Jean Luc Mélenchon è l’esponente di estrema sinistra che alle presidenziali ha avuto un imprevisto quasi 20%. Al suo elettorato, dopo aver taciuto per una settimana, ha detto che lui non voterà Marine Le Pen. Ma NON ha detto che voterà Macron. Contrariamente ai tutti gli altri, da Fillon in poi, dai moderati ai comunisti, si tiene in caldo il suo pacchetto di voti – per dopo. Vecchio navigatore della politica, sa che quel che conta adesso dopo, vinca l’uno o l’altro, sono le elezioni dell’assemblea nazionale, del parlamento. Dove il vincitore difficilmente avrà una maggioranza che gli consenta di governare; specialmente data la polarizzazione estrema che si profila, che rende improbabile qualunque “coabitazione”: un esercizio di cui erano virtuosi i leader dei due partiti “tradizionali”, PS e Gaullisti, precisamente i due partiti che gli elettori hanno spazzato via. Con Hollande al 4% il Partito Socialista è finito. E’ chiaro che è stato Mélenchon a ereditarne gran parte del suo elettorato in fuga.
Alle legislative, la sua formazione rossa (France Insoumise) avrà un buon numero di seggi. Se vince la Le Pen, sarà la formazione organizzata di opposizione per eccellenza, la sola rimasta, e avrà dalla sua la piazza “rossa”. Se vince Macron, che praticamente non ha partito, dovrà negoziare i voti coi deputati di Mélenchon, il quale condizionerà parecchio il suo programma “di destra” neoliberista.
Si tenga conto che, mentre Marine Le Pen ha indicato il suo primo ministro in Dupont-Aignan (un gollista, non del Front) e l’ha presentato alla stampa, Macron non l’ha fatto e continua a non designare il suo primo ministro. I maligni dicono che Mèlenchon voleva essere lui, che non è stato ascoltato (ovvio, dall’uomo dei Rotschild…) e che gliela farà pagare.
Il deputato ecologista Noel Mamère, fremente di sdegno, l’ha spiegato al Figaro: Mélenchon, per un “calcolo pericoloso e irresponsabile vuole mantenere il suo capitale elettorale” (invece di darlo a Macron..), “e forse scommette su una andata al potere di Marine Le Pen per potersi presentare domani come il capo dell’insurrezione cittadina, l’uomo della provvidenza a cui fare ricorso in una situazione politicamente caotica”.
Per questo, Mèlenchon è attaccato dai media con una furia frenetica che non è inferiore a quella che dedicano a Marine e a Dupont-Aignan: un urlo isterico e corale così sopra le righe che Jacques Sapir (non certo un lepenista, e nemmeno un melensciano) lo ha paragonato a quello di “una muta scatenata”, fatta di “giornalisti a noleggio che con una rara impudenza” accusano il rosso “di tutti i mali manipolando i fatti in modo vergognoso. Niente giustifica gli attacchi odiosi e la campagna selvaggia di cui è l’oggetto”.
Effettivamente, in questi ultimi giorni i media – forse i sondaggi che diffondono non sono così tranquillizzanti – che parteggiano per Macron, buttata ogni maschera e pretesa di neutralità, con una rabbia frenetica che sfocia nella demenza, scrivono articoli con la bava alla bocca.. Impressionante come un giornale “perbenista” come Le Monde vomiti veleno contro Marine, insulti, diffamazioni, voglia di ingiuriare ed offendere senza nessun freno contro i “lapsi”, gli apostati traditori Dupont-Aignan e Mélenchon . Anche Philippe Gasset annota con repulsione “lo straordinario cedimento intellettuale, morale, direi metafisico” di questa stampa che si sta trasformando “in uno strumento di perversione,diffamazione e di Terrore e infine persecuzione, evolvendo in una narrativa che si caratterizza con la demenza”.
I media rabbiosi chiamano alla guerra civile
L’ecologista che attribuisce a Mélenchon il disegno di far vincere il Front National è un esempio di questa demenza. Ma lieve, rispetto a ben altre manifestazioni.
