Franz Kafka, “Il Processo” e il Sogno

 

Di cosa sono fatti i sogni se non dei nostri desideri inappagati. Durante il giorno vengono rimossi dalla coscienza e finiscono nella soffitta dell’inconscio. Ma di notte quella soffitta diventa il teatro in cui ha luogo la loro rappresentazione. Una rappresentazione allucinatoria che ha il gusto amaro di una sentenza di colpevolezza contro la nostra incapacità, i nostri limiti. Ispirandosi con metodo al fenomeno psichico, Franz Kafka ci ha regalato pagine sublimi di letteratura. Opere che continuano a interrogarci come un giudice d’accusa.




L’importanza del sogno per Franz Kafka

Felix Guattari – Fonte: shop.cronopio.it

Gli scritti dell’autore praghese sono lì a confermare quanto lo studio del sogno e della sua riproduzione su carta ne abbiano caratterizzato la ricerca artistica.

Felix Guattari nel suo libro dal titolo Sessantacinque sogni di Franz Kafka ha catalogato le bellissime e stranissime esperienze oniriche dello scrittore cecosclovacco, raccontate con cura e descritte con dovizia di particolari nel suo Carteggio e nei suoi Diari.
Testimonianze che ribadiscono l’enorme interesse nutrito da Kafka verso i suoi sogni, fino a trasformare questa sua attenzione in un metodo. Strada intrapresa con largo anticipo rispetto all’elaborazione dell’impianto teorico alla base del Surrealismo, il cui manifesto fu realizzato da André Breton nel 1924.

“Il Processo” fu scritto tra il 1914 e il 1917. Kafka, prima di Breton e degli altri surrealisti, intuì la possibilità di concepire una visione superiore del reale ricorrendo alla fusione delle due realtà costituenti l’esistenza umana, ovvero quella della veglia e quella del sogno. Grazie al suo genio raggiunse livelli sublimi nell’arte di afferrare l’inafferrabile, trasformando le sue ossessioni in storie che non invecchiano mai, perché raccontano ciò che è nascosto nella parte più profonda degli uomini.




Il Processo: un romanzo surrealista

La riproduzione artistica della dimensione del sogno è fondata principalmente sull’accostamento inusuale e sulla deformazione spinta fino alla metamorfosi. “Il Processo” di Franz Kafka è un esempio mirabile della loro applicazione. Tale artificio viene usato innanzitutto nella caratterizzazione grottesca dei personaggi incontrati dal protagonista Josef K. L’irrazionalità coinvolge i corpi, gli abiti, i comportamenti. Come nel caso della cameriera Leni, ninfomane di soli imputati, dal viso arrotondato come quello di una bambola, che ha le dita della mano destra palmate.

I luoghi sono anch’essi deformi. Le volte sono spesso basse, costringendo i personaggi a chinarsi. K capita più volte in spazi invivibili per l’aria viziata. Il tribunale è sistemato in caseggiato di periferia dove la vita di funzionari e inquilini sembra confondersi alla stregua degli ambienti, che di giorno sono uffici e di notte stanze ammobiliate.

La storia è piena di scene assurde, e spesso anche comiche. Come quella delle guardie Franz e Willem, rinchiusi non si sa come nello sgabuzzino della banca dove lavora K., dove vengono randellati dal Picchiatore. E poi l’apparizione dal nulla del direttore di cancelleria, rimasto nascosto senza respirare, nell’oscurità della camera da letto dell’avvocato Huld.

Fin dalle prime pagine si comprende che la disavventura di Josef K. risponde alla logica dei sogni. Il romanzo è un continuo dispiegarsi di rappresentazioni surrealiste.

Surrealismo – Fonte: conceptodefinicion.de




Infiniti piani simbolici

Franz Kafka ha scritto il suo romanzo tra il 1914 e il 1917, lasciandolo incompiuto. Il protagonista della storia è l’impiegato di banca Josef K. Un giorno riceve la visita di due uomini che lo dichiarano in arresto senza spiegargli per quale reato. Da quel momento K. viene catapultato nell’irrealtà di un’accusa immotivata e di una difesa impossibile. Perdendo la combattività iniziale finirà per consegnarsi arrendevolmente nelle mani delle due guardie che metteranno fine alla sua angoscia giustiziandolo con un coltello.

Da una lettura sommaria della storia si potrebbe affermare che lo scrittore praghese ha inteso indagare e denunciare l’uso repressivo della giustizia, la solitudine dell’individuo difronte all’insensibilità della macchina burocratica e la vergogna borghese difronte alla possibilità di condanna.

Ma la profondità dell’opera di Kafka è ben può abissale e indecifrabile. Utilizzando la dimensione ambigua del sogno e la densità simbolica del processo col suo iter giudiziario ed emotivo, Kafka costruisce una storia portatrice di infiniti piani simbolici.

Franz Kafka – Fonte: biography.com

Nel processo si può vedere l’allegoria dell’esistenza, durante la quale non realizzandoci o facendolo a discapito di qualcun altro, ci macchiamo comunque di un reato. Gli “avvocati” e gli “avvocatucoli”, nel loro darsi da fare apparentemente infruttuoso, sembrano gli aiutanti buoni – familiari, amici e conoscenti – che ci danno una mano a dimenticare il dolore esistenziale e i sensi di colpa. I “grandi avvocati” appaiono come l’allegoria delle persone irraggiungibili e delle ambizioni irrealizzabili che pensiamo possano risolvere tutti i nostri problemi. Nell’avvocato Huld si può rintracciare la figura paterna. Da cui K. si stacca con la revoca del mandato, compiendo così il suo percorso edipico.

 

Ma queste sono solo alcune delle possibili letture.
Franz Kafka va oltre l’interpretazione di Freud.
Rinuncia all’ermeneutica dei momenti di non senso per consentire al sogno di amplificarsi. Di generare altre informazioni, altre idee, altre coordinate mentali. Mettendo da parte qualunque codificazione chiarificatrice, instaura la produzione di segni e significati che non rispondono all’ordine stabilito. Un regno carico di soggettività mutante e di potenzialità infinitamente arricchibili.

Michele Lamonaca 

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