Fotogiornalismo: l’arte di raccontare attraverso le immagini

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La fotografia ha cambiato il volto del giornalismo contemporaneo, sfruttandone tutte le varie potenzialità e trasformando la narrazione convenzionale di notizie in veri e propri reportage sociologi e antropologi.

Una fotografia nel giornalismo non vuole solo informare ma immergere totalmente chi osserva nel particolare contesto in cui è stata scattata.

Il più grande fotogiornalista

Quando si parla di fotogiornalismo, non può che venire in mente Robert Capa. Forse il più grande fotografo di guerra di tutti i tempi, ha immortalato attimi della guerra civile spagnola, la seconda guerra sino-giapponese, la seconda guerra mondiale, la guerra arabo-israeliana e la prima guerra d’Indocina. La sua filosofia di vita e artistica è racchiusa nella tecnica da lui coniata: il “leggermente fuori fuoco”, che presuppone una certa vicinanza al soggetto fotografato. Questo, nel caso della fotografia di guerra, fa della vicinanza un elemento di pericolo per il fotografo.

La vita spericolata di Robert Capa, infatti, ne causò la morte, quando il 25 maggio del 1954 quando calpesta una mina in una risaia del Vietnam. Le fotografie di Robert Capa sono intense ed emozionanti, immagini che racchiudono istanti appesi ad un filo, come trattenendo il fiato.  Ed è attraverso queste immagini che la guerra diventa “viva”, concreta, esperienza diretta. In questo risiede la potenzialità del fotogiornalismo di dare voce alle parole scritte nel giornalismo convenzionale.




Il fotogiornalismo oggi

Oggi il fotogiornalismo ha orizzonti ancora più ampi, delineandosi talvolta come racconto antropologico. Nicolò Filippo Rosso è un fotografo documentarista italiano che ha recentemente vinto il premio Romano Cagnoni (in onore del celebre fotografo in prima linea per documentare i maggiori conflitti internazionali). Tale premio è volto alla promozione “di fotografi di tutto il mondo nella loro indagine sui temi legati alla condizione umana”. Nicolò Filippo Rosso si è aggiudicato il premio per aver dedicato ben quattro anni al racconto fotografico e antropologico del fenomeno delle migrazioni in America Latina. Egli lavora infatti tra Colombia, America Centrale, Messico e Stati Uniti, dando voce alle esperienze e le difficoltà delle comunità indagine nella migrazione. Ha così dato vita al progetto Exodus

At first spending weeks, and then months at a time, in some of the border areas, I traveled on migration routes alongside migrants who call themselves “the walkers.” They were taking a long journey from the eastern Colombian border, through the Andes, up to the capital city, Bogotá. Among them, I have followed the most vulnerable migrants: children and teenagers, pregnant or nursing mothers. Through them, I feel I have witnessed Venezuela’s collapse.

Il connubio fotografia-giornalismo ha reso la narrazione di avvenimenti più evocativa e concreta. Senza la fotografia, il giornalismo non avrebbe la stessa potenza. E al contempo, la fotografia trova nel giornalismo un soggetto evocativo.

Chiara Cogliati

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