Francesco Mastrogiovanni.
Non è “Stato” qui
Il caso di una morte non casuale
Nel reparto di psichiatria dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania, dove contrariamente al parere di medici e del personale, viene praticata a fini terapeutici la contenzione ai pazienti, vi è una stanza bianca, neutra, attraversata dal via vai frettoloso degli infermieri. In essa vi è un letto con un lenzuolo steso in maniera distratta, con il vassoio dei pasti giornalieri, intatto.
Qui si muore per incuria.
O forse no: si muore per mano dello Stato.
Le mani sono quelle di sei medici e di dodici infermieri che, nell’estate del 2009, sono stati responsabili della morte, per edema polmonare, a seguito di una lunga contenzione chimica e meccanica, del maestro elementare Francesco Mastrogiovanni.
“Il mare mi suonava nella testa ...” cantano i 99 Posse per il docufilm “87 ore” di Costanza Quatriglio che racconta, attraverso le videocamere di sorveglianza dell’ospedale, l’orribile agonia di Francesco.
Una agonia di quattro giorni, durante i quali un uomo è stato legato ad un letto, disperato, con i polsi e le caviglie sanguinanti a causa dei lacci di contenzione. Senza cibo né acqua.
“Mi suonava nella testa …”
È ‘suonato’ il maestro di Castelnuovo Cilento per le Forze dell’ordine, anche perché è anarchico: condannato nel ’72 a 9 mesi di carcere, ma poi rilasciato, per l’omicidio del segretario del Fuan di Salerno, CarloFalvella.
Arrestato nel 1999 per aver contestato una multa, verrà poi assolto e risarcito per ingiusta detenzione.
È ‘suonato’ per i medici che lo sottoposero a due trattamenti di TSO: uno nel 2002 e l’altro nel 2005.
È ‘suonato’ perché, diranno nei giorni che precedenti il suo ricovero, guidava a forte velocità su un viale pedonale.
Sarà Vassallo, il sindaco di Pollica assassinato nel 2010, a firmare il TSO.
“Non mi fate portare a Vallo perché lì mi amazzano”.
Sono le ultime parole pronunciate la mattina del primo agosto 2009, prima di salire di propria volontà sull’ambulanza.
Mastrogiovanni muore la notte del 4 agosto, dopo 81 ore di agonia.
Ma solo 6 ore dopo viene riscontrato il decesso.
Nella sentenza di primo grado del 2012, il giudice di Vallo della Lucania, Elisabetta Garzoni, ha condannato i 6 medici per sequestro di persona, falso ideologico (contenzione non riportata nella cartella clinica del paziente), morte in conseguenza di altro reato (il sequestro di persona).
I dodici infermieri, invece, vengono assolti perché “hanno obbedito ad un ordine”.
Martedì 15 novembre, presso la Corte d’ Appello di Salerno, è prevista la sentenza per la richiesta di condanna degli infermieri.
Questi non sono solo esecutori di direttive mediche, ma professionisti in grado di valutare la condizione di un paziente ed agire secondo necessità.
E coscienza – mi vien da aggiungere.
Nel frattempo, i familiari di Francesco Mastrogiovanni, attraverso il Comitato “verità e giustizia per Franco”, hanno lanciato la campagna “diamo voce a Franco”: per mantenere viva la memoria dell’insegnante e per sensibilizzare l’opinione pubblica e medica sulle inumane pratiche della contenzione.
Hanno aderito alla campagna Eugenio Finardi, Moni Ovadia, Paolo Virzì, lo psichiatra Piero Cipriano, Chef Rubio, Alessandro Bergonzoni,
Pierpaolo Capovilla, “Il teatro degli orrori“, Il Muro del Canto.
C’è una porta gialla nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Vallo.
Ha il vetro oscurato da vernice bianca.
Un vetro che separa due realtà.
Come un muro che ferisce lo sguardo.
La verità non sta nel mezzo.
La verità è un punto di rottura ed il coraggio di guardare oltre.
Fatima Mutarelli
Scrive Ursula K. Le Guin, scrittrice anarchica e visionaria, nel suo bellissimo “The Dispossessed” (“I reietti dell’Altro Pianeta”): “C’era un muro. Non pareva importante. (…)
Come ogni altro muro, anch’esso era ambiguo, bifronte. Quel che stava al suo interno e quel che stava al suo esterno dipendevano dal lato da cui lo si osservava.
Grazie Luigi, al mio articolo mancava il tuo sguardo e quese parole che si incastrano alle mie.