Dall’assalto da parte di qAnon a Capitol Hill nel gennaio 2021 al No-Vax, i social media e gli algoritmi di raccomandazione si trovano al centro della diffusione di disinformazione e complottismo nell’era digitale.
Fra disinformazione e algoritmi di ricerca: il complottismo nell’era digitale – Mentre il processo a Donald Trump negli Stati Uniti continua, e il complesso rapporto fra l’ex presidente americano e il gruppo complottista qAnon viene sottoposto a ulteriore scrutinio, il movimento continua ad affascinare con le sue stravaganti teorie di élite prone al cannibalismo di bambini così da rimanere per sempre giovani e le sue rocambolesche vicende, fra cui la morte di uno dei suoi principali esponenti e l’arrivo di una bambina di tredici anni come nuovo volto del movimento.
I complottisti, anche sul suolo italiano, non sono nulla di nuovo, coi no-vax fra i più rumorosi, specialmente in seguito alla pandemia da Covid-19 e alle misure cautelari poste dall’allora Governo Conte. Eppure, la viralità (si perdoni il gioco di parole) del fenomeno ai giorni nostri risulta straordinaria: dove prima si trattava di pochi individui raccolti in gruppi di sedicenti scettici, la possibilità di incontro in rete ha accresciuto enormemente la portata di ideologie dichiaratamente opposte a concetti ritenuti cardini per la società, ad esempio la comunità scientifica e il sistema educativo nazionale.
A contribuire a ciò entrano in gioco gli algoritmi di raccomandazione del contenuto sui social media, con lo scopo di indirizzare l’utente verso contenuto a cui è già favorevolmente predisposto così da aumentare la sua interazione, distanziandolo invece da informazioni potenzialmente sgradite.
QAnon, il più famoso movimento di complottismo nell’era digitale
QAnon nasce sulla piattaforma di discussione anonima 4Chan durante il periodo di presidenza di Donald Trump, dove un utente (o gruppo di utenti) noti solo come Q comincia a pubblicare post dove viene affermato che l’alta società statunitense, facenti parte anche i magnati hollywoodiani, sia intenta fra le altre cose a rapire bambini perché in grado di rilasciare una sostanza dalle proprietà psicotrope e guaritrici nota come “adrenocromo”, senza alcun fondamento scientifico.
Secondo Q, l’allora presidente Trump sarebbe una figura dunque osteggiata dall’opinione pubblica perché pronto a smascherare la corruzione del sistema.
Problemi cominciano a insorgere quando Trump, in vista delle nuove elezioni, comincia a “strizzare l’occhio” verso il movimento complottista, giungendo alle accuse di broglio delle elezioni per il nuovo governo, e alla rivolta di Capitol Hill il 6 gennaio 2023, a cui prendono parte numerosi membri di QAnon, e che si conclude con 138 feriti, cinque morti e circa un migliaio di arresti.
Rabbit-Holes e algoritmi: come influisce la selezione del contenuto sul nostro sistema di convinzioni
Il nascere di un complottismo meno “innocuo” permette di porre la domanda su cosa esattamente faciliti l’insorgere di credo a volte così estremi nelle proprie convinzioni da alienare la maggior parte della popolazione.
Una risposta è in come gli algoritmi di raccomandazione del contenuto favoriscano l’entrata degli utenti nei cosiddetti Rabbit Holes, ossia in sistemi di informazione dove reperire una contro-narrativa diventa sempre più difficile, e nella conseguente radicalizzazione delle ideologie di chi si trova invischiato in questi sistemi.
Complottismo, una resa all’ingiustizia?
Avevamo discusso in un precedente articolo dei rischi in un utilizzo poco educato ai social media, e a come il consumo di essi abbia su di noi un’influenza maggiore di quanto ci si aspetti. In questo, movimenti come QAnon e il No-Vax hanno trovato terreno fertile in ampie fasce di pubblico anche a causa dei forti sentimenti di antagonismo nei confronti di governi sempre meno vicini ai bisogni del popolo.
Eppure, differentemente dalla giusta contestazione di un ingiusto sistema, dove l’informazione e la resistenza diventano un diritto e una responsabilità del cittadino, nelle ideologie complottiste sembra sempre esserci una congiura troppo grande e troppo complessa per essere debellata dalla comunità.
Ci si rinchiude allora nella convinzione di essere illuminati in mezzo a “branchi” di persone incapaci di capire la supposta “verità” o peggio, come nel caso di qAnon, di affidarsi a individui resi salvatori, trasformandosi in mentalità di culto, facilmente sfruttabili da chi viene messo nella posizione di poterlo fare.
Fra disinformazione, Fake News e complottismo nell’era digitale, il bisogno crescente di un’educazione all’informazione
Nel maremagnum dell’informazione contemporanea e dei suoi numerosissimi canali di diffusione, il controllo è sempre più complicato. Il fact checking diventa una risorsa fondamentale e allo stesso tempo incapace di contenere la quantità costantemente in crescita di articoli, video, fotografie provenienti da ogni parte del mondo e facilmente ritoccabili o falsificabili.
L’informazione sbagliata rivolta al lettore inesperto può causare danni enormi, specie se, come prima argomentato, essa può condurre ad altre pronte ad avvalorarla, e a chi è capace e disposto a sfruttarlo.
Roberto Pedotti