Domenica scorsa un articolo del Sunday Times ha clamorosamente colpito l’immagine di uno dei maggiori pensatori della cultura europea. Come uno spettro, l’ipotesi raggelante di un Michel Foucault pedofilo, di un illustre filosofo molestatore di bambini, s’insegue da allora sulle principali pagine culturali. Quali conclusioni trarre dalle accuse mosse al celebre intellettuale?
“Foucault pedofilo“: ecco due parole che non avrei mai voluto leggere – né avrei pensato di trovare – accostate in una stessa frase. Invece, in un articolo uscito domenica scorsa sul Sunday Times Guy Sorman, un collega del filosofo francese, sganciava la bomba. Foucault, a detta dello studioso, durante i suoi soggiorni in Tunisia avrebbe ripetutamente abusato di ragazzini locali. Possibile che un uomo che ha dedicato tutta la propria vita all’indagine filosofica e all’insegnamento fosse, in privato, capace di qualcosa di così vile? Questa idea, per me incredibile e agghiacciante, getta un’ombra sul lavoro e sulla personalità del filosofo difficile da dissipare. E, poiché ignorarla è impossibile e non sarebbe onesto, forse non resta che confrontarsi con essa, problematizzandola proprio secondo la lezione della filosofia.
Le accuse di Guy Sorman
Anzitutto: chi è Guy Sorman e quali sono precisamente le accuse mosse a Michel Foucault nell’intervista rilasciata al giornalista Matthew Campbell? Sostenitore convinto del capitalismo moderno, Sorman è un personaggio non meno divisivo del bersaglio delle sue accuse. La ragione risiede principalmente nelle tesi controverse a proposito di ambientalismo ed energie rinnovabili espresse nel suo libro Progress and its Enemies. Profondamente critico nei confronti dei movimenti e delle scuole di pensiero che di Foucault hanno fatto un idolo, il filosofo franco-americano nell’intervista rivela:
i bambini rincorrevano Foucault dicendo: “Che ne dici di me? Prendi me, prendi me!”. Avevano otto, nove, dieci anni. Lui gettava loro un po’ di soldi e rispondeva:”Vediamoci alle 10 al solito posto”. Ossia il cimitero locale. Faceva l’amore là, sulle lapidi, con quei ragazzini. La questione del consenso non fu mai nemmeno sfiorata. […] Non avrebbe mai osato fare una cosa simile in Francia. E infatti c’è una dimensione coloniale in questo. Un imperialismo bianco.
Questo racconto dell’orrore su Foucault pedofilo, infatti, è ambientato nel villaggio di Sidi Bou Said, vicino a Tunisi, dove il filosofo viveva nel 1969. Invitato con un gruppo di amici per le vacanze pasquali, Sorman dichiara che già all’epoca era rimasto profondamente turbato. Tuttavia, anche se il non aver denunciato il comportamento del collega rimane un fardello inamovibile dalla sua coscienza, il filosofo-economista dubita che sarebbe servito. Infatti,
C’erano anche giornalisti tra noi durante quel viaggio. C’erano molti testimoni. Nessuno, però, si azzardò a fare storie. Foucault era il re dei filosofi. In Francia, è come se fosse un dio.
Come affrontare l’ipotesi di un Foucault pedofilo?
Leggendo le accuse di Sorman, in chi è cresciuto nel mito di Foucault scattano, di pancia, due opposte reazioni. In alcuni, infatti, sorge spontaneo il desiderio di fare un falò coi libri dell’autore e tutto il materiale bibliografico che anche solo liminalmente lo riguarda. Altri invece, coltello argomentativo tra i denti, s’impegnano a screditare l’accusatore. Sottolineando, in particolar modo, quanto sia facile sollevare un polverone mediatico infamante su uomo morto da quasi quarant’anni. Entrambe le reazioni tuttavia, se lucidamente considerate, risultano scorrette. Le accuse di Sorman, così come l’eredità etica e intellettuale di Foucault, infatti, possono essere valutate solo analizzando con attenzione alcuni elementi per poter comprendere. Tenendo presente che, come ha rilevato lo scrittore spagnolo Javier Cercas,
il nostro primo dovere è capire. Capire, naturalmente, non significa assolvere né giustificare: è proprio il contrario. […] Il compito della riflessione è mostrarci la complessità dell’esistenza, per renderci più complessi. Ed è analizzare come funziona il male, per aiutarci a evitarlo, e il bene, forse per aiutarci a impararlo.
Questi elementi non sono che la vicenda biografica nel suo complesso e il pensiero dello studioso.