Per esempio: è saltato fuori da Wikileaks un documento fotocopiato che rivelerebbe che Macron ha nascosto alle Bahamaas un conto offshore con 3 milioni; non solo Le Monde si affanna a dimostrare che è un falso; ma che è una “fake news uscita dalla rete internet di Trump e Putin”: così, letteralmente, come se la Casa Bianca la gestisse insieme al Cremlino.
Macron ha subito promesso querele a chi riprende la storia del conto segreto (che tuttavia può contribuire a spiegare come mai di tutti i candidati lui, banchiere, abbia dichiarato il patrimonio più piccolo, 35.514 euro, contro il 627.142 della Le Pen; immediatamente la procura di Parigi ha aperto un’inchiesta “per notizie false onde stornare i voti” (sic), dichiarando in anticipo la notizia falsa, e cercando di colpire Marine, che nel dibattito a due aveva ventilato di questo conto offshore.
Non basta: sessanta ambasciatori francesi hanno pubblicato sul Figaro una dichiarazione congiunta di lealtà e sottomissione a Micron, “il solo candidato capace di esercitare un mandato presidenziale che sia chiaramente per l’Europa e aperto alla mondializzazione regolata”: letteralmente così. Un chiaro segnale che se vince Marine, gli apparati istituzionali non ne riconosceranno la legittimità, e le muoveranno contro – anche gli ambasciatori parte della rivolta e contro – rivoluzione che ha in piazza i suoi attori più violenti.
I 60 ambasciatori sono stati imitati dai presidenti di 73 università, che hanno diffuso un appello ai loro studenti: votate Macron, “il programma di Marine Le Pen è contrario ai nostri valori!”.
C’è da stupire, dunque, se l’ex presidente Barak H. Obama ha diffuso un video in cui sostiene solennemente Macron contro la Le Pen? Tanto per non lasciare dubbi che i poteri forti e peggiori stanno da quella parte.
Macron è diventato ogni ora più arrogante. Ha accettato di fare il dibattito a due di secondo turno con Marine, mentre per esempio Chirac non lo concesse a Le Pen padre? “Sì, ho accettato, anche a prezzo di sporcarmi un po’ le mani”, ha detto lui con degnazione. Macron si lava le mani dopo che tocca quelle di un operaio? Gli elettori di Marine sono lavoratori, hanno le mani sporche Subito Le Monde è corso a scrivere che quella frase del suo protetto è un’altra “fake news” [probabilmente messa in giro da Putin].
Forse consigliato dai suoi istruttori d’immagine di essere “più aggressivo”, Macron nel dibattito a due ha buttato lì che i seguaci di Marine (gli operai con le mani sporche) “sono loro i nostri veri nemici. Passi accanto a loro nelle strade, li incontri in campagna o sul web, quasi sempre ben nascosti. Odiosi quanto vigliacchi. Li conosci . Il partito degli agenti del disastro, di quelli che spargono la paura. La Francia di estrema destra. E’ qui”.
Un tono che a qualche osservatore americano ha ricordato le frasi di Hillary, quando definì gli elettori di Trump: “Una manica di deplorevoli”.
Ma è peggio. Quando un candidato chiama i votanti per l’avversario, il 40 per cento dei francesi, “i veri nemici della Francia, l’anti-Francia”, sta chiamando la guerra civile. Se entrerà all’Eliseo, agirà contro di loro?
Il tutto poi in un paese dove la manifestazione del Primo Maggio è stata trasformata in una battaglia di extraparlamentari contro la polizia – una battaglia che è in corso da mesi nelle banlieues e ormai anche nei quartieri di Parigi. Dove “manifestanti” assaltano gli agenti con le Molotov e la voglio sempre più manifesta di uccidere: “E’ una sinistra radicale per la quale i tornei verbali e i piccoli calcoli parlamentari sono ormai superati; vogliono affrontare lo Stato duramente, fisicamente, concretamente”, ha scritto Pierre Rigoulot, lo storico direttore dell‘Institut d’Histoire Sociale, dedito alla storia del sindacalismo e dei socialismi.
Magari a Macron e ai media basterà eccitare questa”sinistra”.Il problema sarà poi farla tornare nella bottiglia.
La chiusura di Marine Le Pen nel duello in diretta TV è stata fulminante. “Comunque vada – ha detto guardando Macron – la Francia sarà guidata da una donna: o da me o dalla Merkel“.