L’assessore calabrese Francesco Talarico torna tranquillamente in Giunta dopo l’accusa di scambio mafioso

UltimaVoce Francesco Talarico

Non solo Cristo, anche la legalità si è fermata a Eboli. Il recente caso dell’assessore Talarico è un palese esempio.

In questi giorni abbiamo sentito tanto parlare di Fedez, della tentata censura Rai, del ddl Zan, di Pillon che vaneggia, del povero Principe Azzurro e Biancaneve. Poco o niente sull’assessore calabrese Francesco Talarico, quota Udc, che è passato dai domiciliari alla Giunta regionale in un batter d’occhio.

A quanto pare, l’opinione pubblica è smossa solo ed esclusivamente se un personaggio di spicco decide di abbracciare una determinata tematica. Allora, meno male che esiste Fedez.

Tuttavia, cosa accade quando un assessore accusato di scambio politico-mafioso torna tranquillamente in Giunta, nel silenzio generale?

I fatti

Coinvolto nell’inchiesta “Basso Profilo” della Dda di Catanzaro, l’assessore Talarico è stato accusato nei mesi scorsi di scambio elettorale politico-mafioso (in occasione delle elezioni del 2018) e sospeso dall’incarico come misura restrittiva preventiva.




A gennaio, i magistrati hanno richiesto e ottenuto dal gip gli arresti domiciliari. Durante il Riesame del caso, la procura ha poi escluso l’aggravante della ‘ndrangheta, sostenendo un’accusa di corruzione elettorale semplice.

Dunque, punto uno: l’accusa di corruzione è stata confermata. 

Poi, le indagini hanno dimostrato come Francesco Talarico avesse stretto rapporti sospetti con diversi imprenditori, tra cui Antonio Gallo e Tommaso e Severino Brutto.

L’accordo tra le parti è sempre il solito: l’ottenimento di appalti e forniture, in cambio di un “pacchetto di voti” per le elezioni. Un scambio corruttivo che ricorda tanto gli anni ’70.

Nelle carte dell’inchiesta, infatti, si parla di un “comitato d’affari”, definito dai magistrati come “un connubio diabolico tra imprenditori e politici”. 

Dopo l’arresto, l‘assessore Talarico è stato sospeso dai suoi incarichi in Giunta, grazie alla legge Severino. Tuttavia, la sospensione ha avuto breve durata, dato che Francesco ha ripreso tranquillamente il posto lasciato vacante.

Francesco Talarico, assessore al Bilancio e alle e Politiche del Personale

Talarico è assessore al Bilancio e alle politiche del personale, un incarico che comprende:

finanza regionale, bilancio regionali, d.p.e.f.r.; vigilanza sui bilanci degli enti dipendenti, fondazioni e società partecipate; ragioneria; entrate e sistema tributario; casse di risparmio e rurali, aziende di credito a carattere regionale, enti di credito agrario ed a carattere regionale; controllo di gestione; demanio e patrimonio; politiche del personale e relazioni sindacali; innovazione burocratica; trasparenza e anticorruzione; economato e autoparco; sistema delle autonomie locali.

Mansioni importanti, che durante la sua assenza sono stati presi in carico dal presidente Leghista, Nino Spirlì.

Dopo la revoca degli arresti domiciliari, gli effetti della Legge Severino sono venuti meno e Talarico, lunedì scorso, ha potuto tranquillamente riprendere il proprio incarico e gestire le deleghe per l’assessorato di Bilancio e personale che, va sottolineato, comprende anche il mandato di “trasparenza e anticorruzione”

Dunque, dagli arresti alla Giunta regionale in quindici giorni. In pratica, Francesco Talarico è tornato alle sue mansioni perché la legge glielo consente. 

 Un uomo accusato di comprovata corruzione e di scambio politico-mafioso, dopo tre mesi di domiciliari, ancora riveste un ruolo di spicco, a fianco di un felicissimo Spirlì.




Com’è possibile? Tutte le riforme sulla giustizia tanto millantate non comprendo l’eventualità di allontanate dalla Res Publica, in via definitiva, soggetti come Francesco Talarico?

L’accusa di scambio elettorale è stata più che comprovata. Quest’uomo continuerà a svolgere le sue mansioni nella finta legalità e nel silenzio generale.

Ministra Cartabia è il momento di fare qualcosa

Mi appello a Marta Cartabia: ministra, abbia bontà, cerchi di far approvare una riforma della giustizia che mortifichi e allontani dallo Stato soggetti del genere, che continuano a mortificare non solo la Regione Calabria, ma tutta l’Italia.

Sono soggetti pericolosi e che non ci rappresentano. Vanno puniti duramente, per impedire che altri furbetti (e di furbetti in questo paese ce ne sono parecchi), possano continuare impuniti a esercitare le loro mansioni.

Non vogliamo più essere considerati il paese della mafia e della corruzione. Esiste tutta una generazione (vecchie e nuova che sia), di italiani per bene, che vivono nella legalità e che pretendono che questa legalità venga esercitata in primis dai propri rappresentanti.

Quindi, cara ministra Cartabia, faccia qualcosa.

Antonia Galise

 

 

 

 

 

 

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