploma nel 1974 all’Accademia di Belle Arti. E da Baghdad a Firenze, dove consegue un secondo diploma appena tre anni dopo. Firenze lo ha voluto e lo ha adottato. E Aziz ha amato Firenze, dove vive da oltre trent’anni.

Perché definire l’artista viatico verso la libertà? Per due motivi ben distinti: Fuad Aziz si muove nel mondo portando con sé il suo martoriato lembo di terra, quello natale. Quel Kurdistan Iracheno dilaniato dalla guerra, che il dolore te lo fa attraversare nel profondo e ti fa amare al di sopra di tutto la pace. Il secondo motivo trae origine da questa sensibilità e percorre tutta la sua carriera di scultore, pittore, illustratore, favolista.

L’arte, si sa, è un riscatto dalle miserie del mondo. E anche la favola lo è. Si erge al di sopra dei muri e costruisce ponti. L’arte, come la favola (che poi, non è anch’essa una sublime arte?) unisce, dialoga e Fuad Aziz, in tal senso, è un Prometeo che dona al genere umano la fiamma dell’espressività artistica, nella sua multiformità.

Cosa ci fa Fuad Aziz nella piccola Leonforte? Insegna ai bambini ad essere speciali, a guardare alla diversità come fonte di ricchezza. E non solo a loro, anche gli insegnanti della scuola elementare Branciforti sono stati coinvolti in un progetto legato alla favola, la pace e l’interculturalità, durato due giorni e che lo stesso Aziz ci ha spiegato.

Iniziamo da questo progetto in cui Lei è stato protagonista negli ultimi due giorni

Prima di tutto vorrei ringraziare il II^ Circolo didattico Branciforti per avermi invitato e per aver creduto in questo progetto. Noi in due giorni abbiamo lavorato sia con i ragazzi che con i docenti, con laboratori incentrati sulla poesia, sull’arte e la fantasia. E’ la fantasia che ci porta a sognare, a desiderare. Questo è ciò che bisogna trasmettere ai ragazzi. E’ un nostro compito, per questo dobbiamo – noi per primi – educarci all’arte, alla poesia, per educare loro. E’ un loro diritto. Questo non per rendere i ragazzi dei grandi poeti o dei grandi artisti, ma per farli crescere persone speciali. Si lavora con i ragazzi su temi come l’educazione interculturale intesa come scoperta, come conoscenza e come valorizzazione. Conoscenza perché abbiamo il dovere di conoscere, per questo abbiamo riportato tanti esempi. Valorizzazione perché bisogna valorizzare tutte le capacità che esistono sul territorio, per creare. Il nostro compito, di tutti, è quello di preparare i ragazzi di oggi e di domani a un futuro migliore. Abbiamo dipinto, giocato. Abbiamo conosciuto i miei libri. Con i docenti abbiamo fatto due tipi di laboratorio, volti a trasmettere il metodo e da cui far nascere altri progetti. Non voglio che questo incontro finisca qui, vorrei si lavorasse sui temi affrontati in questi giorni. L’ultimo laboratorio fatto con i ragazzi consisteva nella “costruzione” di un libro di due pagine. Adesso ci sono libri d’arte o altri libri da due a cento pagine. Io ho dato ai bambini una frase, “verso il sole…”, e devo dire che sono venute fuori cose interessanti, molto curiose, perché in questi giorni la fantasia è stata protagonista. C’è realtà anche nella fantasia, nei desideri.

A proposito di fantasia. Oggi siamo abituati a ricevere dalla rete tutto e subito. L’epoca dei nativi digitali uccide la fantasia?

La tecnologia deve assolvere il suo compito, noi facciamo ben altro tipo di lavoro. Per conciliare tecnologia e fantasia, occorre creare spazi. Spazi per entrambe le dimensioni, senza rifiutarne una. Cosa significa creare spazi? Una maestra crede al mio progetto legato alla fiaba e all’educazione interculturale, lo ha proposto alla scuola ed eccomi qui, dove abbiamo parlato di arte. Significa cercare gli spazi anche per parlare di questo. Ciò dipende, ovviamente, dalla sensibilità di ognuno. Ben venga la tecnologia, ma bisogna trovare anche lo spazio per la sensibilità, la fantasia. Invito i bambini a dipingere liberamente, scaricare in questo modo le tensioni, esprimere ciò che hanno dentro. Dipingere, come suonare, giocare, cantare. Tutto ciò che ci aiuta ad esprimere quello che sentiamo. E tutte le nostre azioni, visto che si vive in un mondo brutto, pieno di guerre, devono essere accompagnate da un pizzico di poesia che ci aiuti ad affrontare la vita nel modo giusto”.

La favola e l’interculturalità, in una fase in cui si innalzano muri sempre più alti, come si inseriscono?

Intanto la vostra popolazione, il popolo siciliano, sta già svolgendo – anche troppo – il delicato compito dell’accoglienza. State valorizzando questa parola. Occorre comunque continuare a lavorare su questo termine. Punto all’educazione interculturale non per la presenza di un eventuale alunno straniero, o perché ci sono immigrati. Si cerca di dare ai nostri ragazzi una predisposizione all’accoglienza, alla solidarietà. Perché questi sono valori importanti per la nostra crescita

Dalla scultura alla favola, dall’arte alla poesia. Qual è il filo conduttore di questo percorso?

Il mio contatto con la letteratura dell’infanzia è nato dalla necessità di parlare del mio popolo. La prima cosa che ho fatto, con la famosa casa editrice Fatatrac diversi anni fa, è stata la pubblicazione di due volumi – “Ogni bambino ha la sua stella” e “La primavera viene d’improvviso” – in cui ho parlato del mio popolo. Il popolo curdo è dimenticato, nessuno ne parla, così ho voluto farlo attraverso questi due libri. Da lì ho ricevuto la richiesta di illustrare alcune storie. Io amo la scultura e attraverso questa, ogni tanto, parlo con me stesso. Devo dire che mi è servito molto avvicinarmi al mondo dell’infanzia. E’ un mondo pulito, coraggioso. La fantasia dei bambini mi ha arricchito come scultore”

La fantasia dei bambini, dunque, la sua Musa ispiratrice…

Sì… a volte certi artisti rifiutano ciò che non è “artistico” ma, dopotutto, cosa vuol dire artistico?

Parlare di purezza, di fantasia, trascina inevitabilmente il proprio immaginario su una dimensione altra, libera da brutture. Parlarne con Fuad Aziz, lo sguardo da bambino incastonato nel volto di un uomo, restituisce la capacità di guardare al reale con un entusiasmo, fino a poco prima sconosciuto.

Alessandra Maria

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