Il primo agosto 2009, Francesco Mastrogiovanni, a seguito di un TSO, è ricoverato nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Vallo della Lucania. Il motivo pretestuoso è l’alta velocità con la quale, la sera prima, guidava su una strada pedonale di Pollica, il comune nel salernitano dove insegna da maestro elementare.
Eppure non ci sono multe ne segnalazioni di incidenti.
Il motivo vero, in realtà, è l’aver fatto un bagno senza vestiti in mare cantando strofe anarchiche.
In ospedale viene contenuto meccanicamente e farmacologicamente perché, diranno, non collaborativo e violento.
Eppure la mattina prima del ricovero, dopo esser stato raggiunto e accerchiato dal personale medico e dalla polizia nel campeggio estivo dove soggiorna, beve un caffè, si fa una doccia e sale volontariamente sull’ambulanza.
Ha 58 anni Franco: un passato di turbolenze politiche per le sue attività di anarchico, due ricoveri coatti ed un presente vissuto dietro la cattedra di una scuola elementare. Al momento, la sua vita è riservata, dedicata agli affetti e ai libri.
Eppure muore.
Ucciso.
Così racconteranno le immagini delle telecamere di video sorveglianza dell’ospedale.
I 6 medici di turno durante le 87 ore della sua agonia saranno condannati a pene variabili dai due ai quattro anni: i reati saranno di sequestro di persona, di falso ideologico (contenzione non riportata nella cartella clinica del paziente), di morte in conseguenza di altro reato (il sequestro di persona).
I dodici infermieri, invece, verranno assolti, perché “hanno obbedito ad un ordine” (sentenza in primo grado emessa dal Tribunale di Vallo il 30 ottobre del 2012).
Quattro anni dopo, la Corte d’Appello di Salerno ha confermato, benché ridotte per le attenuanti generiche, le condanne per i sei medici, variabili dai 13 mesi ai due anni.
Sono stati condannati, invece, gli 11 infermieri che, in primo grado, erano stati assolti, con pene variabili dai 14 mesi ai 15 mesi.
Per tutti la pena è sospesa.
Per tutti è revocata l’interdizione dai pubblici uffici.
Muore Francesco per mancanza di professionalità e umanità in un ospedale.
Ma muore anche in un’aula di tribunale.
(Nel video, l’avvocato Michele Capano parla delle sentenze appena emesse)
Eppure, dopo l’arrivo della sentenza, tanti sono i messaggi di indignazione e rabbia che si leggono sulla pagina, creata dal comitato “verità e giustizia per Franco“.
Finché ci si indigna, forse, c’è ancora speranza
Fatima Mutarelli