Un Festival artistico a tutto tondo trasversale e autoprodotto dall’associazione Officine Fotografiche.
Il monito di questa rassegna, caratterizzata dalla commistione di vari linguaggi fotografici, è: “La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso”; una nota frase di Calvino che ha ispirato l’organizzatore, Emilio D’Itri. Proprio questa è la sensazione che pervade lo spettatore in questo iter artistico. La cura dell’immagine, l’attenzione al particolare, l’equilibrio sinestetico tra colori, forme, sonorità; come immergersi in un materiale fluido che avvolge in un unicum, dove fotografia, pittura e musica assurgono a pilastro di un universo culturale. L’eterogeneità e la varietà di impulsi e input invitano i fruitori a un’esperienza sensoriale, come un cammino verso un sentire comune e una sensibilizzazione ad alcune tematiche umane.
A partire dalla sala intitolata “Perestrojka”, dove le opere di Paolo Ciriegia esortano a una riflessione sui temi della guerra, violenza e l’alienazione conseguente. Il taglio fotogiornalistico delle immagini del conflitto ucraino, misto a corrosioni e tagli delle stesse, fornisce un approccio visivo, pregno di memoria storica, che rimanda ad echi costruttivisti.
Fantasia e ricordi pervadono invece l’esposizione di Francesca Belgiojoso, che fa dei collage strutture complesse, quasi omogenee coloristicamente, che hanno la fattezza e la patina dell’onirico; anche la disposizione frammentaria suggerisce l’idea di un iter cerebrale teso a sintetizzare i ricordi. In “Open Wall” di Alessandra Pedonesi la tecnica pittorica e suggestiva caratterizza le sue foto. Come se l’immagine fosse intrappolata in una sorta di dimensione a metà tra realtà e sogno. Una costante ricerca tra l’infinito e il contingente, tra astratto e tangibile. Ina Schoenenburg si focalizza sull’aspetto del quotidiano del familiare, delle relazioni dei silenzi dei disagi all’interno del nucleo domestico.
Notevole l’opera di Gaia Squarci che esplora il mondo del visibile e dell’invisibile, facendosi portatrice dell’esperienza dei non vedenti ai quali ha chiesto la loro relazione con il reale e l’immaginario.
Di particolare rilievo la sezione Of-Analogica, a cura di Samantha Marenzi. Matteo Domenico Recine, talentuoso fotografo, ispirandosi alla poetica di Moholy Nagy, e Rauschemberg, esegue degli scatti in bianco e nero dove regna la dialettica linea/forma; l’impianto prospettico solido e la composizione è dominata da un apparente rigore matematico che tende verso il metafisico e il surreali.
Altri autori di questa sezione dedita alla stampa in bianco e nero e al concetto di fabbricazione del prodotto artistico sono: Francesca Pietrisanti (stampe ai sali d’argento su carta baritata) e Cinzia Baglivi (cianotipie virate al tè su carta cotone). Giordana Citti opera degli scatti alle statue del Montenartini, con stampe carta baritata ai sali d’argento.
Parte centrale della rassegna è dedicata a David Alan Harvey, fotografo di fama internazionale, espressione di un fotogiornalismo che sensibilizza su tematiche umane quali il disagio quotidiano in alcuni quartieri, come ad esempio Norfolk in Virginia. In mostra un saggio delle sue opere che rappresentano attimi della vita della famiglia Liggins, in un piccolo appartamento in un caseggiato di 5 piani. Scatti meravigliosi di interni, espressioni, geometrie del quotidiano. Una poetica della solitudine, del silenzio. Verità e bellezza: Tell it like it is.
Una sezione innovativa è quella dedicata agli International Photobook Dummy Award, tra i curatori Chiara Capodici, focalizzando l’interesse sulla pagina stampata. Cinquanta libri scelti da una giuria verranno esibiti in una serie di eventi fotografici, tra i quali verranno individuati i tre finalisti che parteciperanno all’ottava edizione del Fotobookfestival a Kassel. Il vincitore verrà ricompensato con la stampa del suo libro fotografico. Questi esemplari dummy sono situati nel circolo degli Illuminati con un sottofondo di una musica delicatamente suggestiva.
Danesland invece è un viaggio attraverso le immagini ella vita danese di piccole comunità che si riuniscono in rituali e mantengono in vita folklore e tradizioni.
Innumerevoli sono le altre esposizioni artistiche di questo festival che ha fatto di via libetta un enorme palcoscenico di arte, musica, vita.