Dopo la mercificazione, appurata, della “materia” migrante, la presunta meccanizzazione dei suoi lavoratori: così Frontex guadagna credito dall’Europa.
L’Europa conferma, Frontex non si smentisce
Spesso sommersa dalle accuse, a volte toccata dalle imputazioni. L’ Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, con il cambio di direzione, non cambia direzione.
Gioco di parole: a maggio di quest’anno, pressato dai gravi degli scandali, il direttore dell’Agenzia Fabrice Leggeri si è dimesso. Le redini, “con effetto immediato”, le ha acquisite l’ex vice Aija Kalnaja. Una stessa testa con un diverso nome, un cambio di direttore che non ha, ancora, comportato un cambio di direzione.
Ma venendo all’attualità. Recentemente l’ente è stato colpevolizzato, fortemente colpevolizzato, d’aver commesso un crimine diverso dal solito. Nessun altro guaio identificato nella tratta, nel blocco o nello sbandamento illecito di profughi; stavolta, la taccia, proviene dal canto di alcuni suoi dipendenti.
Esperti alla miseria, umiliazione e degrado per tutti
A riportare le indiscrezioni sui recenti fatti è il quotidiano inglese The Guardian. Degli interpreti, operanti con dei richiedenti asilo nelle località della Grecia, dell’Italia delle Isole Canarie, etc. hanno denunciato una sconvolgente sottopaga. Tramite una petizione, creata e indotta popolare sul sito web Change.org, alcuni testimonianti affermano che Frontex “sfrutta il proprio personale”, violando gli standard europei in materia di retribuzione e condizioni di lavoro. L’illegalità, a detta dei manifestatori, sarebbe effettuata per mezzo di un appaltatore concedente salari tragicamente bassi.
Mohammed Moctar, un ferreo istigatore dell’iniziativa di riscatto, dichiara un’offerta di retribuzione inferiore a 2,50 euro (2,11 sterline) l’ora. Lui parla dieci lingue diverse e non ha paura di esprimere la verità con ognuna di esse. “Parlo apertamente, con il rischio di non essere più assunto – si schiera– ma questa faccenda riguarda molti altri che preferiscono rimanere anonimi, per paura di perdere il lavoro o di diminuire le possibilità di trovare lavoro“. A fronte di una “settimana lavorativa 24 ore su 24, 7 giorni su 7” (si adduce nel testo della petizione), non è plausibile venir ricompensati con tale pochezza.
Il confronto, uno scarica barile
Moctar ha chiesto alla succitata Aija Kalnaja “provvedimenti immediati, proponendo condizioni di lavoro e stipendi accettabili”. La risposta, non risposta, ricevuta è decisamente turbante. Con una lettera, Kalnaja ha spiegato di non essere legalmente responsabile degli accaduti, in quanto, al posto suo, responsabile lo sarebbero gli appaltatori stessi.
“Le risorse, inclusi interpreti e mediatori culturali, che il contraente mette a disposizione ai fini dell’attuazione di questo [contratto] non sono in alcun modo considerate personale statutario di Frontex” si è difesa l’agenzia, scansandosi di fatto da ogni implicazione.
Gabriele Nostro