František Kupka e la sua poetica formale, informe, astratta, manifesto di un sentire interiore e provocazione silente. La sua “Gamma dei gialli” si staglia come il bardo di un habitus artistico dove questa tinta ricopre un ruolo sinestetico.
Artista nato in fin de siècle, ha contemplato l’inizio del Novecento con la sua arte eterogenea che spazia dal Simbolismo all’Orfismo per approdare all’Astrattismo.
L’opera a stigma di questo passaggio, suffragato da una fede teosofica, è “La gamma dei gialli” (1907).
Il pittore si ritrae a 36 anni in una posa caustica, con la sigaretta, sprezzante, illividito dalla vita, sguardo vitreo. Memore di concetti sinestetici alla Rimbaud e alla Kandinskij compara i sensi auditivi e visivi, collimando suoni e colori. Il vibrare della tinta gialla costituisce tutto uno spartito emotivo che risuona internamente. La sua ipersensibilità lo porta a sentire i battiti della pittura.
Colore puro sulla tela, dove il suo corpo perde forma, si smaterializza come se la struttura scheletrica e muscolare si dileguasse. Una pittura liquida, un registro fluido. Le linee si ammorbidiscono e perdono direzione. La posa sembra ricurva, insana. Una trasformazione in un’essenza: la presenza di un’assenza.
Un manifesto di un’estetica dove lo spiritismo e la teosofia reggono i fili e compongono una sovrastruttura rarefatta.
František Kupka rimane un artista di basso profilo, silente, che si muove in una sfera parallela, dove l’esoterismo guida la sua vita e il suo approccio artistico. La sua ricerca individua nuovi vettori per comprendere ciò che è invisibile.
Il pittore non desidera affermare un’etica del visibile, ma un manifesto del sentire interiore. Una narrazione di ciò che è informe, primigenio, misterico. Quel giallo collerico sul suo viso e sulla sua veste conferisce disagio allo spettatore poiché dona all’opera un’aura di imponderabile.
Kupka intende mostrare come il non materiale vivifichi, come scomponendo la materia si crei un’altra dimensione più autentica poiché dimentica di un processo evolutivo stereotipato.
Come il “tutto scorre” eracliteo, il fluido in cui František Kupka immerge le sue figure trasporta, reinventa, dona una nuova vita.