Storia della sessualità e La legge del pudore: all’origine delle accuse di pedofilia
In realtà, l’ipotesi di un Foucault pedofilo non è propriamente una novità. Nel 1977, insieme con altri illustri intellettuali francesi – quali Jacques Derrida, Louis Althusser e la pediatra Françoise Dolto – Foucault firmò una petizione spinosissima. Quella, cioè, che di fronte al Parlamento si schierava a favore della depenalizzazione di qualsiasi rapporto consenziente tra adulti e minori di quindici anni. Già all’epoca i detrattori di questi intellettuali ne interpretarono la scelta come una schiacciante ammissione di colpevolezza. Apertamente gay, interessato al tema della sessualità nelle sue ricerche e noto per una vita sessuale anticonformista, Foucault sembrava davvero l’incarnazione perfetta del vizio. A peggiorare le cose, inoltre, era intervenuto un dibattito radio del 1978. In esso, interloquendo con lo scrittore Jean Danet, il filosofo e l’attivista omosessuale Guy Hocquenghem spiegavano le ragioni della petizione. Tale dibattito, trascritto dal moderatore – il giornalista Pierre Hahn – sarebbe stato pubblicato con il titolo La Legge del pudore.
Come affermato in Storia della sessualità I, ciò contro cui Foucault si schierava era l’introduzione di un controllo sociale sulla sessualità e la sua psichiatrizzazione. Esito di tale processo sarebbe stato, secondo il filosofo, l’avvento di una “società dei pericoli” completamente ossessionata dal sesso:
una società con, da un lato, gli individui in pericolo e, dall’altro, gli individui pericolosi. […] La sessualità diventerà una minaccia in qualsiasi relazione sociale. In qualsiasi relazione tra individui di età differente. In tutte le relazioni tra individui, insomma. Essa, inoltre, diventerà una sorta di pericolo vagante: uno spettro onnipresente. Una finzione fra uomini e donne, bambini e adulti, forse anche tra gli adulti stessi.
Un pronostico che, se si guarda all’iper-sessualizzazione della società contemporanea, non sembra poi del tutto infondato.
È innegabile che Foucault, durante il dibattito con Danet e Hocquenghem, sostenga cose che possono farci rivoltare lo stomaco.
Esprimendo la propria perplessità sulla possibilità che il rapporto sessuale con un adulto sia sempre necessariamente traumatico per il bambino, Foucault dice:
Può essere che il bambino, con la sua sessualità, abbia desiderato l’adulto. Magari ha acconsentito o può avere fatto il primo passo. Può aver sedotto l’adulto. Gli psichiatri, però, ritengono che sempre e prima di tutto il bambino debba essere protetto dai suoi stessi desideri.
Ciò significa che il filosofo legittima una violenza sessuale? Assolutamente no. Ciò che Foucault sta sostenendo è che talvolta sono la legge e la psichiatria a configurare come trauma un’esperienza in sé non traumatica. Il filosofo, in altre parole, riconosce nel bambino una soggettività non passiva, da proteggere, ma attiva, da lasciar esplorare e titolata a esprimersi liberamente. Il problema, enorme, del suo ragionamento è che esso non tiene conto che la soggettività del bambino non è una soggettività matura. Il bambino si fida: l’adulto, se lo desidera, può perciò riuscire a manipolarlo pur senza fargli violenza.
Foucault pedofilo: la filosofia al vaglio della vita
Ora, la scelta teorica di non considerare la manipolazione psicologica come forma possibile di violenza andrebbe letta come una sorta di autodifesa in malafede? Alla luce delle ricerche del filosofo sui rapporti tra potere e dominio nonché del suo impegno civile, sembra improbabile. Si può, è vero, fondare gruppi di informazione e riflettere sulla libertà della donna, del malato mentale, del carcerato e intanto avere un’interiorità suppurante. Per questo motivo non è possibile dissipare del tutto le ombre che si allungano, soprattutto dopo le accuse di Sorman, sulla figura e sul lavoro di Foucault. Che fare, allora? Come salvarlo?
Forse, il miglior servizio che si può rendere, oggi, a intellettuali del calibro di Michel Foucault, non è affatto salvarli. Essi vanno discussi, problematizzati, riletti. A partire dalle loro vite – spesso eversive o fuori controllo, come nel caso di Deleuze o Althusser – non meno che dalle loro opere. Alle quali, al di là dei sensazionalismi, dobbiamo – qualora siano state decisive per la nostra formazione – almeno il beneficio del dubbio. Non dobbiamo salvare Foucault, né condannarlo. Sia che sia vero ciò che sostiene Sorman, sia che sia una calunnia, il caso rientra nei suoi studi sulla sessualità e il controllo sociale. Dovremmo, però, liberarlo dal peso dell’ideologia: rifarne un pensatore – dunque né un santo né un mostro. Semplicemente, un uomo.
Valeria Meazza